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Ritorno alle gare... si, ma quando?

Di nuovo in gara... ma quando?

Sembra un countdown infinito quello che (non) porta al ritorno delle gare amatoriali. Ogni mese l’attesa. Ogni volta un rinvio. Nonostante la voglia di ricominciare sia palpabile. Decisioni che nessuno (tra chi dovrebbe) sembra voler prendere. Chiudendo gli occhi e girando la testa dall’altra parte. 

Personalmente credo che sia arrivata l’ora di ripartire. Non lo dico da runner in crisi di astinenza (anche perché la mia astinenza dalle gare - e non solo - per i problemi alla schiena dura da ben più di due anni e ormai credo di esserne uscito pulito). Lo dico da persona che ragiona. Trovo decisamente ridicolo che di fronte ai numeri odierni riguardanti l’emergenza Coronavirus, non sia ancora stato dato il via libera in molti campi. Anche perché trovo una incongruenza di fondo rispetto alle decisioni prese, non solamente riguardo lo sport (e il running in particolare), ma anche in riferimento a moltissime altre scelte. Ma non è questo il posto per fare politica (anche se comincio a prendere sul serio l’idea di potermici buttare con cognizione di causa, vista la massiccia presenza di ministri del grande fratello che purtroppo ci troviamo al governo). 

Parlando di corsa, nelle ultime settimane ci sono stati i primi tentativi di ritorno alle gare, ma mascherati da altro. Virtual race (anche noi abbiamo voluto esserci con la Run with the Sun), allenamenti di gruppo, sfide a distanza. Momenti di aggregazione di cui la gente ha bisogno. Non per vincere il salame alla corsa del quartiere, ma per sentirsi parte di qualcosa, avere una motivazione per provare a fare sempre meglio. Per rivivere un po’ di normalità. Non tutti corrono solo per sé stessi o per stare semplicemente bene e io, personalmente, non ci trovo nulla di male. 

Quando sto dall’altra parte delle transenne mi piace godermi lo spettacolo. Guardare la voglia di sfida negli occhi di chi attende ansiosamente lo sparo e condividere il momento di felicità di chi si appresta per la prima volta ad appuntarsi un pettorale sulla maglia. Momenti in cui tutti siamo passati e che segnano l’evoluzione di ogni runner. Mi piace assaporare i diversi gusti che una gara può regalare, che sia una maratona di migliaia di persone che ti travolge di entusiasmo e calore o che sia una veloce corsa in città riservata a qualche centinaio di appassionati. 

Mi sembra abbastanza chiaro che da domani non sarà possibile ricominciare a ritrovarsi in migliaia dietro il nastro di partenza. Ma da qualche parte dobbiamo iniziare. Ogni giorno (ogni giorno) centinaia di runner si riversano nei parchi e nelle strade delle nostre città. Il boom post quarantena che aveva visto improbabili runner riempire le ciclabili è ormai passato. Le mascherine non sono più un obbligo per chi corre. Il distanziamento è ormai regolare. Che differenza può fare trovarsi per un allenamento di gruppo, incrociarsi con decine di altri runner solitari o farlo per una piccola gara che raccoglie qualche centinaio di iscritti? 

Le regole (di chi comanda) ci sono. La capacità di ricominciare (da parte degli organizzatori) non manca. La voglia di esserci (da parte dei runner) è palpabile. È tutto qui. Non è necessario ricominciare con grandi eventi di massa. Ma riprovarci poco alla volta, partendo dal basso, si. Quella che manca è la volontà (e il coraggio) di chi dovrebbe decidere.

La Fidal (oggi è attesa una nuova riunione federale) nelle scorse settimane ha già annunciato il calendario delle gare nazionali in pista per tutta la seconda parte dell’anno. Ha preparato protocolli e regole da osservare per accedere agli impianti, relazionarsi, correre. Ma si è dimenticata del mondo amatoriale. Quel mondo che permette alla federazione stessa di esistere. Quel mondo che spesso viene messo in secondo piano, ma che è quello che regala ossigeno all’atletica vera.