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London, running the city

Quando Londra chiama è difficile rinunciare ad una corsa. Trovare l'attimo giusto e viverla in una maniera diversa. Ricercare tutto quello che è possibile visitare nel tempo a disposizione. Iniziare a scrutarlo da lontano e lasciarselo poi subito alle spalle come un ricordo. E scoprire che ogni prospettiva cambia in base al momento.

London, running the cityAvrei voluto avere più tempo, come ogni volta. Ma il bello è riuscire a concentrare tutto in quanto si ha a disposizione. L'occasione questa volta me l'ha regalata Reebok, per il lancio europeo delle nuove Nano 7, scarpe per il CrossFit. Ventiquattro ore di immersione in un mondo a me quasi sconosciuto, ma che non ha molto di diverso dal running. Voglia, passione, divertimento. Ad ognuno il suo. L'importante è sempre farlo per piacere. Farlo per sè stessi. Mi sono lasciato coinvolgere ed ho provato qualcosa di diverso, con l'ingenuità di chi inizia a correre e guarda chi, di chilometri, ne macina tutti i giorni. Per fortuna non ho avuto la pretesa di voler già essere uno di loro. Ma solo di guardare, imparare e poi provare. E pensare a come potrebbe essere parte della vita di un runner.

Ma ho poi dovuto sfogare anche la voglia di correre. Ho preso Google Map e ho guardato Londra dall'alto, cercando tutto quello che ci fosse attorno all'albergo. Questa volta un po' più centrale e fortunatamente sempre in una zona diversa della città. Ho studiato il tempo a disposizione e i chilometri da fare. E mi sono immaginato immerso nel freddo mattutino londinese coperto da capo a piedi. Alle 6:30 sono uscito per strada, guardandomi attorno mentre il GPS cercava il segnale tra i palazzi che si affacciano sul Tamigi da sud. Credevo di incrociare l'alba e mi sono stupito di essere ancora immerso nella notte. Poche macchine per strada e solo qualche impiegato sfortunato diretto verso la fermata dei bus con giornale e caffè caldo tra le mani, come in una piccola New York.

La Queen's Walk, la camminata lungo il Tamigi, terra di runners. Tanti. Mi sono fermato un attimo prima di iniziare a correre. Come se quel particolare momento della giornata, non ancora iniziata, fosse dedicata a loro. Tanti, come me, ricoperti da pantaloni lunghi guanti e cappello, ma anche tanti in pantaloncini corti e zainetto. Diretti ognuno verso il proprio ufficio. Un sogno che prima o poi si realizzerà anche in altri mondi.

Ho preso la mia strada in direzione London Eye. Difficile perdersi vedendolo da tutt'intorno innalzarsi sopra a case e palazzi. Da lontano ho visto avvicinarsi il Big Ben e Westminster, scorgendo ad ogni passo qualche particolare in più. Senza la calca dei visitatori del giorno, senza la noia di code e caos. Anche l'attraversamento delle strade è stato più semplice del previsto, con la confusione di doversi ricordare l'ordine delle cose invertite da destra a sinistra. A sola memoria, ho scelto le strade da inseguire, slalomando tra i portieri degli alberghi che pulivano i marciapiedi e i negozianti a sistemare le vetrine illuminate ma ancora chiuse. Sarei voluto arrivare ad Hyde Park, circumnavigarlo e ritornare indietro, ma il tempo è stato tiranno. All'altezza dei giardini di Buckingham Palace ho svoltato correndo in solitaria, verso il Palace e il Victoria Memorial, l'ultimo chilometro della London Marathon. Lo avevo visto solo in tv. Poco traffico, ma anche poca luce. Con i lampioni decisamente deboli e i parchi totalmente al buio. Ho girato attorno al St Jame's Park, senza attraversarlo, nel silenzio scuro di una notte non ancora finita. I potenti fari lanciati sui monumenti hanno ricreato una strana atmosfera, come nei migliori film di Jack lo squartatore. I chilometri intanto sono passati e ho ripreso la strada del ritorno ripercorrendola al contrario.

Non ho fatto caso al tempo, al passo, a fastidi e dolori, rapito dal fotografare con gli occhi quello che mi stavo lasciando alle spalle. Sono state le folate del vento gelido dell'artico a risvegliarmi ed a farmi vedere l'alba sorgere dalla parte opposta della città, accompagnata dal suono del Big Ben e dalle auto che si sono riversate piano piano lungo le strade. Il London Eye mi ha fatto da stella polare, richiamandomi verso la colazione che mi stava aspettando. Avrei voluto continuare per tutta la mattinata, scegliendo strade diverse, direzioni improvvise, guardando i colori della città cambiare col sole sempre più alto e il cielo azzurro spazzato dal vento. Un appuntamento solo rimandato alla prossima chiamata.