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Ripetute 9x1000 3' 35" rec. 1' 30"

Il runner è come un bambino. Basta lasciargli fare quello che gli piace. E basta poco per farlo felice. Non c'è bisogno di una gara, di vincere, di esultare a braccia alzate per essere arrivato uno. E' molto più semplice.

Basta un po' di sole in una giornata spenta, basta incontrare un amico inaspettato con cui correre, basta non sentire più quel maledetto dolore alla gamba che non dà pace da mesi. Oppure basta un allenamento andato inaspettatamente bene. Proprio quella sera in cui la voglia non c'è. Proprio in quell'allenamento che sembrava potesse essere il peggiore. E le prospettive cambiano, come quando si esce da una curva cieca e si scopre un mondo nuovo, diverso. Il runner vive di emozioni. Che cambiano velocemente come cambiano i secondi sulla lancetta dell'orologio. Anche se lui poi usa sempre e solo il gps.

E proprio come nelle favole ti esce l'allenamento inaspettato. Certo le condizioni hanno la loro importanza. Dieci gradi in meno rispetto a sette giorni fa e un temporale in arrivo sono stati un bel regalo. Ma anche le gambe che si sono riprese dopo due giorni di scarico e una mezz'oretta di massaggi. Ma sono cose che non si conoscono fino all'ultimo. Come la reazione della testa, occupata in altri pensieri fino a quando non si indossano le scarpe. Lì si è aperto un altro mondo. Un'altra dimensione.

Al centro del Ginestrino mi è sembrata subito una serata caotica. Il giovedì sera l'anello è terra di ciclisti che sfrecciano in gruppetti in senso contrario a pedoni e podisti. Tanti ragazzini, tanti amici a passeggio, tanti runner. Che vuol dire continuamente superare e cambiare traiettoria. Sapendo la fatica fatta nei giorni scorsi, sono partito con tranquillità. Primo giro di riscaldamento con Chiara e secondo in solitaria, aumentando leggermente il passo. E poco prima che suonasse il secondo chilometro, all'altezza degli ottocento metri dell'anello, ho iniziato il vero allenamento. Come al solito l'incognita è scoprire la velocità autonoma delle gambe. E con immenso stupore, spingendo, ma non troppo, il primo chilometro è passato con un ottimo 3' 29". Aria fresca, nuvole a corpire la luce del sole. Non ho neanche messo gli occhiali. Nove serie da mille sono tante, ma quando anche il secondo chilometro se ne è andato quasi in scioltezza (3' 31") tutto mi è sembrato più facile.

Le Nike Zoom Elie 8 ai piedi mi hanno fatto sentire leggero. Indossarle quando le gambe sono più fresche ha tutto un altro sapore. E sentire le gambe reagire bene, recuperare tra una ripetuta e l'altra, mantenere la spinta per quasi tutti i mille metri dà fiducia. E per la testa è tutto più facile. Passati i primi due chilometri, riuscire ad arrivare a metà allenamento senza problemi è stato un attimo. Ho anche provato a mollare un po' la spinta per non esagerare e ritrovarmi poi senza forze verso la fine, ma anche le due serie successive (3' 32" e 3' 27") sono andate contro ogni aspettativa. Nel frattempo un tuono ha dato il via al temporale. Odore di pioggia sull'asfalto e ticchettio istantaneo di grosse gocce su foglie e terra. L'anello si è come svuotato. Bambini e mamme scappati verso le auto, ciclisti in volata verso casa. E la strada tutta per me.

La seconda parte è praticamente stata tutta in discesa. Passare la quinta serie è equivalso a lasciarsi alle spalle il giro di boa e ad ogni mille successivo guadagnare strada verso l'arrivo. 3' 30", 3' 35", 3' 34". Rallentare più o meno consapevolmente è stato necessario per concludere l'allenamento senza arrivare sulle ginocchia. Ma sentirsi ancora bene in partenza con le gambe che si alzano leggere, sentirle graffiare l'asfalto, controllare movimento e ginocchia e braccia e postura con solo duemila metri davanti sono sensazioni che non sempre capitano. Fatica ne ho fatta. La canotta inzuppata di sudore, il fiato corto e il cuore che batte all'impazzata prima dell'ultimo recupero me li ricordo bene. Ma altrettanto mi ricordo le sensazioni di certi allenamenti ad agosto in cui sarei voluto stramazzare al suolo all'istante. E forse il risultato insperato è proprio frutto di quelle volte in cui non ho detto basta anche se sembrava impossibile arrivare alla fine.

3' 33" due volte per gli ultimi due chilometri. Le ultime centinaia di metri che sembrano non finire, ma anche la certezza che sono gli ultimi sforzi. Arrivare lucidi e poter gestire il passo è un buon risultato dopo 14 Km in 56' 49". E quando mi sono fermato dopo qualche minuto di defaticamento mi sono accorto che il temporale non è nemmeno arrivato. Sotto gli alberi l'asfalto ancora asciutto. L'aria è fresca, pulita. I muscoli si irrigidiscono per lo sforzo. Mancano ancora due mesi e mezzo per la Maratona di Valencia. Lontana. Ma con una settimana in meno. Un allenamento in più.