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Staffetta alla Unesco Cities Marathon

I segni della Staffetta alla Unesco Cities Marathon li porto ancora oggi. Non tanto per fatica e sudore, quanto per l'abbronzatura. Forse un po' prematura visto il periodo, ma significativa per quanto vissuto ieri. Una corsa letteralmente nella storia, che passa dalle due guerre mondiali, alla repubblica di venezia, all'impero romano. Corro Ergo Sum non a caso il nome della nostra squadra. Nome quanto mai azzeccato. Ancora più bello pronunciato al microfono nella Piazza della Basilica di Aquileia durante le premiazioni. Una corsa in coppia, ma allo stesso tempo una gara per sè stessi. Una maratona, ma solo sulla carta. Un'esperienza nuova, diversa, stimolante. E' questo l'insieme di opportunità che la corsa regala. Sono sempre gli stessi i passi che si fanno uno dopo l'altro, ma cambia il colore dell'orizzonte. E questa volta era giallo come il sole.

Staffetta alla Unesco Cities Marathon.

La prima immagine che mi viene in mente se ripenso al nostro viaggio tra Cividale-Palmanova-Aquileia è il momento del cambio-staffetta. Un attimo. Ma l'unico vero istante che abbiamo condiviso fino in fondo. La bianca e grande piazza al centro di Palmanova è attraversata da una lingua di transenne su cui si affacciano gli spettatori. Chiara, nel suo nuovo completo giallo-corro-ergo-sum, è la prima donna-staffettista ad entrare dalla parte opposta della piazza. Davanti solo venti uomini. Il vento fresco del mattino di Cividale è solo un ricordo di ventisei chilometri prima. Il sole si riflette sul sudore che le riempie le guance. Si avvicina. Mi riconosce davanti al gruppo di cambio col fiatone che non la lascia parlare. Allunga la mano per passarmi il chip-testimone. Il sole ci guarda dall'alto. E non appena ci separiamo dopo il bacio-portafortuna smette di scaldarla per seguire me. Mi giro e corro, dopo aver visto la sua fatica per essere arrivata fino a lì. E questo è il segreto della staffetta.

Nell'attesa del cambio avevo studiato la gara. Passate le prime irraggiungibili coppie di uomini (uomo-uomo), sono partite le prima donne (uomo-donna). I nostri veri avversari. La nostra squadra è stata una delle poche, se non forse l'unica, a correre la prima frazione più lunga al femminile e la seconda più corta al maschile. Non tanto per strategia, ma quanto per necessità. Chiara sta preparando la sua nuova maratona e avrebbe dovuto correre un lungo come allenamento. Io sto ritornando dall'infortunio e sto lavorando sul corto. Quindi è stato semplice decidere come suddividerci i quarantadue chilometri totali della maratona. 25,9 Km per lei da Cividale a Palmanova, 16,3 Km per me da Palmanova ad Aquileia. E il cambio-a-sorpresa per i nostri diretti avversari. Dopo 1h 50' davanti avevamo solo tre coppie-miste, col vantaggio però per noi di sapere chi fossero loro, me non il contrario. La prima donna l'ho recuperata prima del ventisettesimo chilometro (il mio primo, nda), appena fuori le mura. Adrenalina, gambe fresche e voglia di fare subito bene sono state le compagne per i primi mille metri. Peccato mi abbiano abbandonato quasi subito.

La cosa più difficile per il secondo staffettista è l'assenza di riferimenti. Partire da soli senza sapere chi sono ritmicamente i runners che ti precedono, non è abitudine. In più, a complicare ulteriormente le cose, cinque minuti prima dell'arrivo di Chiara, sempre da Palmanova era partita la Iulia Augusta Run, gara singola sulla mia stessa distanza. Qualche centinaio di podisti da superare prima dell'arrivo. Più i maratoneti sotto le tre ore. E tra questi, mimetizzati, i nostri avversari. Non ho fatto molto caso a chi stessi superando inizialmente. La strada da Palmanova ad Aquileia è una lunga e dritta statale alberata. Mi sono piazzato sulla mezzeria ed ho pensato solo a correre. L'unica attenzione l'ho avuta nel cercare di riconoscere la divisa nera della seconda staffettista e quella nera-bianca della prima. E non ci è voluto molto nemmeno per recuperare la seconda posizione, saldamente nostra già dopo due chilometri. Non mi è restato che pensare a correre. Costante e senza perdere inutili energie. Ed il sole ha continuato a farmi compagnia. Alto, caldo, proprio davanti a noi. Correre in pausa pranzo pensavo avrebbe dato maggiori benefici nella sopportazione del caldo. Ma partire alle 11:20 del mattino per una gara non è minimamente paragonabile ad un allenamento. Sul percorso il pubblico non è stato molto, ma in corrispondenza di rotonde ed incroci dei pochi paesi sfiorati c'è sempre stato qualche piccolo anche se timido incitamento. Il mio ritmo è stato costante, andando lentamente calando nella seconda parte. Speravo di poter ripetere la performance di Parabiago allungandola di qualche chilometro, ma l'amico-sole ha scosso la testa quando gliel'ho proposto. La cosa che mi ha dato più fiducia è stato non essere superato da nessuno. Almeno fino al decimo chilometro (39' 08"), unico momento in cui un altro runner mi si è accodato, proprio dopo il passaggio nel centro di Cervignano. Non so se provenisse dalle retrovie o se si fosse attaccato nel momento in cui l'ho superato. Qualche centinaio di metri insieme e poi ho provato a scrollarmelo dalla schiena aumentando leggermente il ritmo. E sono rimasto nuovamente solo. Della donna della coppia in prima posizione però nessuna traccia. E soprattutto la fatica ha cominciato ad uscire più forte. Ho smesso di controllare il cronometro ad ogni intermedio ed ho pensato solo a correre. Ristori e spugnaggi sono diventati fondamentali per rinfrescare gola secca e testa bollente. Una doccia ristoratrice ogni due chilometri e mezzo. La cosa folle è stata invece l'influenza psicologica del chilometraggio della maratona per la testa. Nonostante avessi ventisei chilometri in meno nelle gambe leggere 37 Km sui cartelli del percorso ha aumentato la fatica. O forse è stata solo l'influenza del sole. Come il miraggio dell'arrivo sul lungo rettilineo che immette in Aquileia. Sembrava di essere tanti forrest gump sulle lunghe calde strade dritte dell'Arizona. Il gonfiabile del quarantesimo chilometro davanti che sembrava non avvicinarsi mai. E invece piano piano è arrivato. Mi è sembrato quasi di aumentare il ritmo, ma in realtà era solo la fatica a crescere. A riportarmi sulla terraferma ci hanno pensato i resti del foro romano poco fuori città. Un piccolo assaggio di storia appena prima dell'arrivo. Nell'ultimo chilometro il pubblico lungo la strada è andato sempre più crescendo. Sembrava che le gambe avessero ripreso il ritmo di inizio gara. Sembrava. Poi l'unica vera curva di tutto il percorso ci ha immesso nella piazza della Basilica di Santa Maria Assunta di Aquileia. Solo un centinaio di metri stretto tra le due ali di pubblico. Davanti l'arco dell'arrivo. Dietro, alta, la Basilica. Il cronometro di gara si è fermato a 2h 54" 58", 1h 04' 41" per me.

Ho aspettato che Chiara arrivasse da Palmanova per cercare conferma del nostro risultato. Conferma che è arrivata quando dal palco delle premiazioni hanno chiamato Corro Ergo Sum al 2° posto di Categoria della Staffetta mista (11° posto in classifica generale). Un podio più suo che mio. A me purtroppo son mancati due minuti nelle gambe, anche se siamo ancora solo all'inizio di quest'annata. Ci siamo divertiti. Anche se in maniera diversa abbiamo corso ancora insieme. Un'esperienza da provare con posti (per me) nuovi e paesaggi e storie da assaporare. E poi da ieri ho anche scoperto di avere un nuovo amico in più. Un amico per la pelle.