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La Martulada (Pozzuolo Martesana)

Le tapasciate vicino a casa sono comode. Nessuna sveglia all'alba, strade che si conoscono e tante facce famigliari. E' un po' come ritrovarsi tra amici per una partita di calcetto. Anche se poi è stata la prima volta che ho corso La Martulada. A pochi chilometri da casa, lungo le strade dove ho praticamente cominciato a fare i primi avanti-e-indietro una decina di anni fa. Quando ancora strade e autostrade in zona non c'erano, le piste ciclabili erano appena state fatte e in giro non si incrociava ancora quasi nessuno che correva. Maglia di cotone, pantaloncini grigi della tuta adidas e scarpe improbabili, forse addirittura da basket. Sembrano passati secoli. E chili. E chilometri. Eppure tutto è cominciato così, per gioco.

Non ero molto diverso dai tanti ragazzi che ho superato ieri nel tratto finale, maglietta bianca e cartellino legato al collo. Ma probabilmente anche alcuni di loro tra qualche anno avranno gli stessi ricordi. Per me invece, a parte la comodità, è stato un giro di perlustrazione di strade che ormai non faccio più spesso. Siamo partiti da Pozzuolo Martesana subito in direzione Trecella, lungo il classico rettilineo che da sempre unisce i due paesi. Zona industriale, un po' di campi fino ad arrivare appena dietro ai capannoni di Cassano d'Adda. Non me ne ero quasi nemmeno accorto, con l'orientamento perso dopo le prime due curve. E anche un po' stranìto forse per aver fatto poca colazione e non aver preso l'usuale gelatina pre-gara che mangio sempre prima di correre. Avendo in programma un lungo-lento di 21 Km pensavo di non averne bisogno. Ma mi sono sbagliato. Dopo soli quattro chilometri, appena passato il primo ristoro, mi è comparsa una fame che mi ha fatto sognare banchetti imbaditi a festa in cui abbuffarmi.

Ma l'unica alternativa è stata proseguire, sperando che la sosta successiva non fosse troppo lontana. Ancora tanti sentieri che hanno tagliato in due i campi della Martesana fino a ritornare nuovamente a Trecella e ripartire subito verso Albignano. Cambio sterrato-asfalto e una curiosatina più da vicino alla nuova viabilità del nord sulla BreBeMi. Speravo di avere le gambe ben più rilassate, ma probabilmente le ripetute pur brevi di sabato hanno fatto in modo che anche questa spensierata tapasciata fosse tutt'altro che leggera. A dare la sferzata di energia (alla testa) è stata però la mezza banana che ho mangiato poco prima del decimo chilometro, quando l'improvviso saluto di Monica mi ha quasi svegliato dal torpore della corsa tranquilla. Avrei voluto addentare, cioccolato, panini e biscotti, ma mi sono fortunatamente trattenuto accontentandomi di quei soli tre morsi che hanno definitivamente chiuso il buco nello stomaco che mi stava accompagnando. E correre la seconda parte è stato un po' meno sofferente.

E' strano come correre sullo sterrato scomposto dei campi sia molto più faticoso che su qualsiasi altro terreno, eppure la tendenza è sempre quella di andare un po' più forte. E anche decisamente allenante, soprattutto per la propriocezione. Infatti in un attimo ci siamo ritrovati nuovamente prima a Trecella e poi già a Pozzuolo. La tentazione di fermarsi passando vicino alla zona partenza è stata grande, ma poi ho proseguito verso Melzo, per scoprire tutte le nuove strade ciclabili-e-non che la Teem ha fortunatamente generato. Un bel giro, rovinato solo dal continuo sentore di crampi del solito flessore sinistro negli ultimi tre o quattro chilometri. Evidentemente la Milano Marathon è stata ben più pesante di quanto mi fossi accorto in gara.

Il piccolo allungo finale nell'1h 33' 48" totale di corsa è stato totalmente involontario, anche perchè in leggerissima salita. Forse la voglia di una fetta di pane con la Nutella al ristoro finale ha inconsciamente spinto le gambe a velocizzare l'arrivo. Anche perchè di fiato ce n'era ancora in abbondanza visti i saluti e le abbondanti chiacchierate con gli amici del dopo-doccia. Aneddoti e racconti che fanno poi solo venir voglia di ripartire ancora un'altra volta.