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10K Chrono di Monza

E ritorno con i dubbi amletici che mi attanagliano. La gara di ieri sera non è andata come speravo, ma a seconda della prospettiva da cui la guardo sembra ogni volta una corsa diversa. Tra l'altro corsa interamente senza alcun riferimento cronometrico. Tutta la preoccupazione della settimana per trovare il modo di usare il gps nonostante il cinturino rotto e poi il satellite ha voluto fare le bizze lasciandomi(ci) con intermedi completamente sballati e un'analisi cronometrica della prestazione a posteriori impossibile. Per cui posso solo parlare di sensazioni, di quello che ricordo, di quello che ho fatto. E in fondo è proprio questo il bello della corsa. Correre e ricordare.

Si ringraziano Podisti.net e Roberto Mandelli per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.

Ricordo di aver fatto tanta fatica. Tanta. Fatica. E se devo paragonare la 10K Chrono di Monza con l'ultima 10 Km di quest'anno a Trieste è proprio nella fatica che riscontro la differenza maggiore. Vero che in un diecimila non si può non-soffire, ma ieri sera è stata una rincorsa fin dal primo metro. Colpa probabilmente anche del fatto che il parterre maschile era di alto livello. Più di ottocento iscritti e primi delle fila di tutto rispetto: Danilo Goffi (vincitore, nda), Darietto Rognoni (secondo, nda), Pietro Colnaghi, Orazio Bottura, Emanule Zenucchi. Per non parlare delle seconde fila con Confalonieri e Ripamonti e tutti i tantissimi altri che nemmeno conoscevo. Tra l'altro tutti (a parte Emanuele) SM40, la mia categoria. Arrivare comunque tra i primi cinquanta con queste premesse lo reputo già un successo. Ma il problema grosso è che nonostante tutto non riesco ad accontentarmi. Vorrei sempre fare meglio ma mi devo rendere conto che non è sempre possibile. Ma questo non vuol dire comunque rinunciarci. Anche perchè c'è chi è andato meglio, Franco e Matteo in primis, che come ogni anno a Monza mi danno la paga.

Come ogni anno. Già, perchè comunque è il terzo anno di fila che riprovo il percorso nel centro di Monza e come ogni anno, anche se di poco, mi sono migliorato. Pochi secondi, ma resta sempre un miglioramento, un tot-al-chilometro guadagnato. Secondi guadagnati che diventano però secondi persi rispetto a Trieste, visto che la media di gara è passata dai 3' 41" ai 3' 43". Sarebbe bello sapere dove e cosa non è andato, ma lo posso solo supporre. Certo, correre in centro a Monza tra andate e ritorni, vicoli, curve, piccoli strappetti, pavè non è come seguire una lunga via dritta due chilometri e mezzo lungo il porto. La partenza è stata buona, anche se le energie perse nei primi metri per rimanere in equilibrio, guadagnare posizioni e prendere il ritmo giusto sono state tante. Una totale bagarre subito dopo lo sparo. E a posteriori so che ieri non avevo comunque la testa per fare bene, quasi avessi paura di soffrire troppo. Nonostante tutto però il primo intermedio è stato fin troppo buono, 3' 24". Normale viste le premesse. Franco è stato di fianco a me fin da subito. Poco più avanti ho riconosciuto la maglia azzurra di Stefanino (Ripamonti) e quella rossa del Monza Marathon Team di Matteo (Speziali) ed ho provato a raggiungerli. Invano. Ho cercato di trovare il giusto ritmo di gara ma i passaggi continui nel centro di Monza in mezzo al pubblico non hanno certo aiutato a correre con tranquillità. Il secondo intermedio in piazza Cambiaghi è stato l'ultimo attendibile, 3' 30". Il ritmo lo hanno fatto le gambe, ma i continui sorpassi che ci sono stati fino al terzo chilometro hanno un po' scombussolato la percezione di gara. Veramente tanti quelli partiti forte. Anche se molti poi li abbiamo raccolti durante il secondo giro. Curve, sorpassi, strappetti. La parte che ha rubato energie mentali alle gambe. Troppa attenzione da riservare ad altro che non fosse solo correre. L'uscita su Via Manzoni è quello che ha dato aria ai polmoni e un po' di tranquillità alla testa, nonostante nel secondo giro sia poi stato il chilometro di svolta (negativa) della gara. L'unico viale lungo un chilometro tutto dritto con una leggera ma inesorabile salita che svolta poi nuovamente verso il centro. La cosa curiosa di cui mi sono reso conto anche mentre correvo è stato il continuo cambio di percezione del tempo/distanza. In alcuni tratti mi sembrava che i chilometri passassero velocissimi, in altri momenti invece la sensazione contraria, che la strada non finisse più, che la prossima via fosse sempre più in là, che la curva che mi aspettavo fosse sempre quella dopo. I pro e i contro di conoscere perfettamente il percorso. Ripensandoci mi sembra essere passato tutto troppo in fretta.

Quando si arriva in zona arrivo però è sempre un sollievo, che sia la prima o la seconda e ultima volta non cambia. Il tranello è il passaggio in Piazza Carducci dove il gonfiabile sembra lì ad un passo, ma in realtà mancano ancora cinquecento metri prima di poterlo raggiungere. Ma la folta dose di pubblico che circonda l'arrivo e le vie del centro è una formidabile ricarica per le gambe. Impossibile rallentare. Ho approfittato del passaggio del primo giro al quinto chilometro per verificare l'andatura: 18' 14". Avevo sperato decisamente meglio (un diciassette) visto la fatica che sentivo nelle gambe e un po' la cosa probabilmente mi ha demoralizzato. In realtà, letta ora, era esattamente l'andatura che avrei voluto tenere in gara: 3' 38". Peccato sia durata solo un giro. La schiena non è mai stata a posto, come nel resto della settimana, ma in corsa non mi ha mai dato fastidio. Nel senso di dolore. Poi non so se la contrazione dei muscoli della schiena possa aver contribuito in qualche maniera a tutto il resto. Per quanto posso aver percepito io non mi ha influenzato. Quello che ad inizio secondo giro invece ha contribuito a rallentare è stata la sensazione di pesantezza nelle gambe. Anche se non so quando, quanto e dove sia cominciato tutto.

I piccoli strappetti sono sembrati da subito lunghissime salite. Il pavè è diventato un terribile ciottolato da trail. Il fresco (si insomma non proprio fresco) clima del primo giro, un arido passaggio di mezza-estate. Di positivo c'è stato invece il minor traffico lungo il percorso. Tra il sesto e il settimo chilometro i primi spavaldi hanno cominciato a cedere, mentre chi si era trattenuto nel primo giro ha cambiato marcia. Improvvisamente mi sono accorto che contare i chilometri restanti (-4 Km, -3 Km...) invece che sommare quelli fatti (6 Km, 7 Km...) cambiava nettamente la percezione del percorso e della fatica. Semplice stato mentale di chi non riesce più a correre con tranquillità ma cerca di aggrapparsi a tutto quello che lo può aiutare. Ho sentito tanti saluti e tanti incitamenti lungo il percorso ma non sono riuscito a riconoscere quasi nessuno. Solo un veloce cenno di risposta quando me ne sono accorto. A volte anche solo un sorriso può essere importante, che sia da una parte o dall'altra della transenna. Dopotutto siamo lì per divertirci e la cosa andrebbe sempre dimostrata.

La grossa differenza che ho notato con la CorriTrieste è stata la mia condizione. Un mese fa ero in grado di stabilire in ogni momento della gara come mi sentivo, alleggerire la corsa per recuperare leggermente, aumentare dopo aver recuperato il fiato. Gestirmi in poche parole. Un po' aiutato anche dal gps che dava conferma alle sensazioni. Ieri sera invece è stato un continuo rincorrere. Probabilmente ho avuto consapevolezza del calo di ritmo, ma senza alcuna conferma cronometrica non sono riuscito a stabilire di quanto. Ma soprattutto non c'è stato quel cambio di ritmo finale che era stato importante a Trieste. Quegli ultimi due chilometri che fanno diventare una bella gara, una partita vincente. Quando sarebbe dovuto essere il momento del cambio di marcia dopo la svolta a destra fuori dal centro pedonale in Via Manzoni, ho avuto invece la reazione contraria. Franco ha preso prima qualche metro di vantaggio (come lo scorso anno, nda), poi i secondi sono diventati dieci, quindici e alla fine venti. E' stato quasi un supplizio quel chilometro prima dell'ultimo. Sicuramente più di testa che di gambe, ma la reazione è stata contraria a quella che sarebbe dovuta essere. E poi perdere venti secondi in meno di due chilometri non è giustificabile in nessuna maniera. Ma ho visto il gruppetto davanti a me allontanarsi poco alla volta, alle spalle non ho sentito arrivare più nessuno. L'accontentarsi è stato il risultato. Ripreso un po' di fiato l'ultimo chilometro è stato poi sicuramente più veloce, anche se non sui giusti ritmi. L'euforia dell'arrivo fa sempre andare le gambe un po' più forte. E anche vedere rallentare qualcuno davanti. Ho recuperato un paio di posizioni sperando poi d'arrivare e avere una sorpresa dal cronometro ufficiale. Sorpresa che però non c'è stata. 37' 09" che vuol dire comunque secondo miglior tempo di sempre, su un percorso che qualche secondo te lo fa lasciare lungo il tracciato. Ma la seconda parte di gara è stata decisamente troppo lenta, mal gestita. In realtà non sono quei pochi secondi che possono fare la differenza. Avrei voluto un salto di qualità, che però non c'è stato. Manca più di un mese al prossimo appuntamento con i diecimila. Un mese per allenarsi, preparasi e sognare.