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L’impresa di rincorrere la normalità

L’avventura, l’estremo, l’impresa attraggono sempre tutti. Si rimane a bocca aperta nel leggere i racconti di chi ha sfidato l’impossibile, guardando le immagini incredibili di chi ha corso in posti irraggiungibili, sognando magari un giorno di essere al loro posto. Ma raramente si pensa alla propria impresa, quella di essere ogni volta ancora in strada con le scarpe strette ai piedi.

Maratone o addirittura ultramaratone corse affrontando il caldo assassino dei deserti o attraversando le catene montuose più pericolose e alte al mondo. Avventure in solitaria, senza assistenza alcuna, sfidando il proprio corpo e la resistenza della propria mente. Gare al limite della sopravvivenza, in condizioni climatiche improponibili, dal freddo glaciale dell’artico alle più impervie foreste pluviali. Ammirazione incondizionata verso questi eroi che non hanno paura di nulla, a cui piace dimostrare che il limite umano è solo la proiezione delle proprie paure.

Eppure per noi la corsa forse è qualcosa di più. Non è solo essere sempre il migliore. E’ qualcosa di più introspettivo, di rivolto a sé stessi. E’ quell’alzata alle cinque del mattino, in inverno, mentre fuori è ancora tutto ghiacciato, per una seduta di ripetute prima di tornare a casa, svegliare i propri figli, preparare la colazione e correre in ufficio per tutto il giorno. E’ provare a superare il proprio limite, limitatamente a quei dieci secondi di un personal best che per molti altri è solo un correre lentamente. E’ avere il coraggio di rimettersi in gioco ogni volta, imparando dai propri errori, trovando quelle motivazioni che ti permettono di non cedere sotto il peso crescente degli impegni o delle scuse di comodo. 

Correre è quello che ci rende semplicemente speciali. Diversi. Eppure tutti uguali. Le imprese eroiche servono (solo) a dare benzina a nostri sogni, a trovare quella voglia per non fermarsi davanti agli ostacoli. Me ne accorgo oggi, che faccio fatica anche solo a scrivere. Aggrappato con le unghie ancora a quella folle risalita per trovare il piano e una lunga corsa che non vuole finire mai. Non sogno un’ultramaratona dal deserto al polo nord, come non sogno di tagliare il traguardo a braccia alzate battendo il record del mondo di chilometri percorsi correndo all’indietro. Sogno solo di farlo. Correre. Piano. Forte. Immerso nel freddo della pianura padana come se mi trovassi nell’artico o sudato lungo l’alzaia del Naviglio a mezzogiorno come attraversando la savana. Ma anche solo e disperso nei miei pensieri, con la sola voglia di riprovarci domani per un passo più in là. E’ la normalità forse la sfida più difficile. Ritrovarla dopo averla persa e rincorsa per troppo tempo.