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Marcia dei Visintin (San Martino Del Carso)

Ho quasi rischiato di non riuscire a correre già dalla mia prima uscita in terra triestina. Una fitta tremenda al nervo sciatico che mi ha tormentato tutta la notte per un movimento innaturale tra gamba e bacino. Si chiama vecchiaia. Ma fortunatamente alle prime luci dell'alba tutto è tornato alla normalità, lasciandomi arrampicare lungo le colline del Carso.

E mi sarebbe dispiaciuto non esserci, perchè ne avevo proprio voglia. Ho voglia di cambiare, variare, svagare la testa. L'idea di una corsa collinare tutta in sterrato mi ha subito stimolato quando Silvia me lo ha proposto. Anche perchè questo è il periodo migliore dell'anno per farlo. Il momento per abbassare un po' la guardia e ricaricare le batterie. Permettersi anche di appesantire le gambe su sentieri sconnessi e caricare i muscoli tra salite e discese. L'unica vera attenzione è quella di non farsi male.

Mi sono un po' pentito di non aver pensato di continuare a testare le Mizuno da trail. Sarebbe stata un'ottima occasione. Ma ce ne saranno altre nei prossimi giorni, forse anche qualche veloce garetta. In ogni caso, a parte qualche piccolo tratto lastricato di rocce, i sentieri del Carso non sono mai stati troppo sconnessi per poterci correre anche con le nuove (nuovissime) Nike Air Pegasus 33 appena arrivate. Un rischio, ma ben calcolato.

Partenza in discesa dal piccolo centro del paese. E sapevo bene che i primi chilometri sarebbero stati i peggiori, visto il contemporaneo passaggio (passseggio) anche dei camminatori. Sarebbe bello se la FIASP (e tutte le altre federazioni EPS) facessero e rendessero attivo un regolamento per permettere a tutti di correre o camminare liberamente senza intralciarsi inutilmente lungo i percorsi delle tapasciate. Già, perchè il vero problema, lungo i sentieri in comune tra chi corre e chi cammina (solitamente le parti iniziali e più brevi) è che c'è una completa anarchia sull'occupazione della strada. Sarebbe intelligente che venisse lasciata una corsia libera per il sorpasso (magari a sinistra) come succede con le auto o sui sentieri di montagna. Perchè quando si sale verso un rifugio tutte le comitive sono in fila indiana mentre nelle tapasciate tutti cercano di occupare più strada possibile per riuscire a chiacchierare? Ci vorrebbe solo un po' più di rispetto per gli altri, che siano runners o che siano walkers.

Con in mente questi pensieri e urlando ogni dieci metri (dieci, perchè sembra che lungo i sentieri la voce si perda nel breve arco di qualche metro) il permesso di passare, ho cercato di superare il prima possibile la prima parte di percorso. La Marcia dei Visinitn si sviluppa sulla porzione di Carso che si affaccia sulla pianura friulana di Sagrado e Palmanova. La roccaforte che durante la Grande Guerra sorvegliava e difendeva i confini italiani. Un po' la caratteristica di tutte le corse che salgono e scendono sui colli del Carso, dove ai ristori si alternano frequentemente quel che rimane delle trincee di ormai quasi cento anni fa.

I primi chilometri sono comunque passati velocemente attraversando qualche sentiero carraio e qualche passaggio un po' più roccioso. Buono il passo, buone le sensazioni, buona la spinta delle gambe. E clima di tutto rispetto nascosti nell'ombra e fresco tra le fronde degli alberi. Immersi si potrebbe dire. Perchè per lunghi tratti a farmi compagnia è rimasto solo il verde del bosco. Un continuo canticchiare di uccelli e il filtrare qua e là di qualche raggio di sole a ricordare che l'estate sta arrivando. Senza il caldo asfissiante è stato facile non sentire la fatica, fino a quando non è arrivata la lunga salita verso Monte San Michele. Un'impennata improvvisa lunga quasi tre chilometri che non ha dato tregua fino alla deviazione posta prima di raggiungere la sommità. Un peccato non essere arrivati alle trincee e alle cannoniere in cima al colle, ma le gambe hanno ringraziato.

Ho impiegato qualche chilometro prima di poter riprendere il ritmo anche lungo le discese. La strada ha seguito il versante opposto rivolto verso Gorizia e il confine con la Slovenia e poco a poco anche il panorama è cambiato. I boschi hanno lasciato spazio a distese di arbusti e cespugli e i sentieri sono diventati un po' più sconnessi. E mi sono ritrovato solo per lunghi tratti. Un silenzio quasi assordante, dove sono sembrate echeggiare le parole di Ungaretti che proprio a San Martino del Carso ha dedicato una delle sue opere: Di queste case / Non è rimasto / Che qualche / Brandello di muro / Di tanti / Che mi corrispondevano / Non è rimasto / Neppure tanto / Ma nel cuore / Nessuna croce manca / E’ il mio cuore / Il paese più straziato. Mi sono accorto del ritorno verso il paese solo nel momento in cui abbiamo iniziato ad attraversare qualche piccolo paese e i sentieri si sono alternati a qualche salita e discesa su asfalto. Le gambe hanno decisamente ringraziato, aumentando contemporaneamente il ritmo. Un fastidio al polpaccio destro negli ultimi chilometri mi ha fatto preoccupare un po', ma tutto si è risolto solo in un leggero affaticamente passato con un po' di stretching dopo i 17 Km (e 600 m di dislivello complessivo) di corsa. 1h 18' 03" totali che sarebbero potuti anche essere il doppio. Un continuo alternarsi di fatica fisica e relax mentale che mi ha inebriato. Quello a cui bisogna stare attenti, poi, è non ubriacarsi.