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La corsa di Nemo (Martinsicuro)

Ultima tappa del Running Summer Tour. E meglio non sarebbe potuto finire. Quattro corse, quattro doppi-podi, di categoria o assoluti. Ma soprattutto un grande allenamento, cosa non sempre facile da mantenere anche in vacanza quando ci si sposta di frequente e i chilometri a piedi si sommano a quelli in auto. Ma sicuramente viaggiare, spostarci, ci ha dato più possibilità di trovare gare alla nostra portata. Quattro in soli dieci giorni (anche se brevi) sono state un bel carico in vista dell'autunno, soprattutto se considerato il clima decisamente caldo e le salite a cui non siamo abituati. Inframezzati tra l'altro da allenamenti non meno duri. Ma tutto il contrario di quanto incontrato a La Corsa di Nemo, a Martinsicuro. Freddo (fresco), pioggia (tempesta), pianura (sabbia). Il modo migliore per chiudere il nostro tour.

Mi è sembrato di ritornare dentro a canoni ai quali più siamo abituati appena arrivati sul lungomare della partenza. Gonfiabii montati a delimitare il piccolo villaggio sulla spiaggia, zone ristoro e ritiro pettorali ben visibili, podio per le premiazioni, stand degli sponsor. O forse solo più organizzato. Impostato diversamente dalle ultime corse salentine. Ma non è il contorno che fa bella o interessante una gara. A pensarci bene anche nelle precedenti corse non era mancato nulla di tutto questo. Forse era solo diverso. E anche questa volta la partecipazione è stata numerosa, con gli iscritti sempre oltre i quattrocento. Tante le squadre della zona, ma tanti anche i turisti attratti dalla possibilità di correre in vacanza. Occasione che tante società sui litorali (o nelle valli di montagna) non dovrebbero farsi scappare nel periodo di vacanza. Una o due gare alla settimana nell'arco di pochi chilometri potrebbero essere un buon metodo per ripensare le proprie vacanze per i molti appassionati.

Quello che più ha però rubato la nostra attenzione nel pregara durante il riscaldamento è stato l'ammasso di nuvole nere e gonfie che da nord si sono piano piano (ma neanche troppo) spostate lungo il litorale, prima coprendo il sole e poi abbassando la temperatura di almeno una decina di gradi. Ma non è stata questa la sorpresa più grande. E temuta. I Podisti di Nemo hanno preso seriamente il modo di dire correre al mare, e il via è stato dato sotto il gonfiabile posizionato sulla sabbia, fronte-mare. Sabbia. Non terra. Non asfalto. Non tartan. Non erba. Non cemento. Uno scatto iniziale per non rimanere arretrati (e sprofondare nelle retrovie senza possibilità di recupero immediato) fin sulla riva, dove la sabbia rimane più compatta e correre è più semplice. Ma non meno faticoso. E contemporaneamente è iniziato anche il diluvio. Universale. Nel senso che l'acqua, nel giro di pochi minuti, l'abbiamo trovata ovunque.

Il primo chilometro è stato devastante. Partire a freddo, sulla sabbia, ha affaticato immediatamente quadricipiti e gemelli. E la situazione non è megliorata nemmeno raggiunta la riva. Le fila si sono allungate subito rendendo impossibile correre affiancati e praticamente impossibile superare. Spostarsi di pochi centimetri dove il piede sprofonda sarebbe equivalso a perdere subito velocità e stancarsi ancora di più. Oltretutto la traiettoria obbligata è stata quella creata dalla riva, slalomando tra le onde che si sono allungate sulla spiaggia e per qualcuno è voluto dire anche trovarsi subito con i piedi sott'acqua. Cosa che a tutti è successa dopo qualche minuto quando l'asfalto del lungomare è stato coperto completamente dalla pioggia lanciata a secchiate dalle nuvole in stile indipendence day. Il passaggio sabbia-asfalto è stato un sollievo per la gambe, ma trovare subito il ritmo non è stato per nulla semplice. Mi sono anche accorto che le gare delle ultime settimane non sono state indolori. Gambe ulteriormente appesantite dal poco recupero e sfiancate dal caldo. Ma per fortuna la temperatura fresca questa volta ha dato i suoi benefici. La scelta di correre con gli occhiali da sole, benché del sole non ci fosse minima traccia, ha dato i suoi frutti almeno inizialmente, quando la pioggia è stata talmente forte che avrebbe dato fastidio alla vista. Tutti fattori che hanno distratto la testa dal ritmo. Anche perchè controllarlo non avrebbe avuto alcun senso.

E infatti a sensazione ho corso tutti i 7,8 Km di gara. Il primo giro è stato tutto per scoprire il percorso. Prima il chilometro sabbioso (4' 02"), poi il passaggio sull'asfalto verso il giro di boa (3' 51"), l'attraversamento tra bungalow e roulotte nel campeggio di Riva Nuova (3' 47") e il chilometro lanciato verso la seconda parte (3' 44"). Imparando dalla troppa fatica fatta alla Corri Poggiardo ho cercato di risparmiare energie in vista del giro finale. E nonostante le condizioni proibitive, i sorpassi non sono mancati. Ho continuato a perdere ed a recuperare posizioni tra chi è partito troppo piano ed ha risalito poco a poco la testa della corsa e chi è partito troppo forte e ben presto ha dovuto tirare i remi in barca. E di barca in alcuni punti se ne avrebbe avuto bisogno.

Ancora prima del secondo passaggio in campeggio le scarpe si sono ritrovate zuppe di acqua e sabbia. Non una bella sensazione. I pochi spettatori tutti ammassati sotto tettoie e ombrelli. Sicuramente più facile che correre con caldo e umido, ma altrettanto faticoso. Ho perso quasi subito il conto della mia posizione e col nuovo passaggio sulla sabbia ho solo pensato a mantenerla fino al giro di boa per poi provare ad aumentare. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Mai come questa volta. Il quinto chilometro sulla riva mi è sembrato non finire più. Alle spalle la lotta è stata dura per non farsi superare, in alcuni punti anche fisica. A spallate. E le gambe sono quelle che hanno subito più di tutti lo stress. Il ritorno all'asfalto non ha dato il sollievo sperato e contemporaneamente la pioggia è aumentata, tanto da costringermi a spostare gli occhiali sulla testa per riuscire a vedere qualcosa. Ho provato ad aumentare il ritmo, ma le pozzanghere sono diventate un unico lago. Più nessuna traiettoria per schivarle e solo l'attesa dell'ultimo chilometro. Cartello che è quasi sembrato un miraggio, ma che ha anche dato un po' più di ritmo alle gambe, con una progressione che dai 3' 50" ha raggiunto i 3' 30" sul traguardo. Viste le condizioni (e la mia condizione) una buona reazione. 29' 57" e la ventesima posizione assoluta con un nuovo podio di categoria (). Che la gara non sia stata una passeggiata lo dimostra anche il secondo posto di categoria di Chiara tra le donne (davanti a lei anche l'ex-campionessa di maratona Marcella Mancini, nda), sesta assoluta, dopo due vittorie consecutive. Ulteriore conferma che le gambe, ogni tanto, hanno bisogno di riposare. Ma è difficile farlo quando ci si diverte.