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Corri Poggiardo

Corsa che vai, usanze che trovi. E' stato quasi traumatico arrivare in Puglia ed essere subito proiettati sul percorso di gara. Nemmeno il tempo di adattarsi. Acclimatarsi. Orientarsi. Prepararsi. Passare dalle colline e l'aria fresca della Toscana, dell'Umbria alla piatta umidità del Salento. Con le sue strade sconnesse, strette, anonime. Il ricordo ancora vivido delle città medioevali nella mente. E davanti invece un susseguirsi di piccole case bianche disordinate, silenziose. Ma è bastato prendere la rincorsa dopo lo sparo per ritrovare la normalità. Sentirsi parte di nuovo di un mondo che è sempre unico. Uno. Chilometri che si rincorrono, fiato corto, sudore negli occhi. E' bastato quello per sentirsi di nuovo a casa.

Fortunatamente prima del via L'amico Francesco(ne) ci ha praticamente dato il benvenuto, preparandoci in parte a stili e usanze tipiche delle gare salentine. Visto una volta e poi imparato. Anche se qualche piccola diversità l'avevamo già colta al ritiro pettorali. Un'ordinata confusione che una volta capita è facile da seguire. Poggiardo è una piccola cittadina che ti accoglie nel silenzio e nell'anonimato più totale, come quasi tutti i paesi attorno a Lecce. Tutto per lasciare la sorpresa più bella se si riesce a raggiungere il centro. Una piccola piazza, vicino alla chiesa ed ai resti che devono essere stati di qualche palazzo storico. La luce della sera regala un fascino noir a tutto l'insieme. Ma iniziando a corricchiare anche solo per il riscaldamento è l'umidità in aumento che prende il sopravvento su tutto il resto. Pochi minuti e sembra che tutti siano appena usciti da sotto la doccia.

Ci aspettavamo di trovare poche persone. I preiscritti erano solo qualche decina, ma al via (per la prima edizione) della Corri Poggiardo, ci ritroviamo in più di trecentocinquanta. Ci sarà da correre. Guardandomi attorno ho provato a capire chi potessero essere i più forti. Ed a vederli, mi sono sembrati un po' troppo per le mie aspettative. Ma ogni gara è sempre gara a sè. Due giri su un percorso di quattro chilometri abbondanti, per un totale di 8,4 Km. Piatti. Tecnici. Praticamente una corsa che per me e Chiara sarebbe partita subito in salita. Ma è stata proprio la partenza la cosa che ci ha lasciato più basiti in assoluto.

Ci siamo preparati cinque minuti prima dello sparo vicino al gonfiabile blu montato lungo il corso principale. Tanti spettattori per un paese così piccolo. Ma in effetti certi eventi non capitano tutti i giorni. Fortunatamente Francesco è corso in nostro aiuto svelandoci di non rimanere troppo in disparte, visto che il via sarà dato quasi all'improvviso e non quando tutti saranno ordinati dietro la linea di partenza. Una partenza alla salentina l'ha definita lui. Io alla carlona. E un po' mi ha ricordato i film di Fantozzi. Ma il risultato non cambia. Ci siamo così spostati tra le prime file, una cinquantina di metri più avanti verso la piazza. E un passo alla volta abbiamo continuato a guadagnare metri, fin quando la pistola ha dato il via alle ostilità.

Più che una partenza per gli otto chilometri mi è sembrato di partire per i quattrocento. Metri. La linea di partenza si è triplicata ed arcuata in lunghezza rispetto al piccolo spazio del gonfiabile poco più dietro e tutti hanno cercato di prendere la prima curva davanti agli altri. Per non rimanere imbottigliato i primi cinquanta metri sono stati un vero e proprio scatto, al limite di ogni logica e conduzione di gara. Nemmeno cento metri e mi sono ritrovato sesto. Ma ho anche capito che un ritmo a 3' 27" non avrei potuto mantenerlo per tutto il resto della gara. In realtà non ho mai guardato a quanto stessi correndo, fidandomi solamente delle mie sensazioni. Con caldo, umido, buio, strade strette e sconnesse, ogni riferimento diventa assolutamente vano.

Ci siamo portati verso le strade più esterne del paese dove i lampioni non bastavano ad illuminare bene la strada, buche e asfalto sgretolato non sono mai mancati ed ogni curva sembrava sempre uguale a quella prima. E di strade piatte nemmeno a parlarne. Ho scoperto che la Puglia è un continuo leggero sali scendi. Un rettilineo in su, una curva in giù. Una nuova curva in su e un piccolo strappetto. Credo di non aver mai trovato in nessuna gara che ho fatto un percorso più tecnico di questo. Bellissimo. Ma anche sfiancante. Quando sembrava che il centro fosse ormai in vista, due curve ci buttavano subito fuori. E quando mi ero rassegnato all'idea di correre solo tra le vie più esterne, ecco comparire campanile e chiesa. Viottoli stretti, lastroni a terra, continue svolte. Quaranta incroci, da ripetere due volte.

Il ritmo si è assestato da solo attorno ai 3' 42" al chilometro, ma l'ho scoperto solo alla fine. Avrei voluto correre il primo giro un po' più lento e il secondo un po' più veloce, ma alla fine è risultato proprio il contrario (15' 03" il primo giro, 16' 04" il secondo, nda). Ho lasciato sfilare chi aveva più gamba, sperando che il secondo giro fossero traditi dalla troppa foga iniziale. E in qualche caso è successo. Mi sono stbilizzato intorno alla decima posizione, controllando gli avversari davanti e dietro. Col primo passaggio in centro per l'inizio del secondo giro e il bagno di applausi dei tanti presenti, la seconda volta è stato tutto più semplice, mentalmente, ma devastante fisicamente. Ho provato a fare quello che mi ero ripromesso. Rimontare. Ed ho provato a rubare un metro alla volta a chi si trovava poco più avanti. Ma anche alle spalle è successo lo stesso a me. Ci siamo ritrovati in quattro a controllarci vicendevolmente ed a provare tattiche diverse. Piccoli scatti per sfiancare gli avversari, allunghi per guadagnare qualche metro, accodamenti per far lavorare gli altri. Mi sono ritrovato in testa e subito dopo una curva catapultato in fondo al gruppo. Fino a quando le fila si sono allungate. In due hanno preso strada appena fuoriusciti dal centro per l'ultima volta. Un piccolo allungo e un gap di una quindicina di metri. Il quarto a sua volta ha perso qualche secondo e mi sono ritrovato solo. Ma questa volta conoscendo esattamente quanto mancasse all'arrivo. Ho dosato le forze e poco dopo l'ultimo chilometro ho allungato il passo per raggiungere i due più avanti. Missione compiuta a mezzo chilometro dalla fine. Ho lasciato fare loro il passo, godendomi gli applausi delle persone seduti sui gradini delle case, affacciate ai balconi, alle finestre. Ancora un ultimo assaggio di centro storico e poi l'ultima curva verso la piazza principale. Ho sperato che le forze mancassero prima ai miei due avversari che si sono però lanciati in uno sprint finale lasciandomi sul posto. Non ho reagito ed ho lasciato che si giocassero tra loro la nona e la decima posizione.

Io ho tagliato il traguardo in solitaria, accolto dalla tantissima gente assiepata tra strada e piazza. 31' 07", undicesimo assoluto, quinto di categoria e 3' 42" di media. Cose mai fatte ad agosto. Mai viste e neanche mai pensate. Ma bellissime da vivere. Perchè alla fine è stata una festa. Non solo per noi che abbiamo corso, ma per tutti. Chiara è arrivata poco dopo, per una corsa che sarebbe dovuta essere impossibile secondo le sue carattersitiche e la sua classica negatività, ma prima per la classifica femminile. Un Running Summer Tour che si è rivelato con risultati inaspettati anche alla seconda tappa. E' stata però un'esperienza diversa. Iniziata tra mille dubbi e finita sul podio. Ma è stato bello vedere come ci fosse voglia di sport (a parte i soliti idioti che pensano di poter vincere tagliando), di vivere e fare vivere un'esperienza diversa anche a chi era solo lì per caso o per curiosità. Voglia di usare la corsa come scusa per provare a cambiare. Provare a portare qualcosa di nuovo. Di positivo. Noi abbiamo fatto del nostro meglio.