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We Run Rome

Tutto è bene quel che finisce bene. Volevo correre e l'ho fatto. Volevo sentirmi di nuovo un runner e così mi sono sentito. Volevo riprovare l'ebrezza del pettorale e l'ho riprovata. Una We Run Rome da incorniciare. Non per il cronometro questa volta, ma per un equilibrio ritrovato. Sapere di poterci riprovare. Sapere che adesso si può iniziare a fare sul serio.

Quello che più mi è dispiaciuto è non essere riuscito ad aiutare Giordano nel suo intento. Giordano è uno degli otto ragazzi del Nike+ Run Club che negli ultimi due mesi hanno partecipato al Runner's World Challenge per preparare i 10 Km della We Run Rome. Quando mi ha chiesto di essere il suo personal-pacer per me è stato difficile dire di no. Mi sono sentito onorato. La mia paura è stata quella di rischiare di non essere in forma per poterlo aiutare pienamente. E gli attacchi influenzali degli ultimi giorni non mi hanno certo aiutato ad avere più fiducia nei miei mezzi. Ma provare un 38' 00" dopo tanto tempo lontano dalle gare è stato un bello stimolo per provarci.

Vorrei aprire una piccola parentesi per parlare velocemente dei ragazzi del Nike+ Run Club. Sono solo due in tutta Italia, a Roma e a Milano. Ho avuto più di un'occasione per osservarli da vicino, correrci insieme, parlarci. Con alcuni siamo diventati ormai amici. C'è una cosa che mi ha colpito di questo gruppo e lo commentavo con Chiara prima di dirigerci insieme a loro alla partenza della We Run Rome. Il senso di appartenenza. E' bello vedere come tutti siano fieri di esserne parte. Una famiglia, un gruppo di amici, una squadra di runners. Non importa chi corra forte o meno. Il livello generale può anche non essere altissimo (ma ho visto alcuni ragazzi correre davvero forte) e forse è proprio questo che li rende ancora più speciali. Un gruppo alla portata di tutti. Per tutti. Dove imparare ma anche insegnare agli altri quello che si conosce. Quello che si è provato. Vederli tutti insieme, con un'unica divisa, mentre i coach li incitavano prima della partenza ha reso l'idea della loro missione. Culminata con l'attesa all'arrivo, tutti insieme, anche dell'ultimo della corsa. Tutti in fila, a dare un cinque, prima dello sforzo finale. Scene che fanno bene al mondo del running.

L'emozione di riattaccare il pettorale ha fatto poi il resto. Anche senza sogni di gloria sarebbe dovuta essere la mia corsa finalmente. Con la capitale ho un conto in sospeso ancora dal 2008. E ritrovarsi poi a fare il riscaldamento con Valeria Straneo (qui la mia intervista esclusiva) non è cosa che potrà capitarmi spesso in futuro. Ne abbiamo approfittato per scoprire i nuovi progetti e vedere che dall'ultima volta in cui ci eravamo incontrati a Milano le cose sono migliorate per entrambe. Anche Valeria ha fatto da pacer ad uno dei ragazzi del Runner's World Challenge. Nelle prossime settimane sarà invece ad allenarsi in Kenya, insieme ad Emma Quaglia ed al gruppo azzurro. Per ritornare finalmente a gareggiare a metà marzo (il 13) in Giappone, alla Maratona di Nagoya, per sole donne. Poi Europei e le tanto agognate Olimpiadi. Per me un 2016 meno altisonante ma sicuramente non meno impegnativo.

La partenza della nostra dieci chilometri è stata un po' caotica. Tutti che si sono riversati nelle primissime file. Ma è stato bello vedere tanti ragazzi giovanissimi, con le maglie della forestale, dell'esercito e delle fiamme gialle, vicino a grandi campioni come Valeria, Meucci, Inglese, Maraoui, Benedetti. Lo start ha preso tutti di sorpresa, ma il lungo rettilineo dei primi due chilometri ha permesso di allungare le fila e correre immediatamente al ritmo prestabilito. Subito in gara. Come mi succede spesso i prime mille metri sono stati un po' troppo veloci. La freschezza fisica e l'iniziale discesa passando al fianco del Circo Massimo non hanno certo aiutato a partire con tranquillità. Ma sentire il ritmo nelle gambe, il fiato corto, la forza dei muscoli è stato come rinascere. E la cosa mi ha dato tantissima fiducia. Ho pensato che avrei pagato quasi subito il ritmo troppo alto, la disabitudine alla corsa, i chili accumulati, invece è stato un dolce ritorno.

Il percorso è stato qualcosa poi di strabiliante. Correre o camminare per Roma non fa differenza. Ovunque si passi, ovunque si giri lo sguardo c'è qualcosa da ammirare. Strade, chiese, resti, monumenti, panorama. Un'overdose di bellezza di cui non si riesce a capacitarsi. Mi chiedo se i (cittadini) romani si accorgano ogni giorni di dove vivono, dove passano, dove respirano. Probabilmente senza nessun bisogno di ristori avrei potuto continuare a correre all'infinito senza poter smettere di passare da un sanpietrino all'altro. Partenza dalle Terme di Caracalla, Circo Massimo, Bocca della verità, Teatro Marcello, Altare della Patri, Musei Capitolini, Piazza Venezia, i Fori Imperiali, Via del Corso, Piazza di Spagna, Piazza del Popolo, la salita del Pincio, Villa Borghese e il ritorno scendendo verso via Veneto, il Quirinale, di nuovo i Fori e il Colosseo. Un'abbuffata di storia a non finire.

Purtroppo mi sono accorto che già al quarto chilometro Giordano stava faticando più del dovuto per mantenere il ritmo. Una media a 3' 50" che ci avrebbe portato appena al di sopra del nostro obiettivo. E correre a Roma non è per nulla facile. Terreno completamente scomposto che affatica piedi e polpacci. Su e giù continuo tra i colli che appesantiscono la corsa e le gambe. Ma la salita del Pincio è stata fatale. La resa. E da lì in poi ho cercato di fare il possibile per fargli riprendere il ritmo e recuperare il tempo perduto, ma purtroppo senza riuscirci. Mi ha fatto piacere vedere che comunque non ha mollato un metro, stringendo i denti. Ha cercato di non arrendersi fino all'ultimo, provando a rimanere aggrappato alle mie spalle. L'ho incoraggiato, incitato, aspettato in alcuni casi e alla fine siamo arrivati insieme. Un ultimo sussulto di orgoglio per non lasciare apparire il quattro sul crono finale e il tempo bloccato a 39' 58".

Le mie sensazioni sono state buone. Non credevo di riuscire a correre così facilmente, soprattutto per gli ultimi giorni di influenza. Ma evidentemente come spesso mi ripeto, la corsa è un'ottima medicina. Ho ritrovato le forze come per miracolo. Non so se correndo al massimo tra salite e discese sarei riuscito in ogni caso a mantenere la media prestabilita (o magari anche a fare meglio), ma poco importa. Quello che volevo era correre, sentire di poter osare. Esserci. E domani ultima corsa in quel di Roma con Giorgio Calcaterra come cicerone. Chi ben inizia...