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Il lato oscuro della corsa

Manifestazioni che nascono e svaniscono nel nulla dopo anni di duro (gratuito) lavoro. Squadre di amici che lottano con entusiasmo ma poi cedono all’inesorabile peso della burocrazia (e dei costi). Non bastano voglia, dedizione e tempo (regalato) per condividere la propria passione. Ecco il lato oscuro della corsa

L’ho vissuta e lo sto vivendo sulla mia seconda pelle violarancio. A volte non basta solo volere. Ci vuole molto di più. Istituzioni, burocrazia, politica e costi non solo gli ingiusti nemici di aziende, imprese e liberi professionisti (che dal loro lavoro comunque guadagnano). Ma anche (e soprattutto) di chi vorrebbe solo regalare e regalarsi tempo per ciò che ama. 

Correre è semplice. Basta allacciarsi le scarpe ed uscire. Fatica, dolori, pensieri passano. Bastano pochi chilometri per sentirli lontani. E così faccio quando mi capita che anche i problemi legati ai Corro Ergo Sum Runners mi soffochino. Un rimedio naturale. Il rimedio a tutti i mali. Ma...

I problemi poi ritornano. A volte si riescono a superare, a volte solo a rimandare. Ma nessuno può negare che gestire una società di running sia semplice. Un lavoro. Piacevole, appassionato, condiviso. Non mi lamento della scelta di creare un gruppo. Questo è proprio ciò che regala di bello lo sport. La condivisione. L’amicizia. Le emozioni da vivere insieme. E’ tutto quello che sta dietro che puzza. 

In questi giorni ho riflettuto parecchio su quanto sia difficile sopravvivere in un mondo pieno di regole assurde, costi proibitivi, contatti con istituzioni inesistenti. Domenica, mentre anche io mi trovavo in Puglia per un servizio  di Runner’s World dedicato al CUT di Castellaneta, si è corsa contemporaneamente in Salento la Corri a Lecce dell’amico Simone Lucia, presidente della ASD GPD. Il giorno dopo l’annuncio shock dell’annullamento di tutte le gare legate alla sua associazione. 

"Sono fiero di quanto siamo riusciti a realizzare in questi nove anni di passione e corse nella città di Lecce. Sono fiero di essere riuscito a creare, insieme alla mia associazione, un vero movimento di sportivi e di amanti dello sport, ma questa nona edizione segna l’ultimo evento organizzato dalla mia associazione in città”.

Queste le sue parole nel salutare la sua creatura. Problemi organizzativi, con le istituzioni assenti. Costi onerosi, da addossarsi completamente. Promesse e rapporti assenti, con chi avrebbe dovuto sostenere (qui l’intervista e l’articolo completo). Problemi che riguardano tutti gli organizzatori. Certo. Ma problemi che non dovrebbero esistere. O per lo meno essere più facilmente risolvibili. 

Anche io collaboro ed ho collaborato con manifestazioni podistiche (e non solo) di diverso spessore, da maratone internazionali, a gare più legate al territorio, a eventi di paese. E se in alcuni casi la sensibilità di molte istituzioni hanno facilitato l’organizzazione, in molti altri burocrazia, costi e politica si sono sempre messi di traverso.

Idee ne ho tante. La voglia non mi manca. E nemmeno la possibilità di coinvolgere tante organizzazioni. Ma tutti questi problemi mi hanno sempre frenato dalla tentazione di mettermi in gioco in prima persona. Forse sarà solo questione di tempo. O forse no. Dove però ho messo la mia faccia ormai da qualche anno è stata con la (mia) nostra società. Spalleggiato inizialmente solo da qualche amico, ma diventata adesso una vera realtà. Eppure le cose non sono così semplici come possono sembrare. 

Chi, tra chi (semplicemente) corre, sa cosa voglia dire in termini burocratici fondare e gestire una società (podistica, ciclistica, atletica non cambia)? E in termini di costi? E in termini di tempo? Spesso chi si trova dall’altra parte della barricata vede, vive e pretende. Giustamente. Ci sono stato anche io. Ma agenzia delle entrate, banche, comuni, federazioni, sponsor, fornitori, vigili, medici, non fanno sconti. Costi. Burocrazia. Tempo perso. 

Dovremmo vivere tutto con molta più spensieratezza, leggerezza, facilità, senza doverci preoccupare di trovare sponsor e sostenitori per riuscire a sopravvivere (non voglio parlare di guadagno, da investire poi comunque sempre all’interno della società o in progetti collaterali). Dovremmo essere in grado di contagiare con la nostra passione, aiutati, sostenuti dalle istituzioni che ci circondano. Dovremmo essere l’esempio, i capitani per chi ha voglia di seguirci, per chi ha voglia di provarci. E invece no. Affossati, stremati, bloccati. Da tasse da pagare, moduli da compilare, problemi politici, costi insostenibili, tempi biblici, federazioni e istituzioni opprimenti. 

Eppure a noi basterebbe semplicemente correre.