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Una cornamusa sull'asfaldo

Credevo di aver raggiunto il massimo dopo la MoMot, ma ho scoperto che volendo sarebbe potuta andare molto peggio. Climaticamente parlando. Le gambe dopotutto con un giorno di riposo si sono riprese bene, ma non sono bastate tre ore sotto il sole cocente per abituarmi invece al caldo. Cresciuto. Ho approfittato della trasferta bolognese per il medio-lento che avevo in programma, ma non avevo previsto di dover affrontare un’arsura ben peggiore a quanto raggiunto fino ad oggi. Il termometro del taxi che mi aveva accompagnato in albergo poco prima diceva 36°C. Ma percettivamente la situazione è andata ben oltre.

Uscito sul piazzale della partenza ho pensato per un attimo di essere entrato in una sauna. Come se mi avessero chiuso in faccia una porta immaginaria. Ho trattenuto il respiro per un attimo e poi sono partito. Ho subito pensato solo ed esclusivamente a correre per rilassare le gambe senza cercare ritmi o ad altro. Anche perché pensare anche solo lontanamente di poter fare qualcosa di più mi è sembrato impossibile. Mi sono ritornati in mente i giorni d’agosto della scorsa estate appena ritornato dalle vacanze, quando il programma pro-Carpi per la maratona prevedeva lunghi e ripetute. Un incubo. In ogni caso ho pensato che imparare a convivere col caldo, almeno negli allenamenti meno qualificanti, possa essere un buon allenamento in vista di giornate più fresche. Un po’ come la salita.

Avevo studiato in maniera rapida la mappa attorno all’albergo per capire le direzioni da prendere. Grossolanamente. Strada facendo avrei poi improvvisato i 12 Km in previsione. Dopo neanche un chilometro ho quasi subito pensato di ritornare verso l’albergo pensando che il caldo mi stesse dando alla testa. Lungo il viale periferico in mezzo alle aziende appena fuori Bologna ho sentito in lontananza un suono di cornamusa. Nitido. Ho alzato lo sguardo e poco avanti ho intravisto un uomo intento a suonarla di fianco ad una Panda verde. Così, con fare naturale, come se fosse la cosa più normale che si potesse fare. Ho un attimo strabuzzato gli occhi e passandolo ho alzato la mano in segno di saluto. E io che pensavo di aver già visto di tutto sul Naviglio.

Ho cercato di evitare le vie più trafficate finché ho potuto. Le due alternative era seguire o per il comune di Granarolo o per quello di Villanova. Senza pensarci la scelta è caduta sul secondo. Poco dopo la metà dell’andata la strada è diventata a doppia carreggiata, nuova, ma non troppo trafficata nonostante l’orario. Ma la cosa buona è stata avere un marciapiede-ciclabile larghissimo a disposizione per tutti i chilometri restanti. Non fosse stato per la calura riflessa dall’asfalto potrei dire un buon percorso. Ma il peso del caldo è stato enorme. Caldo in faccia, caldo dai piedi. Canotta e svolazzini si sono inzuppati nel giro di qualche minuto. Le gambe però hanno girato. Nessun dolore, nessun fastidio, poco l’affaticamento. E considerando il caldo, anche un buon ritmo, soprattutto perché in leggera crescita.

Il ritorno è stato semplice, ripercorrendo all’indietro il tratto di andata, come mi capita di fare spesso, soprattutto nei posti che ancora non conosco. 54’ 14" totali e altri litri di sudore abbandonati sull’asfaldo, l’asfalto-caldo-e-molle. Se davvero questo week-end sarà più fresco, son curioso di vedere come reagiranno le gambe. Ma prima ancora un po’ di scarico.