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Controvento

Come se non bastassero già gli acciacchi fisici degli ultimi tempi, a mettermi alla prova questa volta ci ha pensato il tempo. Non quello del cronometro. Giornata bellissima, ideale guardandola dietro il riparo di un vetro. Cielo azzurro e sole caldo. Ma in strada è stata più una battaglia che un divertimento. Raffiche di vento freddo e tagliente che hanno trasformato la ciclabile del Naviglio in una lunga e insidiosa salita.

E' stato proprio questa la percezione che ho avuto in più di un'occasione, quella di correre in salita. Fatica nelle cosce, con i quadricipiti carichi di acido lattico per spingere controvento. Quello che doveva essere un medio veloce, in progressione, si è trasformato in un gran premio della montagna, che ha spostato l'obiettivo finale in un lavoro muscolare piuttosto che cardio. Lo avevo immaginato appena uscito di casa, vedendo foglie e rami spostarsi da ovest verso est. La conferma l'ho avuta non appena giunto lungo l'alzaia. L'acqua piatta e liscia del Naviglio increspata di piccole onde che risalivano la corrente invece che seguirla. E quando è così, so già che il ritorno verso casa sarà un lungo e faticoso viaggio.

Avrei dovuto correre due tratti veloce in leggera progressione. Prima 7 Km d'andata a 4' 00", per poi ritornare verso casa leggermente più veloce, con altrettanti 7 Km a 3' 55". Ritmi per abituare il cuore a ciò che sarà, in versione più lunga in maratona tra tre mesi. Nonostante il clima ostile, scendendo lungo la ciclabile verso Cassano, ho pensato che ci avrei comunque provato. Sapevo di avere il vento alle spalle. E' facile riconoscere quando l'aria arriva da dietro. Si fa un po' più fatica a rallentare (soprattutto quando si fanno allenamenti a ritmo sostenuto), ma soprattutto non si sente aria in faccia e il suo rumore presente nelle orecchie. Ho avuto caldo per gran parte della prima parte, col sudore che senza cappellino né occhiali da sole ha iniziato a colarmi sugli occhi facendoli bruciare. Brutto segno in vista del ritorno. Sono stato qualche secondo sotto il ritmo medio previsto, ma consapevole dell'aiuto esterno dato dal vento. Chi ho incontrato camminando o trotterellando piano piano lungo la ciclabile mi è sembrato non accorgersene. Certo, una giornata dai colori primaverili (solo il vento freddo ha stonato un po') ha invogliato chiunque ad uscire di casa.

La prima avvisaglia di ciò che sarebbe stata la seconda parte di allenamento l'ho avuta non appena ho svoltato al giro di boa. Ultimo chilometro più lento, il nono dei 16 Km totali. Solo qualche secondo più piano rispetto agli altri, ma solo per essere ancora un po' fresco fisicamente e il leggero riparo di qualche casa prima di ritornare verso i tratti di aperta campagna. Poi è iniziata la battaglia. Il passo che sarebbe dovuto scendere di cinque secondi è invece aumentato di una decina. Il sudore sul viso si è asciugato in un attimo, mentre le raffiche di aria fredda hanno cominciato a fischiare nelle orecchie. La spinta leggera e la corsa facile della prima parte di allenamento sono diventati solo un ricordo. Mi sono piegato leggermente più in avanti per spingere con maggior forza, ma il ritmo è inevitabilmente sceso invece di salire. Il tratto ondulato dei seguenti chilometri non mi ha certo aiutato. Le raffiche di vento sono state irregolari, con alcuni attimi di gran carico. Come correre con un copertone da trascinare o lungo le salite collinari della vicina Brianza. Mi è sembrato di ritornare alla Bavisela di qualche anno fa, quando la Bora aveva reso la corsa in discesa verso Trieste, una gara nella gara. Ho sentito i quadricipiti carichi, caldi, in contrasto con l'aria fredda che provava a spingermi indietro. Nei rari momenti di calma, poche decine di secondi soprattutto passando tra le case di Inzago, mi è sembrato quasi di volare, come se qualcuno mi avesse tirato per la maglia da dietro fino a quel momento e improvvisamente mi avesse lasciato andare. Ma la libertà è durata sempre troppo poco.

La fatica è aumentata con il passare dei chilometri, anche se guardando il cardio il cuore invece di aumentare i battiti, come avrebbe dovuto se tutto fosse andato come da programma, è rimasto abbastanza regolare, con una media di 165 bpm. Valore che rispecchia perfettamente le mie sensazioni. Anche il polpaccio malandato ha subìto meno la corsa, lasciando la maggior parte della fatica alle cosce. L'alleggerirsi dei chilometri ha fatto poi il resto. Un allenamento che si è trasformato in qualcosa di diverso dal previsto, ma quando si corre gli imprevisti possono sempre capitare. L'importante è non fermarsi. La strada verso la Milano Marathon è ancora lunga. Tra l'altro l'allenamento di ieri è stato anche la mia prima tappa del torneo virtuale organizzato su Linkedin dal gruppo Runners & Bikers. Una gara endurance della durata di un mese in cui sfidare altri partecipanti sfruttando l'allenamento di tutti i giorni. Un modo per trovare ancora nuovi stimoli, se già non ce ne fossero a sufficienza, e per provare a preparare ancora al meglio questa prima parte di stagione. Visto che ci piace, tanto vale correre.