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Giusto per provare

Due settimane esatte. Il tempo passato dal ventottesimo chilometro della Milano Marathon, quando questa prima parte di anno si è definitivamente conclusa. Nessun gonfiabile all'arrivo, nessun record da registrare. Una fine silenziosa. In sordina. Come questo nuovo inizio, di cui ancora nemmeno conosco l'obiettivo. Un po' di corsa e un po' di cammino, per scoprire poi piano piano quale sarà il nuovo traguardo.

Mi sono limitato a seguire gli ordini del dott. Migliorini. Partenza camminando e qualche chilometro lento di corsa. Ne ho approfittato per arrivare fino al Naviglio insieme a Chiara. Giusto per scaldare le gambe. Dieci chilometri totali, i primi due camminando, sei corricchiando e ultimi due ancora camminando. Un po' di respiro alle gambe che avevano voglia di muoversi. Ma con in mente le parole dell'intervista esclusiva fatta a Valeria Straneo qualche mese fa, quando era lei a lavorare per il recupero... oggi ho corso per tredici minuti. Il vantaggio che ho in questo momento, e che solitamente non si presenta, è quello di non avere nulla in programma. Che equivale a dire nessuna fretta. Si, la voglia di tornare ad allenarsi, di gareggiare, di sentire le gambe stanche è tanta. Ma ho voglia di farlo bene, senza cadere in stupidi tranelli dovuti alla frenesia. Il tempo c'è. Il modo anche. E anche quel goccio di esperienza in più che ti fa vedere le cose in maniera differente.

Ma correre è stato bello. I primi passi sono stati quasi una sorpresa. Una sensazione strana. Come toccare la neve la prima volta o disstarsi da un ruscello fresco con la gola secca. La tentazione di lasciare scorrere il sangue e seguire il ritmo dell'istinto è stata forte, ma mi sono controllato. Dopo i primi passi l'attenzione, come sempre, è andata tutta a concentrarsi sulla gamba destra. In fase di stacco, in fase di spinta, in fase di appoggio. Per sentire cosa i muscoli avessero da dire. Ma è stato il silenzio. Solo dopo qualche minuto un bisbiglìo sommesso si è alzato dal soleo. Un po' indolenzito, stranito. Come appena risvegliato. Ma nessun segnale dal tibiale che ha manenuto il passo come se fosse la cosa più naturale del mondo.

E così ho corso lungo il Naviglio come sempre, con l'acqua ritornata quasi a sorpresa a riempire il fondale del canale, quasi a volermi ridare ancora una volta il bentornato. Un nuovo inizio per entrambe. La ciclabile affollata come ogni domenica mattina e il profumo inconfondibile della primavera, con l'erba dei campi tagliata, le foglie verdi che tornano a rimepire gli alberi e quel solletico insidioso dei pollini che infastidiscono le narici. Rinascita. Corsa e nient'altro. Senza un ritmo da rispettare, senza ancora un obiettivo da raggiungere. Anche se in fondo i sogni non muoiono mai.