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In sella ad una slitta

Mi arrangio come posso. Con le giornate che questo dicembre sta offrendo non correre in pausa pranzo è quasi una tragedia. Uscirei in maglietta e pantaloncini tutti i giorni se potessi. E invece anche questa sera mi sono ritrovato rinchiuso in una taverna in sella alla bici di spinning. La gamba in questi giorni non ha mai dato fastidio. Anzi a dire il vero, ancora oggi, è stato il flessore della coscia a farmi ancora un po' male. Ma è bastata qualche pedalata per scaldare il muscolo e non sentirlo più. Vedremo a freddo come si comporterà. Magari era solo un problema di affaticamento. In questio giorni di fermo ho scoperto che non sono l'unico costretto ai box. Il tempo delle gare è ormai finito e tanti, come me, raccolgono i cocci. Mal comune mezzo gaudio potremmo dire. O l'unione fa la forza. Ma quello che conta sarà ritrovarsi dietro al nastro di partenza quando sarà il momento. Con tutti i pezzi al loro posto.

Leggo e osservo nel web quando posso. Ho notato che le ambizioni e gli obiettivi di ogni runner sono diversi l'uno dall'altro. C'è l'integralista che ama solo correre, in qualsiasi condizione, modo, tempo. Gli basta mettere le scarpe ed uscire. C'è l'altruista, il buon samaritano, che ama farlo solo per gli altri, che siano amici più deboli da trascinare o raccolte fondi da affrontare. C'è quello a cui interessa solo il cronometro, l'agonista. La corsa è scandita dai secondi che passano. Ci sono i collezionisiti, quelli che contano le maratone dell'anno aggiungendole a manciate. C'è l'infortunato, che non riesce mai a correre perchè il fisico non regge. O non ha mai retto. C'è anche il triatleta, che non si accontenta solo della corsa. Chissà se per correre ai ripari da risultati o se per vera vocazione. Dai sentieri arriva poi il trailer, che ha scoperto nuovi mondi, come Alice oltre lo specchio. E l'ultramaratoneta, quello che non si fermerà mai al prossimo chilometro, ma a quello successivo, a costo d'arrivarci strisciando. Potrei andare avanti all'infinito credo. Ci pensavo e sorridevo tra una pedalata e l'altra, man mano che i dolori a glutei, spalle e mani, aumentavano piano piano durante i 30 Km. Ci pensavo e mi immaginavo, mi impersonificavo in ognuno di queste figure. Ognuna con un suo costume, il suo vezzo, la sua peculiarità. Ma con una sola cosa in comune, la corsa. Quello che mi manca in questo momento. 50' su una bici non possono sostituire la mia corsa lungo il Naviglio. Per me rimangono solo il tramite per ritornarci. E non senza fatica. Anche oggi gli ultimi quindici minuti sono stati di sofferenza, non tanto per la stanchezza, quanto per la disabitudine a mantenre la posizione su sella e manubrio. Ma un esercizio di resistenza mentale al dolore (forse meglio chiamarlo fastidio) che servirà più avanti. Ogni giorno che passa è un giorno in meno. Come quando si aspetta il Natale.