Questo sito utilizza cookies, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire le funzioni dei social-media e analizzare il traffico generato. Continuando a navigare in questo sito web acconsenti all'uso dei cookies.

Una Milano Marathon stregata

Una maratona. La mia maratona. Quarantadue chilometri che cambiano prospettiva a seconda di dove li si guarda, dentro o fuori le transenne. Ma resta sempre qualcosa di magico. Un legame che con la Milano Marathon per me resterà sempre indissolubile. Un'edizione da record. La maratona italiana più veloce di sempre. Ma anche le défaillance di Chiara. E i successi dei Corro Ergo Sum Runners.

Una Milano Marathon stregataNon mi sono ancora ripreso da questa infinita maratona lunga un week-end. Sarà l'età. Sarà che quando si tratta di Milano Marathon faccio fatica a non mettere in gioco tutto me stesso. Parlo di week-end, ma in realtà la rincorsa pre-gara era già iniziata da qualche settimana, come per qualsiasi altra preparazione. Non ho corso, ma ho vissuto l'avvicinarsi dell'evento in bilico sulle transenne. Da una parte dietro le quinte. Coinvolto nell'organizzazione grazie ai due Andrea (Trabuio e Basso) che mi hanno dato la possibilità di provare una nuova esperienza. Di fare esperienza. Dall'altra accompagnando Chiara, Federico, Stefano e gli altri Corro Ergo Sum Runners verso il loro traguardo. Un anno fa lottavo contro la periostite per essere sulla linea di partenza. Questa volta l'ho vista nascere. 

Di tutto sicuramente mi ricorderò le poche ore dormite. Ma questa è una cosa che avevo già imparato con la Wings for Life World Run. Quando si tratta di corsa, si lavora la sera. O più facilmente di notte. Cercando di incastrare ogni attività per dare meno fastidio possibile al resto del mondo. Anche il giorno della gara la mia sveglia è suonata intorno alle quattro. Per ritornare l'ennesima volta lungo il bellissimo percorso meneghino. Ormai lo conosco a memoria come se lo corressi ogni giorno. Conosco ogni curva, ogni singolo chilometro, misurati con la precisione certosina di una sarta. Non sono riuscito a godermi pienamente l'atmosfera pre-gara, né il giorno prima al Villaggio, facendo a staffetta con la zona partenza/arrivo in allestimento e parte del percorso, né il mattino stesso della maratona. Ma l'ho sentita arrivare da lontano, mentre sul furgone ho ripercorso per l'ultima volta tutti i quarantadue chilometri che piano piano col nascere del sole si sono vestiti di transenne, striscioni, cartelli, volontari. E solo alla fine di maratoneti. La mia è stata solo una piccola parte. Ma tanti piccoli puntini disegnano un grande risultato. Quello che è stata questa diciassettesima edizione del duemiladiciassette. Alla faccia della scaramanzia. Record di maratona sul territorio italiano (2h 07' 13"). Record di partecipanti per le strade di Milano (6309 gli iscritti). Record di presenze alla manifestazione (più di 25000 tra maratona, relay marathon e school marathon). Proprio nel giorno in cui Roma ha voluto fare la voce grossa. Ma soprattutto una città che sembra aver fatto pace (o almeno una tregua) con il mondo del running. Una festa accompagnata dal clima perfetto per correre. La mia maratona è stata dietro lo schermo di un computer e a tre telefoni, rintanato in un camper per la gestione delle emergenze e dei volontari. E se sono qui a raccontarlo vuol dire che tutto è andato per il meglio. 


La mia Milano Marathon: con Chiara, poco prima della partenza, insieme ai bikers e in servizio. Si ringrazia Antonio Capasso per la foto.

Meno bene purtroppo è andata a Chiara. Ma la maratona, si sa, è corsa a sé. Non si improvvisa e non regala niente. Nonostante l'impegno, la preparazione puntigliosa, gli allenamenti alle sei di mattina, i sacrifici da mamma-lavoratrice-donna-moglie, qualcosa non è andato. Probabilmente la stanchezza, lo stress, la tensione si sono mescolate in un vortice che al quattordicesimo chilometro le hanno spento la luce. Succede. Nulla di strano. Nulla di irreparabile. L'importante è imparare, rialzarsi e ripartire più forti di prima. Non lasciare che sia un'occasione persa, ma solo una lezione in più. Mi è spiaciuto vederla abbattuta, in lacrime, inerme di fronte a qualcosa che questa volta è stata più grande di lei. Ma i risultati del suo percorso per arrivare alla linea di partenza non possono mentire. Dovrà solo aspettare la prossima occasione e dimostrare, soprattutto a sé stessa, che è stato solo un piccolo infortunio. E tagliare il traguardo, la prossima volta, sarà ancora più bello. Io ne so qualcosa.

Corro Ergo Sum Runners

A braccia alzate sotto il traguardo invece sono arrivati altri Corro Ergo Sum Runners. Non posso partire se non citando Jessica, che ha portato i colori viola-arancio sul gradino più alto del podio di categoria (SF35), diventando Campionessa Regionale di Maratona con un fantastico nuovo personal best di 3h 15' 11". Poco prima, ad anticiparla sulla linea d'arrivo, era stato Federico che ha esordito sui quarantadue chilometri con uno straordinario 2h 53' 05". Campioni si nasce. Dietro tutti gli altri. Stefano, Marcello (entrambi con il nuovo personale) Marco, Guido e Manuela. Con Gabriele ed Antonella impegnati invece nella staffetta. Menzione, anche se i colori sociali sono stati altri (visto che non si tratta di semplice running), per Christopher (già Campione Europeo della specialità) che nelle stesse ore si è laureato Campione Regionale SM35 nell'Orienteering Sprint


Corro Ergo Sum Runners: Jessica Campionessa Regionale di maratona SF35, l'arrivo di Federico e foto di gruppo prima della partenza.

Apro una piccola parentesi. Nei giorni scorsi ho sentito/letto di chi scherzava sulla maratona, usando parole e frasi fatte. Siamo solo amatori, non c'è un plotone di esecuzione, quelli che corrono forte sono altri... tutto vero. Ma dipende sempre da come ognuno affronta la sua gara. Da quello che ognuno cerca. Da quello che ognuno mette in gioco. Vedersi sfumare i sacrifici di settimane di allenamento, anche se cercati e voluti (non certo imposti) non è facile da accettare. Giudicare, senza sapere di cosa si stia parlando, però è troppo facile. C'è chi la prende come un semplice gioco, chi più seriamente. Sarebbe bello non giudicare sempre quello che gli altri fanno e pensare che il proprio mondo o il proprio modo di vivere, non sia l'unico. E il più perfetto.
Fa da contraltare invece una foto del finale di gara che ho visto pubblicata e commentata da più persone. Una foto che sarebbe bello non vedere (chiaramente questo è il mio parere). Due runner trascinano fino all'arrivo un terzo che non ce la fa a rimanere in piedi. Lo scorso anno anche io mi sono ritrovato nel dubbio. Partire o non partire non al meglio della condizione? Anche io ho fatto fatica a rinunciare. Ma coscientemente mi sono fermato quando è stato il momento di farlo. Quando il dolore ha iniziato ad avere la meglio e non ho voluto peggiorare le cose. Trovo stupido rischiare la salute per sembrare eroi. Trovo stupido che si esalti chi si trascina al traguardo quando invece dovrebbe fermasi o addirittura non partire. Un conto è avere i crampi. Un conto è stare male. Stare dall'altra parte mi ha aiutato anche a capire questo. Perché forse non è chiaro alla maggior parte dei runners che stare male non è solo un problema per sé stessi, ma che coinvolge anche molti altri. I volontari. Gli infermieri. I medici. L'organizzazione. Gli altri maratoneti. Domenica è stata una grande festa. La maratona è una festa. Cerchiamo di non rovinarla.