Questo sito utilizza cookies, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire le funzioni dei social-media e analizzare il traffico generato. Continuando a navigare in questo sito web acconsenti all'uso dei cookies.

San Donnino Ten (Modena)

Io ci credo a Babbo Natale (o a Gesù Bambino, per par condicio). Ho fatto il bravo. Sono stato buono. Mi sono impegnato. Non ho detto parolacce (forse qualcuna, ma sempre con cognizione di causa). E per Natale lui ha voluto portarmi un regalo. In realtà io avevo chiesto altro, ma magari questo è solo un anticipo. Più che un regalo, una vera sorpresa. Perchè uno spera sempre di trovare quello che desidera quando si trova davanti il pacchetto incartato, ma è la sorpresa di quell'attimo in cui scopri veramente cos'è che crea la magia. O forse l'attimo prima. Come lo sprint finale, quegli ultimi cento metri in cui si rimane intrappolati tra speranza e realtà prima di scorgere il cronometro ufficiale e scartare il regalo. Fiato sospeso. Adrenalina a mille. E un sorriso. Merricrismas!

Si ringrazia Podisti.net per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie..

Non posso negare che ci sperassi. D'altronde chi meglio di me può conoscere le sensazioni reali del pre-gara. Però c'è sempre quell'incognita che ti fa storcere un po' il naso. Il clima freddo e umido, i leggeri acciacchi delle ultime settimane, il lavoro pesante in vista della maratona. Ma anche tanti segnali positivi. La nebbia che si dirada avvicinandosi a Modena, i muscoli che hanno riposato nell'ultima settimana di carico, la fiducia di Chiara e Fulvio, la buona risposta agli ultimi allenamenti veloci. Diciamo una buona mano da potersi giocare. E poi la sicurezza della compagnia di Franco che nelle ultime uscite dell'anno sta di volta in volta ringiovanendo sempre di più il cronometro. Ci muoviamo con strategie diverse, ma sempre in sincrono. E proprio scaldandoci insieme ho capito che avrei potuto fare una buona corsa.

Il parterre pur essendo lontanti da Milano e in un gara FIDAL/CSI è di tutto rispetto, con tantissimi ragazzi giovani dell'Atletica La Fratellanza, capitanati dal neo campione europeo juniores Alessandro Giacobazzi. Già prima dello sparo siamo rimasti un po' troppo imbottigliati per la ressa della partenza. Altro che Santa Barbara. A posteriori direi per fortuna, visto che nonostante calca, sorpassi, spinte e curve a gomito, i primi mille sono poi passati a 3' 30". Primo chilometro che è anche stato il più difficile come corribilità di tutti i 10 Km di gara. Il gruppone di testa ha preso subito il largo. Si sono formati due/tre gruppi a ritmi scaglionati e siamo rimasti ancora una volta imbottigliati sulla stretta ciclabile che ci ha portato verso San Damaso. Freddo, solo 6°C, ma amico. Ho provato a superare sperando in qualche spiraglio laterale senza dover forzare il passo, ma inutilmente. Passo leggermente rallentato, ma non ho più controllato il cronometro fino a metà gara. Sensazioni, come in allenamento. E fiducia nel passo di Franco. Un po' come sei mesi fa. Siamo rimasti affiancati fino al quarto chilometro anche quando la carreggiata si è finalmente allargata ed abbiamo cominciato a prendere il largo sul gruppone che ci aveva fatto da tappo. Strade completamente sgombre da auto, lunghi rettilinei e asfalto abbastanza pulito. L'ideale per correre veloci.

Le mie sensazioni sono state più che buone. Fiducia nell'aver preso qualche metro di vantaggio sul gruppo, buon passo e gambe pulite. Franco invece ha avuto una piccola crisi ed ha perso piano piano qualche metro. Mi sono ritrovato praticamente solo già allo scoccare del quinto chilometro. Ho volutamente dato l'unico controllo al tempo per verificare il ritmo e non essere troppo veloce o troppo lento. E i numeri hanno confermato le sensazioni, 17' 56" con l'ultimo mille a 3' 37". Che raddoppiate avrebbero fatto un trentacinque alto.

Ho cercato solo di mantenere il ritmo. I gruppi più avanti hanno cominciato a sfaldarsi. Chi è partito troppo forte già al sesto chilometro è rimasto indietro. Con tutta calma ho puntato il primo avversario a tiro provando a raggiungerlo. Senza forzare. Assecondando fiato e gambe. Sapevo che il mio punto critico sarebbe dovuto ancora arrivare. La seconda parte di percorso si è suddiviso in due lunghi rettilinei, per cui controllare chi mi stava davanti non è stato difficile. E guadagnare posizoni nel finale è sempre un apporto di fiducia considerevole. La leggerissima discesa quasi impercettibile dell'andata si è trasformata in una impercettible salitella nel ritorno, che qualche secondo guadagnato prima se l'è mangiato poi. Qualche altro secondo è rimasto sull'asfalto nel settimo e nell'ottavo chilometro, per me i chilometri chiave di gara. Ma senza regalare mai un metro a nessuno. Negli ultimi duemila uno strano testa a testa con un atleta della Fratellanza che ha corso tutto il tratto finale a ripetute-brevi. Non so se per allenamento o per gioco. Io ho solo fatto il mio mettendomi davanti quando rallentava e accodandomi quando il ritmo è aumentato. Fino all'ultimo chilometro, dove ho pensato solo ad umentare il ritmo poco alla volta per non bruciarmi lo sprint finale. Prima dell'ultima curva ho recuperato l'ultima posizione disponibile prendendo qualche metro di vantaggio. Poi è stato come essere trascinati a forza verso il traguardo.

La strada che piano piano si restringe attorno al publico che diventa sempre più numeroso. Il fiato che si spezza per l'ennesima volta e le gambe che si alzano vorticando incontrollate. La voce dello speaker arriva quasi da un altro mondo e l'attenzione è rapita dal led luminoso sul traguardo. Sembra che ci sia scritto in rosso luminoso Buon Natale, ma l'intermittenza è data solo dal passare dei secondi. Nove... unidci... tredici... quindici. Stop. Il suono prima ovattato ritorna reale, il polmoni ritornano a cercare più aria del previsto, il fiato si condensa davanti alla bocca. Ci si piega in avanti e si cerca il cronometro sul polso, fermo sull'ultimo secondo di gara, 36' 15" (22° assoluto?). Festa, anche se non nevica. A volte Natale è anche senza neve.

A posteriori sensazioni e pensieri si mescolano. Avrei potuto fare di più. Si. Ma se me lo avessero chiesto in corsa avrei detto di no. Se avessi guardato il cronometro tutta la gara magari sarei potuto essere più regolare. O forse mi sarei spaventato per la troppa velocità e i chilometri mancanti e avrei rallentato. Ragionare col senno di poi è pericoloso e probabilmente anche inutile. Meglio godersi il regalo appena scartato e coccolarselo per un po'. Per il prossimo gradino c'è ancora tempo. Dopotutto domani è già ora di pensare alla maratona.