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Tre Campanili (Vestone)

E' stata bella. Sicuramente migliore di quella di due anni fa. Il percorso fangoso aveva reso una corsa già dura veramente impegnativa. Ieri fortunatamente è stato tutto diverso. Sole e cielo terso, strade asciutte, sentieri ripidi ma non scivolosi, aria fresca. Climaticamente non sarebbe potuta essere di meglio per una corsa nel mese di luglio. Sinceramente non sapevo cosa aspettarmi come risultato. Le ultime settimane sono state dure per motivi extra-sportivi, gli allenamenti sono stati praticamente solo ed esclusivamente di mantenimento.

Non avevo termini di paragone in salita negli ultimi tempi. E poi il problema della testa. Correre senza essere concentrati, in montagna, con la paura i farsi male per un non-nulla. Mi ero posto solo l'obiettivo di non superare le due ore, ma senza alcun dato, andando semplicemente a sensazione. Iacopo è passato a prendermi ancora prima delle 7. La prima volta di noi due soli. Tra chiacchere e discorsi siamo arrivati a destinazione poco più di un'ora prima della partenza, con tutta la calma per sbrigare i preparativi: ritiro pettorale, vestizione, consegna borse, riscaldamento, necessità fisiologiche. Prima della partenza incontriamo facce note, Cristiano e Riccardo, che ormai trovo sempre più spesso e poi amici di Sesto di Zio e Marco. Due parole e un in-bocca-al-lupo. Il via ci coglie quasi di sorpresa ancora intenti nei nostri discorsi. Saluto Iacopo e vado. Sfiliamo per un chilometro nel piccolo centro di Vestone e seppur non abbia intenzione di tirare dall'inizio conoscendo già il percorso, mi sposto lateralmente recuperando subito un buon numero di posizioni. La prima parte di gara fino al 6/7 Km è tutta su asfalto, una salitella di tornanti e curve fino al pese successivo della Valsabbia. Cerco solo di mantenere il mio passo, tranquillo e al terzo chilometro mantengo una media precisa di 4' 20". Passo Riccardo quasi senza riconoscerlo, immerso nei miei pensieri e poco più avanti vedo invece la maglia di Cristiano. Passo il sesto chilometro in 26' 40" e qui finisce anche il mio controllo cronometrico, fatto più per curiosità che per reali necessità di corsa. La salita sulla mulattiera è subito faticosissima. Si smette di correre e per cinque chilometri abbondanti rimango piegato sulle gambe dandomi un buon ritmo di camminata. Passo anche Cristiano che rimane solo qualche decina di metri dietro di me. Il sentiero nel bosco fortunatamente è completamente immerso nell'ombra. Penso per un attimo ai primi e mi chiedo se veramente riescano a fare tutta quella strada senza mai smettere di correre, mi sembra quasi impossibile. La cosa strana è vedere come le condizioni cambiano la situazione. In tanti mi superano o mi si accodano, ma tanti subiscono moltissimo la salita perdendo completamente il passo. Di mio, anche se la testa proprio non mi aiuta, cerco di rimanere con un'andatura che mi permetta di non spendere tutto subito. Il passaggio nei primi paesini da un po' di respiro, ma poi si ricomincia a salire senza tregua. Guardo solo la punta dei piedi e dove appoggiarli. Al secondo ristoro mi verso quasi tutta l'acqua in testa dove fortunatamente il cappellino la trattiene mantenendo una temperatura accettabile. Riconosco praticamente tutti i passaggi e la sensazione che ho è quella di andare e stare bene. Due anni fa (era stata la mia prima vera corsa in montagna)  mi era sembrata una gara impossibie, mentre la percezione di ieri è stata completamente differente. Mi è sembrato di avere controllo sulla corsa, di sentire di star bene, di sapere quando era il momento di spingere e quando invece quello di recuperare. Il passaggio tra Pertica Alta e Pertica Bassa era quello dove godere del panorama, ma non ero emotivamente in grado di coglierlo. Un peccato, ma è la testa che comanda e dopo l'ultimo strappo per arrivare al punto più alto del percorso ho cercato solo di concentrarmi sulla discesa. Mi sono subito reso conto che quello che una volta era il mio punto di forza, ieri non lo è stato. Avevo paura nello scendere. Due fattori sicuramente hanno inciso: l'infortunio di due anni fa, proprio in discesa, e la difficoltà consapevole di fare fatica a concentrarmi. Dopo i primi chilometri Cristiano mi ha quasi subito ripreso e questa volta sono stato io ad averlo davanti a me di qualche decina di metri come riferimento. E' stata dura la discesa, forse ancora più della salita. Una pendenza notevole e una lunghezza di quasi otto chilometri ininterrotti, alternati tra cemento e sentieri tra luce e ombra. Ho fatto quel che ho potuto, forse avrei potuto fare meglio, ma ho preferito pensare prima di tutto al non farmi male. Al cartello dei 20 Km, con il suono delle casse all'arrivo in paese che risalivano su per la discesa ero convinto che mancasse ormai poco dopo 1h 50". Invece, la fine non arrivava più. Ogni spettatore incrociato ci urlava che ormai era fatta, ma continuavamo solo a scendere verso il basso, fino a quando finalmente il vero ultimo chilometro è arrivato. Qualche centinaio di metri nelle prime vie, discesa verso il centro e l'andata/ritorno sul rettilineo finale. Ho recuperato qualche posizione negli ultimi metri fermando il cronometro in 1h 58' 02" (127° posizione su 430, 25° di categoria). Volevo stare sotto le due ore e ci sono stato, ma otto minuti dal ventesimo chilometro all'arrivo mi erano sembrati un po' troppi. La spiegazione me la da iacopo dopo qualche minuto quando scopro che il totale era in realtà di quasi ventidue chilometri, 21,7 Km. Mi serviva un allenamento in montagna e penso di averlo sfruttato bene. Ma per correre, per divertirsi, per tornare a sentire veramente la terra sotto i piedi ho bisogno della testa.