Questo sito utilizza cookies, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire le funzioni dei social-media e analizzare il traffico generato. Continuando a navigare in questo sito web acconsenti all'uso dei cookies.

Dal Circuito serale di Orino a Luino

E' bastato indossare un pettorale dopo un mese per ritrovare la spinta nelle gambe. Anche grazie ai 22°C concessi dalla serata orinese. Era da tempo che l'amico Paolo (Corsini, che ho accompagnato alla 100 Km del Passatore lo scorso maggio, nda) insisteva per un week-end sul Lago Maggiore. E finalmente siamo riusciti a trovare l'occasione per unire corsa-e-vacanza. Stare lontano dalle gare per tanto tempo, seguire gli allenamenti senza un obiettivo vicino, lasciare che la testa perdesse un po' di tensione è stato strano. Tanto quanto ritrovarsi al via, sotto il gonfiabile giallo della partenza, senza avere la minima idea di cosa sarebbe potuto essere. Incognite per la condizione e la stanchezza degli ultimi giorni. Incognite per la breve distanza a cui non sono più abituato. Incognite per il percorso decisamente ondulato. Tutto scomparso nella frazione di secondo dello sparo. Poi a comandare sono state le gambe.

In realtà la gara del Circuito serale di Orino l'avevamo presa più come scusa per passare due belle giornate insieme. Ma quando ci siamo ritrovati lungo il percorso per il riscaldamento è stato come ritornare sulla bicicletta dopo tanto tempo. Impossibile dimenticare come si pedala. Allo stesso modo mi sono studiato i differenti dislivelli della strada, i punti in cui rifiatare lungo i vicoli del paese, i riferimenti che mi sarebbero serviti durante la gara. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. 5,6 Km di sali-scendi tra asfalto e ciottolato. Praticamente una gara di cross in paese. E la prima cosa che mi sono detto è stata parti piano e cerca di non morire subito. A differenza delle corse campestri che ho fatto però, il vantaggio (oltre al terreno più adatto alle mie abitudini) è stato quello di correre due soli giri, invece dei canonici tre. Più facile mentalmente. Un primo giro di ricognizione e studio vero, un secondo in cui dare il massimo. E così è stato.

Alla partenza ero un po' incerto dove posizionarmi. Davanti? Qualche fila più dietro per non intralciare i primi? Alla fine ho affiancato Paolo. E come immaginavo i primi cento metri sono stati come una finale olimpionica di velocità. Anche grazie al primo tratto di rettilineo in leggera discesa. Ma fortunatamente sono immediatamente rinsavito, abbandonando quasi subito i 3' e arrivando alla prima curva dopo quattrocento metri ai 3' 20". Finita la pacchia si è cominciato a salire. Sono stato subito affiancato da Paolo e mi sono affidato al suo ritmo per le prime salite. Non uno strappo pesante, ma un cambio di ritmo comunque deciso. Per riprendere poi i 3' 40" lungo le prime stradine ondulate in paese. Ritmo controllato, ma gambe che mi hanno stupito e mi hanno dato decisamente fiducia. Come fiducia hanno dato i primi sorpassi. Non mi ero preoccupto che nel primo chilometro in tanti fossero partiti decisamente troppo forte. E infatti i primi spavaldi hanno cominciato subito a pagare dazio. Quello che invece mi ha più stupito è stata la mia facilità di salita nei successivi strappi, ben più decisi del primo.

Paolo mi ha abbandonato quasi subito e la mia strategia di seguirlo si è disciolta subito dopo. Ma il vedermi più leggero di molti altri salendo verso la parte più alta del paese mi ha dato ancora più motivazione. Peccato non fossi a conoscenza dell'esatta posizione di classifica. Sapevo di essere intorno alla ventesima posizione ad inizio salita. Ma, con i primi sorpassi e l'allungarsi delle fila, non ho più avuto riferimenti. Scollinato pensavo che sarebbe stato tutto facile per un chilometro abbondante, ma mi ero dimenticato l'ultimo falsopiano prima della discesa verso l'arrivo. Ed è forse stato quello, intorno al secondo chilometro, il tratto in cui ho subito maggiormente il dislivello, seppur minimo. Probabilmente le gambe, stanche dal forte strappo che lo ha preceduto, ancora non si erano ben riprese dallo schock. Ma il successivo tratto di discesa è stato un buon riilancio.

Almeno tre o quattro gli atleti superati di slancio prima di passare per la prima volta sotto il gonfiabile dell'arrivo, fino a raggiungere l'unica maglia rossa che ancora mi precedeva nell'immediato. E lungo il rettilineo di lancio al terzo chilometro mi sono affiancato. Velocità di crociera 3' 30". Correndo quasi al massimo, ma con un minimo di controllo, ho sentito le gambe in gran forma appena abbiamo ricominciato a salire. E da buon stratega ogni maglia che mi si è parata davanti in successione è diventata il mio nuovo obiettivo, rifiatando nei tratti di semi-piano e spingendo tra salite e discese. Rientrando tra i vicoli del paese ho capito di essere in buona posizione, ma ho cercato di trattenere un ultimo slancio per gli ultimi seicento metri finali in completa discesa.

La cosa che mi ha stiupito più di tutte è stata la buona risalita degli strappetti. Passo breve, appoggio completo del piede per non affaticare i polpacci, corpo in avanti e testa bassa. E per me che non sono minimamente abituato alla salita (soprattutto così ripida) un recupero di tutto rispetto. Gli allenamenti del caro prof. Massini passati sui cavalcavia della tangenziale non sono certo stati vani. E nonostante ormai le forze stessero per finire, con l'ultima discesa verso l'arrivo gli ultimi sorpassi mi hanno lanciato verso il finale. Non mi sono mai voltato per vedere se qualcuno si fosse accodato, ma ho comunque aspettato l'ultima curva per il vero sprint finale e l'ultima prova di rimonta. Gambe al massimo (con arrivo uguale alla partenza attorno ai 3') ma non sufficienti per recuperare anche gli ultimi due secondi che mi hanno relegato in 12° posizione assoluta. 21' 10", un risultato di tutto rispetto visti gli allenamenti dell'ultima settimana, ma purtropo per un soffio fuori dai primi dieci premiati. Ma a portare a casa un ricordo ci ha pensato poi Chiara, dietro di qualche minuto, con il suo 6° posto tra le donne (in una gara per lei affatto congeniale).

Difficile spiegare le emozioni di una gara dopo così tanto tempo. Seppur breve, seppur tirata, seppur vissuta in un attimo, ritrovarsi a gareggiare è stato bello. Ma mi sono anche accorto di quanto riposare per qualche settimana sia servito per ridare ossigeno a gambe e testa. Ad avere fame. Ad aver voglia di graffiare l'asfalto. E anche di quanto correre col caldo della martesana aiuti poi quando il clima è decisamente più mite. Nessun allenamento è mai blando, anche quando i ritmi sono tutt'altro che quelli programmati.

E per non farci mancare nulla, questa mattina di nuovo subito in strada. Ma col clima fresco del lungolago a cullarci. Uscita a tre (io, Paolo e Chiara, nda) di defaticamento da Luino a Maccagno e ritorno. 12,3 Km e l'occasione per assaporare l'aria del Lago Maggiore e visitare qualche strada ancora sconosciuta. Sono rimasto entusiasta dalla bellissima ristrutturazione della riva di Luino. Tanto verde e tanto spazio per correre. Completassero tutti e sei i chilometri che la separano da Maccagno con una unica lunga pista cliclabile, sarebbe un bellissimo tratto per correre e rilassarsi. Scorci incantati tra lago e montagna, nascosti alla vista fino a quando non li si percorre. Nonostante la corsa a poche ore dalla gara di Orino, un allenamento che le gambe hanno fatto più che volentieri. E che ci siamo goduti fino all'ultimo sprint per raggiungere la fontanella da cui eravamo partiti 1h 3' 16" prima. Tanti rimangono stupiti quando si parla di corsa. Ma corsa non è solo sudore e fatica. E' tutto questo. E' trovare una scusa per un week-end con gli amici, a rincorrersi lungo le salite come bamibini (cresciuti), per poi sedersi assetati davanti ad una birra.