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Marcia per la vita (Medolago)

Conoscere i percorsi ha i suoi vantaggi. E Medolago è proprio una di quelle corse di cui ormai conosco praticamente ogni metro, anche perchè alcune parti di strada si sovrappongo a quella di altre gare. Viste le tempistiche tabellari per la maratona è ormai tempo di inanellare una serie massiccia di lunghi. Peccato che il calendario pre-primaverile sia scarno di gare sopra i 21 Km, per cui ci si deve creare ad-hoc percorse e distanze desiderate. Per questo ieri mattina, come già successo a Verdello a gennaio, insieme a mia mamma (che sta seguendo la mia stessa tabella pro-maratona) alle 7.00 già eravamo in pista. Prima un giro da 7 Km per scaldarci e poi il giro lungo da 20 Km insieme al resto del gruppo, per un totale di 27 Km. Abbastanza normale, non fosse che Medolago è conosciuta come una delle corse più pesante del circuito di zona, con le sue continue salite-discese lungo la riva dell'Adda muovendosi verso Trezzo dal lato ovest, ovvero quello non-ciclabile.

Il primo giro da sette chilometri è stato l'unione della prima e dell'ultima parte del percorso da venti, inframezzato da una lunga salita. Avrei dovuto controllare il ritmo di corsa, ma data l'irregolarità di percorrenza sarebbe stata una cosa impossibile. Comunque essendo fresco e senza troppo forzare in circa 30' ero già di ritorno. Poi è stata la volta del giro più lungo. A differenza dall'idea di molti altri personalmente la corsa di Medolago piace molto. Non sono molti i fondali paesaggistici caratteristici lungo i quali correre nella pianura padana e nella Martesana in particolare e l'Adda, proprio in quel tratto, crea un ambiente diverso dagli altri. Il sentiero che si sonda lungo il bosco che risale la sponda del fiume scende a volte fino a sfiorare l'acqua a pochi centimetri e non ha nulla a che vedere con quello ciclabile dalla parte opposta. Irregolare, pieno di radici, salite ripide e discese ghiaiose. Non è certo uno dei più sicuri in termini di infortuni, ma certo non lascia indifferenti. Ormai conosco tutti i passaggi e i paesaggi che si alternano ogni due-tre chilometri: dalla pianura erbosa alla parte rocciosa, dai sali-scendi alle acque sorgive, per poi risalire tutto il fianco che porta al fiume e ritrovarsi sull'asfalto tra le case e riotnare verso l'arrivo passando tra case e campagna. Ed è questo ultimo passaggio che segna in maniera profonda fisico e gambe. La prima parte di gara, nonostante la difficoltà del percorso, la si affronta ancora freschi al pieno delle energie. Comunque la morbidezza del terreno aiuta le giunture a soffrire meno del dovuto. Ma la risalita verso Capriate, l'asfalto, il continuo ridiscendere e risalire tra campagna e città a ritmo decisamente più alto segnano poi i muscoli. Ed è lì dove ho sofferto maggiormente. Dopo il ventesimo-chilometro-totale ho cominciato ad avere un principio di crampi non più ai soliti gemelli (cosa dovuta alle salite) ma al retro coscia, proprio per l'affaticamento. Ho stretto i denti e ripetuto come sempre faccio in quesi casi che tutta la sofferenza in più durante la preparazione è sofferenza in meno durante la maratona. E non è cosa di poco conto! Dando comunque attenzione ai segnali delle gambe onde evitare e prevenire eventuali infortuni, con ritmo abbastanza costante mi sono ritrovato sulla parte finale percorsa solo qualche ora prima nel giro da sette. Non sembra, ma il solo fatto di ricordare bene curve e distanze tra i riferimenti ha aiutato notevolmente il finale, chiuso poi in 2h 26' 10". Basta confrontare il tempo con i 26 Km di Verdello per vedere quanta sia stata maggiore la difficoltà del percorso.