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In Coppia Verso il Cielo (Aviatico)

Abbiamo provato il caldo e l'afa estivi. Ed ora anche il freddo e la pioggia. Non saprei dire cosa sia meglio. Dal punto di vista fisico sicuramente il secondo, anche se correre e salire sempre più in alto fanno congelare piano piano mani e piedi. Ma dal punto paesaggistico non c'è paragone. Correre col sole, con i colori della tarda primavera e di inizio estate, è tutt'altro mondo. Nonostante tutto salendo verso il Monte Poieto, mi sono goduto completamente il percorso, provando anche più volte a farlo apprezzare a Chiara. Ma era troppo intenta a cercare di sopravvivere alle salite per poterne apprezzare appieno la bellezza. E poi doveva guadagnarsi un nuovo terzo posto.

Si ringraziano Podisti.net e Arturo Barbieri per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.

Anche correre in coppia ha sempre il suo fascino. Ma è incredibile come le cose cambino da una corsa all'altra. Abituati agli interminabili chilometri della MoMot, i soli 12 Km della salita da Aviatico al Monte Poieto sono sembrati un flash. Brevi. Ma intensi. Perchè come ogni corsa di minor distanza lo sforzo è si più breve ma anche più intenso. In realtà la differenza l'ha sentita Chiara. Se a Montevecchia avevo subito anche io la lunghezza del percorso, questa volta posso dire che me è stata più una passeggiata che altro. Non per sminuire il risultato o la corsa, anzi. Ma aver concentrato gli allenamenti sulle distanze brevi, essere abituato alle ripetute, avere un ritmo decisamente blando ed essere in netto recupero di forma, mi ha fatto godere della corsa. Infatti il percorso me lo sono goduto appieno. E devo dire che Emanuele (Zenucchi) e lo staff dei Runners Valseriana hanno fatto un bel lavoro.

Riscaldamento sotto una pioggia torrenziale. Meglio in corsa? Mah... forse partire già inzuppati aiuta a non pensarci troppo durante la gara. Un piccolo giro tra le vie di Aviatico per poi buttarsi lungo salite e discese nelle diverse frazioni che la circondano. La prima parte di percorso è tutta su asfalto. E sarebbe anche la parte più indicata per accumulare vantaggio. Soprattutto la lunga discesa di Ama. Strategia opposta a quella della MoMot. Ma d'altronde la corsa è completamente diversa. Ma quando si corre in due i calcoli li si deve fare in coppia. Il diesel di Chiara fatica a partire. Ma questo lo sapevamo già in partenza. E, tra salite e discese, è anche difficile riuscire a capire quale sia il reale ritmo che stiamo tenendo. Il mio tentativo è quella di tirarla il più possibile ma senza sfinirla. Cosa non semplice, anche perchè le mie gambe andrebbero naturalmente a ritmi più alti.

Passiamo un buon numero di coppie, soprattutto miste, che sono partite prima di noi. E questo aiuta la fiducia. La pioggia aumenta e diminuisce a tratti. Quando allo scoccare del quinto chilometro dico a Chiara che siamo a metà della prima parte di percorso quasi non ci crede. La disabitudine alle corse brevi. Sforzo intenso ma corto. Anche lei inizia a spingere un po' di più lungo la strada che porta verso Amora. E prende fiducia, anche se il respiro è affannato fin dalla partenza, ma qualche tornante per risalire la costa le toglie definitivamente il fiato. Rimaniamo soli e iniziamo l'ultimo tratto prima della salita vera. Da una parte la vallata di Selvino, dall'altra la montagna che ci guarda dall'alto. Tipico paesaggio delle alpi bergamsche, immerso in alti pini ed abeti. La temperatura scende poco alla volta e comincio ad avere un po' di freddo.

Il primo piccolo sparuto gruppo di pubblico lo troviamo a Ganda. La strada svolta bruscamente a sinistra e iniziamo la salita vera. Una lunga lingua di cemento che ci porta verso i prati e i campi, sfiorando un piccolo osservatorio bergamasco. La pendenza è forte e la salita impegnativa. Penso a qualche modo per aiutare Chiara che però non vuole assistenza. Testa bassa e ritmo cadenzato per salire poco alla volta. La pioggia ha quasi smesso per fortuna. Quando arriviamo sui sentieri ci accorgiamo subito che una giornata di sole sarebbe stata quanto mai perfetta. Le valli che si aprono di fronte e un fango scivolosissimo sotto i piedi. Si fatica a stare in equilibrio ed a tratti è meglio abbandonare il sentiero e correre sull'erba più alta. Uniche testimoni le mucche al pascolo. Ma i prati finiscono subito. Un piccolo tratto di sterrato roccioso in discesa quantomai pericoloso e ci ritroviamo in un angolo di Dolomiti disperse tra le montagne orobiche. Uno spettacolo. Alte pareti rocciose che si stagliano sulla costa. Un completo ed impegnativo sentiero ghiaioso da scalare a mani nude. Si scivola, ma la bellezza del posto vale il passaggio. Anzi, forse è troppo corto per quanto suggestivo. Il percorso è ben segnalato. Basta seguire le fettuccine per non perdersi in un labirinto di rocce tutte uguali. Superiamo le ultime coppie di donne che ci precedono e che ci cedono il passo.

Ecco questa è una delle piccole differenze che ho trovato con la MoMot. Lo spirito. Il clima di festa e voglia di stare insieme che ti inebria da Monza a Montevecchia. Ma quello lo creano le persone. Dentro e fuori la gara. Come mio solito ho sempre salutato le coppie che abbiamo superato (questa volta nessuna coppia di uomini lo ha fatto con noi, per cui non ho potuto farlo a ruoli scambiati, nda). A volte ho ricevuto un sorriso o un saluto, a volte no. E così è stato fin quasi alla fine della gara quando, superando nell'ultimo piccolo tratto di bosco prima dell'arrivo, due coppie di donne ci hanno rallentato. Provando a superarle, invece di cederci il passo, fanno di tutto per ostacolarci, lamentandosi del fatto che vogliamo passare. Parlano di spirito di corsa, di divertimento. E ribadiscono che anche loro stanno gareggiando. Evito di controbattere e passo oltre. Parlare e comportarsi esattamente al contrario di quello che si sta dicendo. Ma in certe società conta solo il risultato, non godere di quello che si sta facendo. 

Si apre davanti a noi l'ultima lunga impegnativa salita. Una lingua di erba e terra che sale fino all'arrivo dell'ovovia del Monte Poieto. In lontananza, si sente la voce dello speaker che annuncia gli arrivi e poco più sotto il tifo del poco pubblico assiepato prima dell'ultima curva. Allungo e Chiara rimane poco più dietro ostacolata da una delle donne che prova a starle davanti. Lo spirito sportivo, già. Ma sono solo pochi metri. Inizia quasi subito a camminare mentre noi passiamo avanti. Meglio far andare i piedi e farle mangiare un po' di fango. Saliamo insieme. Vorrei in qualche modo aiutare Chiara, ma lei vuole farcela da sola. L'arrivo è sempre più vicino ma ancora lontano. La corsa diventa camminata. Poi un'arrancare. Quando vedo il gonfiabile blu, afferro la mano di Chiara e la trascino letteralmente per le ultime decine di metri mentre Arturo (Barbieri) immortala arrivo e abbraccio finale.

Chiara è davvero stremata. Le settimane di pausa mentale e fisica servono, ma non aiutano sulle salite. Serviranno più avanti. Tempo di gara e gps non corrispondono. Ancora una volta mi sono dimenticato di spegnere la pausa-automatica e nei tratti più pendenti il garmin ha fermato la registrazione. Pocomale. Aspettiamo solo l'ufficialità del tempo a fine gara, 1h 07' 13". Le mie mani sono congelate e l'umidità entra nelle ossa. Le quasi cento coppie in partenza arrivano alla spicciolata, mentre contemporaneamente salgono anche i pochi famigliari che hanno accompagnato. Il sole cerca di uscire tra le nuvole ormai scariche di pioggia. Ma fino alla premiazione non sappiamo come in realtà la gara sia andata. Agonisticamente parlando. Veniamo chiamati per il podio (nelle coppie miste, nda), ancora una volta, come qualche settimana fa, sul terzo gradino. Questa volta i secondi sono stati penalizzanti per noi. Un minuto, tra squadre racchiuse. Ma la soddisfazione di stringere la mano di Emanuele ripaga il tutto. Bella gara, bei paesaggi e bella organizzazione. Io la consiglio. E tra un anno ci rivediamo in cima al Monte Poieto.