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Voglia di gara: ma quanto mi costa?

È normale, scorrendo i costi di iscrizione ad una gara podistica, chiedersi se vale o meno la pena pagare tutti quei soldi per infilarsi scarpe, canotta e pantaloncini solo per appuntarsi un pettorale. Ma vi siete mai chiesti quali siano i reali oneri che stanno dietro ad una organizzazione di una gara, che sia una maratona, una mezza, un diecimila o un cross? Io ci ho pensato...

Sento sempre più spesso parlare dei prezzi elevati che le gare podistiche italiane stanno assumendo. Venti euro per correre “solo” dieci chilometri, trentacinque euro per partecipare ad una mezza, addirittura settanta (o più euro) per iscriversi ad una maratona. Ma... o c’è stato un segreto accordo tra tutti gli organizzatori italiani per svuotare le tasche dei runner amatoriali o c’è qualcosa di più dietro alla creazione, la gestione e la realizzazione di un evento. Qualcosa che probabilmente i più ignorano o non riescono a vedere. 
Per mia esperienza, in questi anni, ho corso su svariate distanze e in diverse città. Ho potuto anche assistere a diverse gare podistiche, sia in Italia che all’estero, osservandone da vicino problematiche e dinamiche. Non ultimo, ho collaborato (e collaboro tutt’ora) con alcune delle maggiori manifestazioni italiane e internazionali, dalla maratona al trail (oltre ad avere esperienza di eventi sportivi - e non - anche in altri ambiti). Così ho cominciato a interessarmi e a ragionarci. 

Faccio una premessa. Qualsiasi evento podistico è reso più di prestigio per la presenza o meno di atleti-top e dai risultati che questi stessi atleti riescono a raggiungere. Atleti che, nella maggior parte dei casi, sono invitati all’evento (anche dietro al pagamento di un ingaggio) e che vincono premi in denaro in base al loro posizionamento in classifica e al montepremi di gara. I restanti, ossia il 99% dei partecipanti, sono quelli che pagano per correre, che nella stragrande maggioranza dei casi non vincono nulla (nemmeno i premi - non in denaro - di categoria) e senza i quali nessun evento podistico potrebbe esistere (o quasi... non stiamo prendendo chiaramente in considerazione gli eventi destinati esclusivamente agli atleti professionisti come Olimpiadi, Mondiali o League). 

Il troppo stroppia

Credo che in nessun altro paese ci sia un numero di gare podistiche (agonistiche e non) così alto come in Italia. Solo per fare un esempio, nel 2019 erano in calendario (dato preso dal sito della Federazione Italiana di Atletica Leggera) ben 64 maratone (non tutte poi alla fine realmente organizzate). Faccio presente che i week-end disponibili in un anno, compresi quelli estivi, sono cinquantadue. E che in tutto il resto nel mondo, contemporaneamente, vengono organizzate altre gare di quarantadue chilometri. Essendo stati i maratoneti italiani totali poco più di cinquantaduemila (dei quali oltretutto alcuni hanno partecipato a più di una maratona all’anno), avremmo una suddivisione di meno di mille runner per ogni manifestazione. Un dato che dovrebbe essere preoccupante e creare allarme. Perché? Semplicemente perché una tale dispersione di maratoneti (e conseguentemente di spese e introiti) va a scapito delle organizzazioni e di conseguenza agli stessi atleti.

Prendendo in considerazione il fatto che le maggiori maratone italiane hanno un’affluenza (bassissima se paragonate al top del resto del mondo) tra i cinquemila e i diecimila partecipanti, risulta chiaro che alcune delle manifestazioni minori avranno anche solo cinquanta iscritti. Arrivo quindi finalmente al punto. È veramente necessario permettere l’organizzazione di così tante gare durante il corso della stagione? Non sarebbe più logico che la Federazione (o un altro ente) gestisse la calenderizzazione, decidendo un numero massimo di gare (per area geografica) e non dando sempre il benestare per qualsiasi richiesta, salvaguardando anche una certa qualità degli eventi che vengono organizzati? Non è mia intenzione denigrare, criticare o polemizzare con le gare minori, sia chiaro. Ma non è altrettanto possibile avere una così grande diversità di qualità sotto tutti gli aspetti organizzativi. Dai prezzi ai servizi offerti, dalla sicurezza alla tipologia di percorso, dalla permessistica alla logistica. Dovrebbero esistere degli standard da rispettare (in base al livello gold, silver o bronze) e una maggiore uniformità di servizi da garantire. 

Italians do it better

C’è una cosa però da riconoscere agli organizzatori italiani: la capacità di organizzare al meglio i loro eventi. Parlo soprattutto delle gare più di rilievo. Il livello estero (escluse le big mondiali) è decisamente più basso (anche se negli ultimi anni gli standard soprattutto europei si stanno alzando). Tra problemi burocratici, gestione logistiche impossibili, richieste di molteplici servizi riescono sempre e comunque a garantire un livello difficile da trovare altrove. Mi è capitato ad esempio di correre la dieci miglia di Colonia (in Germania) e di essermi trovato di fronte ad una organizzazione da simil-gara-di-paese. Che può essere un pregio o un difetto. Dipende dal punto di vista.
Colonia ha poco più di un milione di abitanti, quasi quanto Milano. Città affascinante, attraversata dal Reno. Linea di partenza disegnata con il gesso a terra, percorso a triplo giro tra i vialetti del parco e lungo il fiume, un solo ristoro con pochi bicchieri d’acqua e un volontario, chip, pettorale e un piccolo spogliatoio senza docce. Nessun ristoro finale (anzi, un solo piccolo gazebo con fette di torta a pagamento), nessuno stand di sponsor, nessun portale di arrivo, nessuna transenna, nessun percorso riservato ai concorrenti, nessuna premiazione di categoria, nessuna maglia in regalo. Ho visto molti runner arrivare già da casa senza neanche la borsa del cambio, già vestiti in maglia e pantaloncini. Costo irrisorio. Una gara corsa bene, senza problemi, con poco pubblico (praticamente solo gli accompagnatori) pensando solo ed esclusivamente a correre. Ma una organizzazione del genere in Italia sarebbe stata subissata dalle critiche. E le griglie partenza? E il pacco gara? E la doccia? E il ristoro finale? E...

Questo è il grosso problema che abbiamo nel nostro Paese. L’abitudine ad avere (e volere) sempre tutto. Anche quello che non è necessario o superfluo. Quante maglie abbiamo nel nostro armadio dedicato al running? Basta correre da qualche anno per avere la necessità di svuotarlo di tanto in tanto. E le medaglie? In quanti davvero le conservano? Se veramente abbiamo la necessità di dover pagare meno per un’iscrizione dovremmo anche abituarci a non dare per dovuto e scontato qualsiasi servizio. Non sarebbe meglio poter liberamente acquistare la maglia della maratona al villaggio solo se interessati, magari con una fattura migliore di quella “regalata” a tutti gli iscritti, come avviene ad esempio a Berlino o a New York? È veramente necessario dover avere un pacco gara o una medaglia? Per molti sono un ricordo da conservare, ma per la maggior parte sono inutili oggetti che presto finiscono nella spazzatura (l'unica maglia che io ancora conservo gelosamente è quella della mia prima maratona, maglia che probabilmente avrei comunque acquistato, come mi è successo a New York).

C’è un altro aspetto che caratterizza il nostro mondo. Una moda tipicamente italiana che, se invertita, potrebbe aiutare in parte a ridurre le nostre spese. Già da qualche anno ormai quasi tutte le gare aumentano i costi di iscrizione con l’avvicinarsi della data (inizialmente lo facevano invece con l’aumentare delle iscrizioni). In molti ne approfittano, iscrivendosi mesi prima (soprattutto per le maratone), ma la maggioranza aspetta sempre troppo. Questa usanza ha un duplice aspetto che incide sui costi. Da una parte per il runner, che avrebbe potuto acquistare il pettorale alla metà (se non di meno) del prezzo finale. Dall’altra da parte dell’organizzatore, che fino all’ultimo non ha un numero definito di iscritti se non a pochi giorni dalla gara. Dato che incide sugli investimenti da prevedere (ad esempio il numero di maglie da ordinare) e che non necessariamente corrisponderanno al reale. Più spesa, più spreco, prezzi più alti. 

OK, il prezzo è giusto

Ma siamo sicuri che basterebbe dare un taglio a tutta l'oggettistica per garantire un prezzo più accessibile alle nostre gare? Venti euro per una maglia, cinque euro per una medaglia, dieci/quindici euro per un pacco gara... soldi risparmiati dall’organizzazione, ma che probabilmente non andrebbero ad incidere in maniera pesante sul bilancio del costo di iscrizione. Cos’è allora che fa salire i costi di iscrizione? Tutto il resto. Tutto quello che non appare agli occhi di chi corre, ma che in realtà gli permette di farlo. Parliamo di servizi che vengono dati per scontati (ma dovuti) e che magari si pensa siano gratuiti. 

Correre in una città (come anche in paese) implica un’ingente mobilitazione di servizi, dall’occupazione di suolo pubblico alla chiusura delle strade, dalle misure di sicurezza ai servizi di emergenza, dal coinvolgimento di volontari all’utilizzo di strutture a cui appoggiarsi per il pre e il post gara. Poi ci sono i materiali di allestimento, i prodotti destinati ai runner, l’organizzazione di tutto il contorno della manifestazione. Senza dimenticare i costi della federazione, di cronometraggio, di comunicazione e gli stipendi di chi ci lavora (e qualcosa me lo sarò sicuramente dimenticato). Sapete qual è il costo dei vigili per una città di Milano o Roma? Non parliamo solo di qualche decina di migliaia di euro...
È sbagliato pensare che i servizi siano tutti regalati. Non c’è nessuno che fa nulla per niente. Tutto ha un costo. Giustamente. Voi andreste in ufficio a lavorare per una settimana senza essere stipendiati? Basta prendere i settanta euro di costo medio di una maratona (big) e dividerli, per vedere facilmente che non sarebbero minimamente sufficienti a coprire tutte le spese necessarie ad un’organizzazione per mettere in moto una macchina così grande. 
Con le dovute proporzioni, la stessa cosa vale per mezze e dieci chilometri. Se da una parte alcuni costi di servizi possono diminuire (ad esempio in base al tempo di occupazione minore rispetto ad una maratona), dall’altra possono aumentare per il numero di runner coinvolti. 

C’è poi un dato che non torna. Tutti quelli disposti a spendere migliaia di euro pur di essere al via di una big mondiale. Se fosse vero che le nostre corse costano troppo, non dovrebbero esserci italiani alla partenza di New York, di Berlino, di Londra, di Tokyo. O anche solo di Valencia. Evidentemente il valore percepito di queste gare è maggiore di quello che è il semplice costo di iscrizione. Forse è il contorno a regalare quel qualcosa in più che una semplice manifestazione italiana non è in grado di dare (o forse siamo noi a non essere in grado di percepirlo). Ma basta rimanere a Milano per vedere quarantamila persone alla DeeJay Ten felici di spendere venti (e più) euro per correre o camminare dieci chilometri. 

Correre, gareggiare, sentire l’adrenalina della partenza, esultare per un successo, condividere le proprie emozioni. È per questo che corriamo. Tutto il resto è solo un contorno. E chi vuole se lo può comprare.