Sognando la Milano Salomon City Trail
Aspettare una gara per un anno intero e non poterla correre. Ma non basta per farsi male. Bisogna anche scoprire tutto quello che si è perso. Non sono riuscito a resistere alla tentazione di respirare l'aria di corsa, di evento, di festa della Milano Salomon City Trail. Anche solo essere presente al di là delle transenne e immortalare i momenti più belli, scambiare quattro chiacchiere con amici e organizzatori in attesa di partenza e arrivo, soffrire di invidia per tutti quelli che hanno un pettorale spillato sulla propria canottiera, è meglio che far finta che tutto non succeda. Sento di avere bisogno di sfogare la voglia di corsa. La voglia di sentirsi parte del nostro mondo, quello fatto di svolazzini e scarpe ultraleggere. Ed esserci forse lenisce un po' l'attesa. Aiuta a rendere il muro su cui sbattere la testa un po' più morbido. Anche perchè so che c'è sempre qualcuno che corre anche per me. Di podio in podio.
Da quello che ho potuto vedere, dai commenti entusiasti sentiti nel dopo-gara, dai tanti articoli letti nelle ultime ore, la scelta e la voglia di preparare questa gara sarebbero (e sono) stati giustificati. Una corsa diversa, meno tradizionale. Non una semplice corsa su strada, ma un trail cittadino, faticoso, ma con anche passaggi suggestivi e inediti nelle zone più belle e nuove di Milano. E non solo per-strada, ma assaporando luoghi che rendono la città unica e nuova. L'ormai consolidata Piazza Gae Aulenti con i suoi grattacieli, l'intramontabile Parco Sempione polmone di Milano, il nuovo quartiere del Portello con la salita dei soli venti pian sul grattacielo Isozaki e il suggestivo passaggio sulle colline a spirale, la scalata del Monte Stella la montagnetta meneghina, l'attraversamento della balconata della Fiera City e la partenza-arrivo sull'erba verde dell'Arena Civica. Un percorso da sogno e che tale per me è rimasto. Ho potuto e posso solo immaginare cosa sia stato, cercando dettagli e scorci nei racconti di chi l'ha vissuta. Non una critica, non una faccia delusa. Chissà in quanti hanno scoperto quello che io continuo a sostenere da tempo. Milano è bella ed è fatta per essere corsa. Milano potrebbe essere la capitale del running italiano se solo le venisse permesso di esserlo.
E' stato bello vedere sfilare tanti amici sotto il gonfiabile dell'arrivo, sentirne i nomi declamati al microfono, vederli salire sul palco delle premiazioni. Chiara mi ha regalato un nuovo podio, arrivando seconda alle spalle dell'amica Simona (già vincitrice nell'edizione del 2014, nda). Bello vederle insieme, sorridenti, compagne più che avversarie, abbracciate per le canoniche foto dopo l'arrivo e sui gradini del podio. E tutto questo non ha fatto altro che farmi convincere ancora di più che il prossimo anno dovrò esserci anch'io. Alla partenza e all'arrivo. Con in mezzo tutto quel viaggio che per questa volta ho potuto ancora una volta solo sognare.
La gamba nel frattempo sembra migliorare. La lesione e il dolore non sono ancora passati del tutto, ma già riuscire a camminare senza sentire fastidio e zoppicare è un buon passo avanti. Vedremo tra sette giorni cosa sarà. Allora mancheranno sette settimane a Valencia. Poco o tanto lo vedremo strada facendo. Da oggi ho iniziato almeno a rimettermi in moto. In acqua. Cinquanta vasche per riprendere fiato e far scorrere il sangue nelle vene un po' più veloce. E più nuoto più capisco che la mia strada è sull'asfalto. Il problema sarà correre poi senza farsi influenzare dalla testa. Correre veloce e senza bruciare le tappe. Correre ancora sognando l'impossibile.