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Lungo alla Parma Marathon

Buona la prima. Se ci fosse un regista non ci sarebbe da ripartire. Buona per me e buona anche per gli organizzatori. Una Parma Marathon che ha rispecchiato tutte le aspettative della vigilia. Un percorso scorrevole ma insidioso, un clima perfetto, un'organizzazione che è riuscita ad accontentare tutti, una gara all'apparenza semplice ma non così facile come sperato. Tanti motivi per essere contenti ma per provare ad essere ancora migliori.

La novità maggiore, per quanto è riguardato la mia prova, è stato il cambio di strategia (o di allenamento) concordato con il prof. Massini. Non più un lungo lento, ma gara di 30 Km completamente a sensazione, senza guardare il cronometro. Cosa mai fatta prima d'ora. Ma mi è sembrata l'occasione perfetta per provarci e soprattutto per capire dove poter arrivare alla prossima Firenze Marathon. Senza una vera gara dove correre senza condizionamenti per capire la reale forza di gambe e testa, mi sarebbe ancora sembrato di continuare ad allenarmi senza un vero riferimento. Un obiettivo. Adesso le idee sono decisamente più chiare. E' stata dura, come mi ero immaginato studiando il percorso la sera prima come faccio sempre nelle gare importanti. Ma è stato necessario. E soprattutto stimolante.

Anche perchè respirare il clima-maratona dà sempre una spinta in più anche a chi non la fa. Adrenalina che aleggia passeggiando tra gli stand del villaggio, come anidride carbonica che sale appena aperta la bottiglia. E il villaggio della Parma Marathon ha avuto un che di speciale. Organizzato completamente all'aperto, sfidando le insidie di un ottobre incerto, al'interno della Cittadella di Parma. Le mura pulsanti del running parmense, dove ogni giorno sono centinaia i chiometri calcati salendo e scendendo lungo i viali che girano attorno al parco verde centrale. E dove la maratona stessa è partita e arrivata. Scelta migliore non poteva essere fatta. Circa tremila i partecipanti alle tre diverse competizioni, Maratona, 30 Km e Staffetta 4x10,5 Km. Vedere l'arco d'arrivo montato esattamente davanti alla porta nord ha fatto immaginare finali di gara epici a tutti i partecipanti, anche quelli che, fermandosi prima, non l'hanno poi più potuto rivedere dopo la partenza.

Non avevo capito che il primo chilometro sarebbe stato tutto corso tra mura e viali alberati prorpio all'interno della Cittadella ed è stata una sorpresa felice ed esaltante correrci appena partiti. Nessun nome altisonante in gara ha fatto sì che non ci siano stati enormi strappi già in partenza e il lungo serpentone che ha sfilato lungo la porta per inoltrarsi verso le strade di Parma è corso veloce e regolare. Correre a Parma mi piace. Lo avevo già provato tante altre volte e riconoscere le strade che abbiamo attraversato (al contrario questa volta) è stato un buon aiuto per la testa, concentrata sul paesaggio e meno sulla fatica. Piccola parte ci circonvallazione, passaggio in pieno centro città, attraversamento del Parco Ducale e zig-zag tra i ponti che tagliano il torrente Parma scendendo verso sud. Sette chilometri per lasciare la città e tuffarsi tra le campagne.

Sette chilometri che sapevo sarebbero stati i più facili e probabilmente anche i più veloci. Nonostante avessi cercato di trattenermi senza lasciarmi trascinare troppo dal gruppo al quale mi sono unito nella parte iniziale di gara, il risultato (visto a posteriori) è stato diverso dalle aspettative, con un passo decisamente troppo alto da riuscire a mantenere per il resto della gara (3' 54" la media dei primi 10 Km) e che sicuramente ho pagato più avanti. Correre a sensazione è comunque stato piacevole. Testa più libera dal sistematico controllo del tempo e un'attenzione in più ai richiami del corpo. Prima un dolore all'anca, poi al polpaccio, poi all'altro. Tutti inganni della mente. Ed è bastato correre per farli scomparire.


Partenza e passaggi deil lungo di 30 Km alla Parma Marathon. Si ringraziano Italo Spina e Alessoi Guidi per l'utilizzo delle fotografie.

Appena usciti dalla città e indirizzati verso la tangenziale esterna i cartelli del chilometraggio sono completamente sballati rispetto agli intermedi segnati dal Garmin Forerunner 735. Non parlo di qualche decina di metri canonici e scontati, ma di centinaia (cosa che comunque non mi ha causato nessun problema non controllando il ritmo). Al passaggio dell'undicesimo chilometro ufficiale il mio GPS segnava poco più di diecimila metri. Condizione che è continuata praticamente fino al diciassettesimo, quando, come per magia e con un chilometro decisamente più lugno degli altri, la situazione si è ristabilizzata perfettamente. E dal decimo è iniziata anche la parte più dura di percorso che ci ha accompagnati fino al ventiquattresimo. Un falsopiano insidioso che è salito costantemente fino al giro di boa e che ha mietuto vittime una dietro l'altra.

Da Alberi, fino a Panocchia, passando per Vigatto. Questa la parte più insidiosa di tutto il tracciato. Ritmo che ho sentito decisamente calare nelle gambe mentre abbiamo attraversato le campagne isolate e silenziose a sud di Parma. E dove ho corso praticamente in solitaria. Solo qualche timido sorpasso a ravvivare il percorso e qualche silenzioso applauso passando per i paesi semideserti. E il piccolo siparietto regalato alla moto-telecamera che mi ha seguito e ripreso per qualche centinaio di metri tra smorfie e sorrisi forzati. La fatica è cresciuta costantemente e il passo ha alternato qualche chilometro più veloce con qualche chilometro un po' più lento adattandosi alle variazioni del percorso. La cosa più difficile è stata non cedere alla tentazione di mollare. Essere ancora a metà gara e sentire le gambe pesanti, provare a reagire. Ed ho solo corso, immaginado le strade di Firenze, la gambe ancora fresche allo stesso chilometraggio per riuscire a concludere la maratona in maniera dignitosa. Dubbi e incertezze che si sono insinuate nella testa. La stanchezza e qualche piccolo crampo. Ma poi ancora la voglia di non mollare. Tenere duro fino al prossimo ristoro, immaginare che la fatica fosse giustificata da ritmo e salita. I chilometri sono passati e Panocchia è rimasta alle spalle insieme agli applausi del secondo cambio della staffetta (che differenza col passaggio al cambio-staffretta della Milano Marathon!). Un ultimo strappo e poi la discesa finale.

Così mi ricordavo il percorso e così è stato. Ma non avevo considerato quanto potessero essere insidiosi i tre chilometri fino alla svolta di Stafei. Crisi. Con gli occhi appannati dalla fatica e dal sole e le macchine che ci hanno sfrecciato accanto passando per l'ultima volta sopra al torrente Parma. Solo l'improvvisa e inaspettata vista di Chiara e Tommaso mi hanno risvegliato di colpo. Come uno schiaffo. E da lì in poi non ho più mollato.

La parte finale è stata sempre più solitaria. Il falsopiano in discesa ha ridato vita alle gambe (sono passato dai 4' 21" a 4' 05" nel giro di un chilometro) finchè è durato poco prima di entrare in Basilicanova. Ho dovuto lottare con la testa, ingannandola, immaginando di essere lungo il Naviglio in allenamento e di stare tornando verso casa. Trasformare l'ambientazione ha fatto abbassare la soglia di fatica, spostando l'attenzione sul percorso. I chilometri sono corsi sotto i peidi come su tapis roulant e il cartello dell'ultimo chilometro è arrivato. Avrei voluto controllare il tempo, ma ho resistito fino alla fine, vedendo in lontananza il gonfiabile giallo e iniziando ad incrociare gli staffettisti intenti nel loro riscaldamento. Avrei anche voluto allungare, ma ho desistito, pensando agli ulteriori due chilometri per cui proseguire per chiudere l'allenamento di giornata.

Salutato dallo speaker ho preso al volo la medaglia senza nemmeno rallentare il passo, riprendendo la strada verso Parma insieme ai maratoneti. Ma, come avevo già sperimentato in altri allenamenti in gara, tagliare il traguardo taglia anche le forze. La motivazione. L'adrenalina cala e con lei il ritmo. Ho defaticato per i successivi mille metri invertendo poi direzione e tornando verso il paese. E da corridore mi sono trasformato in spettatore, incitando tutti quelli che ho incrociato. Tanti amici che non hanno rinunciato a dare il loro saluto nonostante iniziasse la loro parte più dura di maratona, quella oltre il muro. E credo di non essere mai stato più contento di aver dovuto proseguire ancora più in là.

Nella piccola piazzetta di Basilicanova mi sono goduto il meritato riposo del dopo gara, scoprendo di essere arrivato 11° assoluto (4° di categoria) in 2h 02' 59" (4' 05" di media) e festeggiando con un sorso di birra quanto mai agognata. Anche perchè il solo mezzo litro d'acqua destinato ad ognuno è risultato decisamente un po' troppo poco dopo 30 Km sotto il sole. A quaranta giorni dalla Firenze Marathon un buon test che mi ha chiarito le idee. Più chilometri nelle gambe.