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Percorso di gara: perché la distanza è sempre giusta

Siamo in pieno autunno, nel periodo in cui le gare diventano il punto di arrivo di tutta la preparazione degli ultimi mesi. Non c'è week-end in cui più manifestazioni non si sovrappongano, avendo a disposizione un'ampia scelta di corse a cui partecipare. Cinque chilometri (?), diecimila (ovunque), mezze maratone (tante), trenta chilometri (circa), maratatone (troppe), che nella paggior parte dei casi si affollano anche sullo stesso tracciato. Eppure, passata la linea del traguardo (e sempre più spesso anche tra i post che riempiono le nostre giornate social post-gara) è ogni volta la stessa, immancabile nenia ad essere ripetuta... “Eh, ma il percorso era più lungo!”.

Ma per quale motivo gli organizzatori di un qualsisi evento podistico dovrebbero aggiungere metri (a volte centinaia, stando alle testimonianze) ad un tracciato, quando in quasi tutte le occasioni cercano di disegnare un percorso che sia il più veloce di sempre su qualsiasi distanza, provando anche ad ingaggiare (a suon di quattrini) per la propria manifestazione atleti sempre più forti per battere tutti i record possibili? Come è possibile che tracciati certificati al centimetro da misuratori Fidal o Iaaf, non corrispondano esattamente alla distanza dichiarata?

Di come funzionino i GPS e del perchè la loro registrazione ha diversi motivi e giustificazioni per discostarsi dalla misurazione certificata, ne ho già ampiamente e dettagliatamente parlato in questo articolo (GPS: quando il chilometro è più lungo). E dato che sono in volo proprio per andare lavorare sul percorso di una maratona, provo a spiegare brevemente (e tecnicamente) perché non è possibile che un tracciato (certificato) possa essere più lungo (o più corto) della distanza dichiarata.

Le distanze

Partiamo subito dal precisare che la Fidal regolamenta le gare su distanze canoniche (quelle precedentemente citate, 5-10-21-30-42 Km). Qualsiasi manifestazione che presenti uno o più tracciati di queste lunghezze, deve necessariamente essere affiliata alla Fidal e sottostare alle sue regole (anche e soprattutto a quelle di misurazione e certificazione). Se ne deduce che se una corsa non è certificata dalla Federazione, non avrà una distanza regolamentare, ma obbligatoriamente superiore o minore di qualche centinaio di metri rispetto alla distanza canonica. Solitamente queste manifestazioni, organizzate da EPS, danno indicazione nel regolamento della reale distanza (ad esempio 9,9 Km o 10,2 Km invece dei diecimila) e spesso ne indicano la lunghezza su manifesti e locandine con la dicitura “circa”.

La certificazione

Quando invece parliamo di distanze certificate le cose cambiano. È ormai da qualche anno che partecipo alla misurazione di percorsi di importanti gare italiane e internazionali e non mi è mai capitato di collaborare con un'organizzazione che abbia presentato un percorso di gara più lungo o più corto del dichiarato (e certificato).

La certificazine di un percorso deve essere obbligatoriamente fatta da un misuratore ufficiale, Fidal per le gare italiane o Iaaf per quelle internazionali. Misuratore che fornisce alla Federazione di riferimento un documento riassuntivo con la certificazione del percorso, con misurazioni, calcoli, fotografie, riferimenti. Documentazione che potrà servire in seguito alla Federazione per verificare la reale misura del tracciato di gara in caso di necessità, come ad esempio per convalidare un eventuale record mondiale sulla distanza.

La misurazione, differentemente da quello che molti pensano, non viene effettuata con un GPS o con una rotella metrica, ma con un contatore (Jones). Un particolare contatore applicabile sulla ruota anteriore di una bicicletta che misura la distanza a “scatti” e non in centimetri o pollici, che garantisce di rilevare una misurazione universale e non legata ad un unico sistema. E che permette soprattutto di essere settato in maniera precisa, in base alle reale condizioni climatiche presenti durante la manifestazione (umidità dell'aria, tipologia di terreno, temperatura...).
Un chilometro (o un miglio) corrisponderà quindi ad un numero preciso di scatti del contatore (specifici di quel luogo e di quel momento) e darà una misurazione precisa al centimetro (o al pollice). Non si può sbagliare. Ma la cosa importante da sottolineare è che la misurazione del percorso non viene fatta “a sensazione” o “a occhio”, ma seguendo precise e replicabili regole, seguendo il tracciato ideale di percorrenza (ossia la strada più breve per andare da un punto A a un punto B) e quindi dalla partenza all'arrivo (e conseguentemente da tutti i segmenti che compongono il percorso di gara).

Per seguire il tracciato certificato, si dovrebbe idealmente sempre correre su una linea retta (non a zig-zag e nemmeno ondulata) che unisce la tangente a due curve e passando a non più di 30 cm dalla circonferenza della curva. Impossibile da poter replicare in una qualsiasi gara. Non a caso nel record mondiale compiuto a Vienna con INEOS 1:59 (leggi tutto qui), la linea ideale, tracciata e seguita da Kipchoge, non era quella classica di una misurazione ufficiale, ma quella sempre percorribile sia da lui che dall'auto che lo stava precedendo.

Questo (insieme a tutta la spiegazione nell'articolo dedicato ai GPS) vi spiega perchè la rilevazione di un qualsiasi GPS in gara non potrà mai essere precisa e corretta (e se per caso lo fosse è solo perchè alcuni parametri, positivi e negativi, si sono compensati). Fidarsi è bene, ma non fidarsi è... peggio.