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Piove sul bagnato

Tante volte si pensa che basta rallentare per potersi permettere tutto. Ma la realtà è diversa da quello che si può immaginare. Almeno se si prova a farlo con cognizione di causa e non improvvisando. In questi giorni di incertezza, sto pensando a diverse possibilità, a diverse tattiche, a diverse vie di fuga e ogni strada sembra sempre più difficile da prendere. Per scegliere di cambiare ci vuole coraggio.

Coraggio qualsiasi sia la scelta fatta. Ci vuole coraggio a dire questa volta non corro. Come ci vuole coraggio anche a fermarsi strada facendo, prima dell'arrivo. Ci vuole coraggio anche a cambiare i programmi in corsa. Ci vuole coraggio per osare. Coraggio o incoscienza. Sarà poi il risultato finale a dire cosa sia stata. Per quanto mi riguarda non so ancora cosa farò. Gli interrogativi aumentano giorno dopo giorno, di tentativo in tentativo. Sempre nuovi ostacoli e idee che cambiano velocemente.

Oggi sarebbe dovuto essere giorno di lunghissimo, l'ultimo, di trentotto chilometri. Ma dopo la settimana di stop forzato post-Parma Marathon, il Prof. Massini ha deciso di cambiarmi i programmi e di alleggerirli, sperando che potesse aiutare la gamba ad arrivare comunque all'arrivo della Firenze Marathon. La distanza odierna si è ridotta quasi della metà e la velocità di corsa è drasticamente diminuita. Ma invece di darmi più fiducia la cosa mi ha confuso ancora di più.

Dopo l'allenamento di giovedì la gamba ha ricominciato a farmi male, anche se oggi in maniera minore. E già questo è un bell'interrogativo. Ha senso correre una maratona con un (o più) muscoli non in condizione? Oltretutto senza neanche minimamente pensare di provare a raggiungere un vero obiettivo cronometrico. Non mi piace arrivare agli appuntamenti clou senza la possibilità di poter lottare al cento-per-cento. Sono fatto così. Per me la corsa è sempre stato un piacere, ma anche agonismo. Soprattutto verso me stesso. Un conto è allenarsi durante qualche manifestazione a ritmi minori per un obiettivo prefissato, un altro è correre più piano quando invece si dovrebbe dare anima e corpo.

Ma a questo si aggiunge il fatto di rischiare un infortunio. Cosa che non voglio neanche minimamente prendere in considerazione. Proprio per questo sto cercando di capire come la gamba sta reagendo in questi ultimi giorni. Se il fastidio è solo affaticamento da assorbire o se c'è qualcosa di più profondo. In ogni caso i 20 Km di oggi li ho portati a casa senza difficoltà. E questo contribuisce ulteriormente a creare ancora più confusione.

Giornata di pioggia e di corsa solitaria. Con Chiara ci siamo alternati lungo il Naviglio rimanendo a turno a casa con Tommaso. Ci fosse stato bel tempo magari avremmo potuto optare per una corsa con il Thule Glide (a proposito, ne parlerò sul prossimo numero di Runner's World di dicembre). Ma in giornate uggiose e incerte come quella di oggi non mi è sembrato il caso. E' stato comunque bello trovare tanta gente di corsa lungo l'azaia. La pioggia non è stata tantissima, fastidiosa solo in alcuni brevi tratti dove è scesa più copiosa, ma sono bastate due magliette e i pantalonicini per non avere freddo. Se a Firenze fosse così sarebbe la giornata perfetta. Ritmo da lento a 4' 30" fin dai primi chilometri. La gamba si è fatta sentire, ma il fastidio non si è mai trasformato in dolore, diminuendo rispetto a tre giorni fa. E questo è fatto positivo. Il cardio si sta ristabilizzando e dai 136 bpm di inizio allenamento si alzato solo di poco fino ai 150 bpm di fine corsa. Non è stato difficile mantenere il ritmo. La fatica è stata decisamente poca, parlando di fiato. Il problema è un altro. Le gambe.

Diminuendo la velocità di corsa, è cambiata anche la sua meccanica. La postura. Il passo. L'appoggio. E di conseguenza anche i muscoli che lavorano. Me ne sono accorto ancora prima di finire l'allenamento, con i quadricipiti che hanno iniziato a farmi male già durante il tratto di ritorno da Groppello. Cosa che durante tutta la preparazione non era mai successa, nemmeno lungo le salite del Salomon Running Milano, né tantomeno nei trenta chilometri di Parma. Essendo abituato ad una velocità maggiore dove il vero lavoro è fatto dai polpacci (ci sarà un motivo se ne soffro), con una postura più dritta, un passo più corto e ridistribuendo il carico anche alle cosce, la fatica è immediatamente aumentata. Questo è l'ennesimo interrigativo dopo l'allenamento di oggi. Ha senso correre una maratona andando a sovraccaricare muscoli che fino ad ora hanno lavorato in maniera diversa rispetto agli altri? Anche perchè avevo immaginato di poter provare a partire piano per metà gara e accelerare nella seconda parte. Ma la condizione del polpaccio non mi sta dando tranquillità, sentendo dolore crescente con l'aumentare della spinta. Quello che spero è che il tempo sia in grado di darmi le risposte che cerco. Per fare almeno una volta la scelta più giusta. Ma di solito, un po' come oggi, piove sempre sul bagnato.