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Allenarsi come Eliud Kipchoge (si può)

Stamattina ho letto l’articolo di Giorgio Rondelli sulla vittoria e record del mondo di maratona di Eliud Kipchoge. Un’analisi sintetica e un confronto sul lavoro svolto e sui risultati ottenuti dall’uomo più veloce del mondo sui quarantadue chilometri. Una metodologia che rispecchia pienamente il mio pensiero, le mie abitudini e quello che mi ha insegnato in tutti questi anni il prof. Massini. Non punterò sicuramente al record del mondo, ma sono sicuro che è la giusta strada per fare bene. 

Non sono mai stato un amante delle preparazioni con troppi chilometri. Anche perché il mio corpo è in grado di sopportare i carichi solo fino ad un certo punto. Sono partito da poco e sono arrivato anche a provarne cento a settimana, salvo poi pentirmi per i continui infortuni e problemi muscolari. Ad oggi (o almeno fino allo scorso anno quando ho preparato l’ultima maratona) so che il carico oltre il quale non andare è di una settantina di chilometri a settimana (poi ci possono essere settimane più o meno cariche in corrispondenza dei lunghi, ma non devono essere la regola). 

Un’altra cosa importante è che anche i chilometraggi dei lunghi e lunghissimi non devono necessariamente essere esagerati. Una filosofia sposata da Mario Ruggiu, che io ho plasmato su di me adeguandola alle mie esigenze (mentalmente, preferisco aggiungere anche un lunghissimo di trentotto chilometri per avere la gamba pronta). 

Ma la cosa che più di tutte mi ha stupito nell’articolo di Giorgio Rondelli è stata la seguente:

Per preparare il nuovo primato del mondo della maratona infatti il fuoriclasse keniano si è allenato come per affrontare una gara di 10.000 metri in pista. Un buon lavoro organico di sostegno, senza andare a ricercare quantità industriali in fatto di chilometri. Poi anche 15 ripetizioni di 1000 metri sotto i 2 minuti e 50 secondi, cioè più veloci il ritmo di gara con 90 secondi attivi di recupero. Ma anche serie di 20/25 ripetizioni di 400 metri a ritmo di 64/65 secondi, con 60 secondi di recupero.

Ripetute di 1000 metri poco più veloci del ritmo gara, con recupero attivo. Non parla di velocità di recupero, ma mi vengono in mente due tipologie di allenamento che spesso utilizzo per la preparazione della maratona. Ripetute veloci con recupero lento e ripetute (un po’ meno) veloci con recupero attivo vicino alla velocità maratona. Esercizi che servono a far migliorare la resistenza alla velocità (ne avevo parlato qui). E poi serie di 20/25 ripetizioni di 400 metri a ritmo di 64/65 secondi, con 60 secondi di recupero. La stessa tipologia di lavoro (ma con serie decisamente più corte e un po’ più lente) che mi è capitato di fare in pista. 

Sono rimasto decisamente sorpreso nel leggere questi numeri. Anche perché oggi la tendenza per molti è quella di correre tanto. Troppo. Invece quello che si dovrebbe ricercare è il correre bene. Puntare a lavori precisi, mirati, per migliorare ma senza esagerare. E’ importante avere la gamba per correre quarantadue chilometri, ma non è sufficiente. Serve la qualità, la velocità. Di Kipchoge ce n’è uno solo, ma da lui possiamo (e dobbiamo) imparare tanto. Tutto. 

Oggi ho corso solo i miei dieci chilometri di scarico dopo un week-end senza corsa ma intenso. Questa sera replicherò insieme ai ragazzini dell’Atletica Gessate che seguirò nei prossimi mesi. Ma quello che ho letto questa mattina mi ha dato lo stimolo per pensare in grande. Per provarci ancora. Per progettare quella che sarà la prossima maratona. Probabilmente tra un anno. Ma ho tanto lavoro da fare, tanto da recuperare, tanto da ricostruire. E per un nuovo record è necessario incastrare un tassello alla volta, senza fretta. Avrò nella mente l’immagine di un solitario Kipchoge tra le strade di Berlino mentre correrò in solitaria lungo il Naviglio della Martesana. Ma con l’obiettivo di arrivare nuovamente a tagliare quel traguardo a braccia alzate, scuotendo la testa, incredulo. E’ già successo una volta. Succederà ancora.