Questo sito utilizza cookies, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire le funzioni dei social-media e analizzare il traffico generato. Continuando a navigare in questo sito web acconsenti all'uso dei cookies.

Rewoolution Raid... day-one (Bergamo)

Poi scopri competizioni che non pensavi neanche minimamente di poter fare. Scopri che il limite è sempre un metro più in là. Scopri che non conta solo vincere o fare meglio o battere sé stessi. Capisci che vivere un'esperienza insieme, soffrendo, aiutandosi, nella propria squadra e con le altre, vale ancora di più. Ti rendi conto che passare ore su un sentiero cercando una strada che non conosci, in mezzo ad un bosco a piedi o in mountain-bike ti fa scoprire mondi diversi e paralleli. Vivere immersi nella natura, per ore, senza riferimenti, ti fa apprezzare il sole che ti scalda o che ti arrostisce, la pioggia che ti rinfresca o che diventa nemica, la discesa che ti fa rifiatare o che dopo pochi metri ti spezza le gambe, il silenzio che ti rilassa corpo e mente ma che ti racchiude nel nulla. E' stato solo un Raid, ma abbiamo imparato, apprezzato, amato ancora di più cosa voglia dire correre, pedalare, soffire, stare insieme. Vivere.

Parto dall'inizio, qualche settimana fa quando Pier mi chiama e mi chiede se voglio provare a fare un Raid di due giorni a Bergamo con il Runner's World Challenge Team. Team che poi saremmo io lui e un terzo componente. Rapido escursus degli impegni, due telefonate e il week-end è libero. Nei giorni che ci separano dalla competizione guardo video, leggo programmi, regolamenti cercando di capire in cosa ci stiamo per imbattere. Ma sono tranquillo, sono un maratoneta. E uno strongman. Cosa può esserci di peggio? Non è mica una corsa nel deserto. Pochi giorni prima della partenza ci incontriamo per gli ultimi dettagli, accessori da portare, organizzazione e incontro Silvia, la nostra terza stella.

Sabato, day-one
Ci ritroviamo sabato mattina, sul presto ed alle 8.00 siamo già a Bergamo Alta al campo base del Rewoolution Raid, zona Fara. Siamo tra i primi ad arrivare. La vista del campo mi emoziona non poco. Non ho mai fatto gare di due o tre giorni e soprattutto non ho mai vissuto un'esperienza sportiva da campo. E poi stare tra le mura e palazzi vecchi di Bergamo Alta non è certo uno degli scenari più brutti che si possano trovare. Senza neanche troppa fatica abbiamo uno splendido panorama sulle valli bergamasche che dopo poche ora diventeranno la nostra gioia e il nostro dolore. E' ancora mattina presto e la gara incomincerà solo nel primo pomeriggio ma le ore sembrano davvero volare. Il tempo di sistemare borse e zaini, scaricare bici e attrezzatura, cambiarci, qualche foto e qualche aggiornamento internet ed è già ora del briefing pre-gara. Siamo in tanti, una quarantina di squadre divisi in categoria Amatori e Pro. Chiaramente per non farci mancare nulla noi siamo nella seconda, quella degli esperti. Qualcuno poi lo rimpiangerà. Ci vengono distribuite le mappe per i due giorni, ci viene spiegato in cosa consiste la gara, lo spirito. Cosa potrebbe succedere, i tempi massimi, i cambi tra corsa e bici. Conosciamo i membri dello staff, visi che diventeranno famigliari in solo quarantott'ore, anche meno. Essendo invitati, un po' più vip rispetto agli altri come anche qualche altro team, ci viene dato anche l'abbigliamento per la due giorni creato dallo sponsor della gara, Rewoolution. Abbigliamento sportivo interamente in lana merino, nulla di sintetico. Interessante e da verificare. Guardiamo le mappe, cerchiamo di capire cosa sarà la gara e intanto la tensione aumenta. Dopo un pranzo veloce, le foto di rito e gli ultimi saluti a casa partiamo per la volta di San Pellegrino. Il gruppo amatori rimane al campo base dove partirà la loro gara solo nel tardo pomeriggio per un percorso molto più breve e impegnativo. La nostra avrà inizio alle 14.00 e prevede 23 Km (1200 m di dislivello positivo) attraverso le montagne e i boschi che portano verso Bergamo, chek-point a Ronco Alto dove ci aspettano le nostra mountain-bike e altri 10 Km (250 m di dislivello positivo) in bici sempre tra strade, boschi e sentieri, e infine altri 12 Km a piedi tra le vie di Bergamo Alta in notturna. Questo se tutto andrà bene. Perchè i percorsi non saranno segnati, ma dovremo orientarci da soli con le mappe che abbiamo tra le mani. Non una gara di orientering vera e propria, ma una sorta di prova orientamento con solo qualche riferimento, una baita, un bivio, un fiume. Niente nomi, niente direzioni, nessuna differenza tra strade. Mentre con i pullman ci portano alla partenza guardiamo un po' con occhi sgranati alcune squadre organizzate come non mai per l'occasione: zainetti tattici, portamappe sigillate e cordini per appenderle al collo, bussola, lente di ingrandimento, righelli per le distanze. Ci sentiamo un po' pesci fuor d'acqua, ma senza paura, siamo runners dopotutto. E poi non siamo certo gli unici alla prima esperienza. Quello che poi capiremo sarà un vantaggio è che in realtà questo è un Raid e non una gara di orientamento pura, e fa una bella differenza. Però il primo prolema lo abbiamo già sul bus quando ci accorgiamo, volendo fare un ripasso delle carte, che quelle del percorso in mountain-bike sono rimaste in tenda ad aspettare il nostro ritorno. Panico. Ma basta una chiamata e quattro parole con lo staff per fare in modo che al check-point con le bici arrivino anche due mappe nuove. Scendiamo dal pullman una ventina di minuti prima del via. Siamo tutti vestiti con la divisa ufficiale, belli da vederci sfilare verso la partenza tutti armati di zaino e scarpe da trail. Ad attenderci poco pubblico, ma tante telecamere e fotografi. L'evento a quanto pare ha avuto abbastanza risonanza nella zona, soprattutto per le prove speciali che si svolgeranno sulle mure di Bergamo Alta il giorno dopo. Nella zona pedonale, in centro, un enorme gofiabile ci aspetta per il via. Ognuno ha i suoi riti scaramantici: chi si allaccia le scarpe, chi ripassa mentalmente quello che deve fare, chi sta in religioso silenzio, chi si mette in posa per le foto, chiacchiera senza sapere a cosa andrà incontro. Si accendono i fumogeni alle nostre spalle e poi aspettiamo i tre spari della partenza. Pum. Pum. Pum... si parte. Ognuno ha la sua tattica. La nostra è fare andare avanti i più forti e seguirli il più possibile, primo per imparare, secondo per risparmiare la fatica. Sfiliamo davanti ad un misero pubblico e poi saliamo subito verso i sentieri che portano nei boschi. Obiettivo check-point numero 1, appena fuori paese. Alla prima salita già scoppio a ridere. Primo gruppo in testa che sbaglia strada e tutti dietro a loro. La cosa ci rallegra non poco, non siamo gli unici ad andare un po' a spanne. Si ritorna indietro e sul sentiero parallelo troviamo il primo cartello. Il regolamento prevede che due membri del team si facciano fotografare con ben in vista il numero della squadra ed il cartello. Confusione e calca come se i secondi fossero tempo prezioso. Scopriremo poi che in realtà i tempi sono totalmente dilatati rispetto a quelli di una corsa normale. Non è obbligatorio fare tutti i chack-point, ma importante. Ogni cartello trovato dà un bonus in termini di tempo da sottrarre, mentre quelli saltati una penalità in termini di tempo da aggiungere. Oltre che a disegnare un percorso ideale da fare. Riprendiamo la strada che ben presto diventa un faticosissimo sentiero di montagna. La pendenza è subito notevole e Silvia lo paga. Rimaniamo presto distaccati da tutti gli altri gruppi. Io faccio strada e passo, mentre Pier chiude il gruppo dietro alla nostra donna. Non sono previste classifiche tra donne, uomini o squadre miste. Siamo tutti sulla stessa barca. Fortunatamente il sentiero è ben riconoscibile anche se non troppo ben messo. Fa caldo, il tempo passa e siamo in penultima posizione. Ma siamo ancora all'inizio. Il secondo check-point è segnato in cima al Monte Zucco a 1232 m vicino al Rifugio Gesp. Ma immersi nel bosco la fine sembra non arrivare mai. Poi non so se sia il completo in lana o l'umidità o la salita veramente ripida, ma sudiamo in maniera smisurata. C'è solo silenzio, interrotto ogni tanto solo dalle nostre chiacchiere. Ci parliamo, scherziamo con qualche battuta anche per far sentire un po' meno fatica a chi non si aspettava una gara così dura. Ma siamo una squadra e dobbiamo combattere insieme. Dopo più di un'ora finalmente scolliniamo. Siamo soli dispersi sui monti bergamaschi. Il check-point 3 è poco più avanti e lo troviamo quasi subito. Ci sono solo prati verdi e mucche al pascolo. Cielo azzurro e sole. Incominciamo un po' di discesa su uno dei tratti più lunghi senza riferimenti verso S.Antonio Abbandonato. Certo, non di buon auspicio. Cerchiamo di interpretare la mappa nel migliore dei modi, provando a riconoscere le strade e i pochi riferimenti segnati. Sempre a destra. Partiamo in discesa con Pier a fare da apripista ed al secondo bivio finiamo già fuori strada. Passiamo veloci e non vediamo il sentiero che svolta subito dietro ad una malga. La strada prende esattamente nella direzione opposta a dove dovremmo andare. Una signora anziana dal cortile ci urla qualcosa in un dialetto bergamasco talmente stretto che sembra ungherese. Noi proseguiamo dritti. Ma quando vedo che il sentiero non sembra voler ritornare verso est chiedo a Pier se forse la vecchia non ci stesse dicendo qualcosa di utile. Ritorniamo sui nostri passi mentre vediamo arrivare prima del bivio anche l'ultimo team di tutte donne che avevamo alle spalle. Insieme a loro anche Luca, responsabile del Raid e scopa della gara. Loro prendono la direzione giusta e noi ringraziamo il cielo di non esserci già persi. Salutiamo la signora senza sapere cosa ci dica e proseguiamo la discesa insieme alle nostre nuove compagne. Intanto scambiamo anche qualche parola con Luca che racconta un po' della gara e ci dà qualche nozione in più. Passiamo il check-point 4 fortunatamente indenni e scendiamo verso il successivoin zona Casarielli guadagnando una posizione. Il sentiero diventa una strada e recuperiamo parecchio tempo. Intanto il cielo diventa un po' nuvoloso. Nei giorni precedenti avevo dato uno sguardo alle previsioni e nel pomeriggio erano previsti temporali forti. Mai che le previsioni sbaglino in certe occasioni. Il check-point 5 è sulla strada e lo troviamo subito ma capiamo poi che c'è qualcosa di strano invece su quello successivo. Siamo in zona Corna Rossa e mentre prendiamo il sentiero in discesa nuovamente nel bosco incontriamo molti team che stanno risalendo in senso contrario. Inizia a piovere. Prima uno, poi due, poi tre. Ci ritroviamo quasi tutti nello stesso punto. Nessuno riesce a trovare il sesto cartello e tornano sui propri passi. Ma il dislivello è veramente notevole. E noi ci ritroviamo praticamente appaiati con tutti gli altri. Mi vien quasi da ridere, ma impariamo una cosa importante. Non conta andare veloci in certe gare, ma saper fare le scelte giuste. E' forse la tattica la cosa più importante, la strategia. Saper scegliere se cercare un check-point e perdere tempo o se guadagnarlo e prendersi una penalità. Se fidarsi di chi sta davanti o avere il coraggio di girare nella direzione opposta. In gruppo quasi unito, quasi come succede con le safty-car della formula uno, proseguiamo scendendo verso il sentiero. Si scivola parecchio. La pioggia aumenta a dismisura anche se il bosco aiuta a rimanere asciutti. Ma i tuoni e la temperatura che scende nonostante l'umidità non sono di buon auspicio. La distanza alla fine non è molta e troviamo quasi in sequenza sia il check-point 6 che il check-point 7 poco più avanti. Ma piove forte. Davvero forte. I tuoni aumentano a dismisura. Un bel temporale di montagna. Cielo grigio chiaro. Al punto sette ci dovrebbe essere l'unica prova speciale di giornata, l'arrampicata. Ma piove troppo. Si fa fatica a rimanere in piedi nei tratti dove il sentiero è solo fangoso ormai. Ci si aggrappa agli alberi, qualcuno si rompe per il peso. Chiunque scivola per arrivare a fotografare il cartello, a volte anche travolgendo gli altri. Mi sembra di ritornare per l'ennesima volta al Nurburgring. Aiuto più di una ragazza a non farsi male perdendo un po' di tempo in risalita, ma la situazione è davvero drastica e pericolosa. La prova di arrampicata viene annullata e i ragazzi dell'organizzazione cercano di salvare la situazione fissando delle funi per risalire verso il sentiero. Intanto incrociamo molti che ancora non hanno trovato il check-point precedente. Noi scendiamo ancora verso valle, a Zogno, dove ci aspetta il check-point successivo. Prendiamo la strada asfaltata non appena scendiamo in paese e prendiamo come riferimento il ponte per attraversare il fiume, unico modo per passare dall'altra parte. E allora giù di corsa, la nostra specialità. Ci infradiciamo all'inverosimile. Nonostante abbia le scarpe da trail in goretex in poco più di dieci minuti i piedi sono completamente bagnati. Silvia è distrutta e siamo solo a metà del percorso a piedi. Ci fermiamo solo qualche istante per rifiatare e mangiare una barretta energetica prima di riprendere la salita. La pioggia sembra non voler smettere, per sempre. Le macchine che ci sfilano accanto alzano delle onde dal fondo stradale. Non appena iniziamo la salita verso Cassettone l'acqua piovana che scende lungo la strada in alcuni tratti ci passa sopra alle caviglie come fossimo nel letto di un fiume. E siamo al check-point 8. Ci ritroviamo all'ennesimo bivio quando la pioggia comincia a diminuire. Possiamo scegliere tra due strade che ci portrebbero allo stesso punto, noi proviamo su quella più comoda. Ma appena vediamo il gruppo davanti a noi sull'altra cambiamo strategia e li seguiamo. Arriviamo quasi subito al check-point 9 dove l'organizzazione ha previsto un punto di rifornimento d'acqua che non ci sarà più fino all'arrivo a Ronco Alto dove ci aspettano le nostre mountain-bike. Facciamo rifornimento, salutando le squadre che ormai abbiamo conosciuto lungo il percorso. Facciamo due chiacchiere scherzose con i ragazzi dell'organizzazione e una foto tutti e tre insieme davanti al cartello nove. Iniziamo la salita verso le Corna delle Capre nella Valle di Giongo per il successivo step ai Prati Parini. Se la prima salita era ripida questa diventa un'odissea. Silvia è davvero sfinita. La salita è dura e la pioggia ha reso il sentiero, già poco vissuto, quasi impraticabile in alcuni tratti. Il bosco nasconde la visuale e non si vede mai la fine della montagna. Il fango in certi punti fa fare due passi indietro ad ogni tentativo di salita. Quello che però più di tutto impressione è il silenzio. Siamo su sentieri che non sono mai percorsi dai turisti e forse solo in tempo di castagne vengono usati. Non c'è nulla se non l'assordante silenzio degli alberi. Sono ore ormai che camminiamo e ad un certo punto vedo ancora scendere verso di noi uno dei gruppi di testa che ci chiede se abbiamo trovato il check-point 9. Loro armati di bussola, righello ed ogni attrezzatura per l'orientamento hanno sbagliato strada e stanno tornando indietro seguendo le nostre indicazioni. Noi che siamo i novelli. Mi viene quasi da ridere. E sinceramente non mi stavano nemmeno tanto simpatici con la loro aria da supereroi. Ma noi siamo buoni, oltre ad essere runners. Qualche gruppo con passo più veloce del nostro intanto ci supera. Io sempre davanti a fare strada e Pier dietro a Silvia. Ma arrivati finalmente in sommità possiamo tirare il fiato e scioglierci un po' le gambe correndo sul sentiero del CAI, questa volta ben battuto. Ai Prati Parini seguendo quelli davanti a noi troviamo subito il check-point 10 e ci buttiamo lungola discesa per il successivo. Ci sono sassi e fango e si scivola parecchio. Silvia ha un po' paura e ce lo avrà ripetuto un migliaio di volte. I bivi che incontriamo sono tantissimi ma ad occhio sembrano portare tutti nella stessa direzione. Scendiamo fiduciosi. I vestiti addosso intanto un po' si asciugano, anche se la lana impesantita dalla pioggia da un po' fastidio per la pesantezza. Quasi raggiunto il piano ci ritroviamo con altri due gruppi amici e insieme cerchiamo Ca' Giongo e il check-point 11. Approfittiamo della presenza di gente del posto per due indicazioni veloci prima di trovare il cartello e fare le fotografie di rito. Le deduzioni di Pier sono importanti. Se la gente del posto è arrivata in auto ci deve essere una strada che arriva dal paese per cui tanto vale seguirla e così facciamo. Dopo un lungo e interminabile tratto di cemento e asfalto sbuchiamo a Bruntino e poi finalmente a Ronco Alto dove, all'interno di un piccolo parchetto, è allestito il ritiro delle nostre mountain-bike. Facciamo rifornimento di acqua alla piccola fontanella, fotografiamo il check-point 12 e dopo esserci infilati guanti e caschetto partiamo per la seconda parte di gara. Sono passate 4h 49' dal via. Alle mie gambe non sembra vera la sensazione di sollievo quando si adagiano sui pedali. Chiedo ai ragazzi dello staff in quanti gruppi siano già arrivati e a quanto pare solo cinque o sei sono già partiti su due ruote. Intanto il temporale non ha lasciato strascichi e anche se sono quasi le sette di sera la temperatura è più che accettabile. Siamo in anticipo di più di un'ora e mezza sulla chiusura del cancello per partire con le mountain-bike e non essere fermati da regolamento. Il problema principale comincia ad essere la stanchezza. Io e Pier ne abbiamo ancora ma Silvia è quasi alla frutta. Io vorrei approfittare della presenza degli altri gruppi per seguirli alla ricerca dei punti successivi ma bisogna rimanere in scia per poterlo fare. In pochi secondi con Pier studiamo una strategia che possa aiutarci: io parto in volata non perdendoli di vista mentre lui accompagna Silvia in coda. Se ci dovessero essere dei bivi mi fermo e li aspetto. Ma prima del check-point 13 di bivi non ce ne sono, anzi la strada è praticamente tutta dritta e ci troviamo in più squadre contemporaneamente a fotografare cartello e maglie. Si parte poi più veloci di prima volando sulla cliclabile verso Paladina dove troviamo ancora una volta subito il cartello del check-point 14. Praticamente ormai siamo arrivati a Bergamo. Siamo ai piedi del Parco dei Colli di Bergamo Alta. Le successive tappe sono posizionate in linea verso il Campo Base, anche se i chilometri che mancano sono ancora tanti. Sembra tutto semplice guardando la mappa, ma non abbiamo fatto i conti con le salite e i sentieri. Il primo strappo è ripido ma il cartello del check-point 3a è subito in cima alla salita (1a e 2a sono solo per la gara che i Team Amatoriali hanno cominciato nel tardo pomeriggio, n.d.a.). La tattica rimane la stessa. Quando lasciamo un team, cerco di non perdere di vista il successivo che ci supera aspettando che Silvia e Pier arrivino. Ogni tanto ci fermiamo a controllare la mappa insieme cercando di capire quale sia il sentiero più veloce o meno difficile. Scendiamo e saliamo tra le radici, gli alberi, i sassi, i rovi. Fortunatamente a Bergamo non ha piovuto e di fango non c'è traccia. In alcuni tratti è quasi impossibile stare in sella alla mountain-bike e dobbiamo proseguire a piedi spingendola. Dopo il check-point 4a finalmente ritorniamo sull'asfalto inoltrandoci in Bergamo Alta. Qui gioco un po' più in casa di altri conoscendola in alcuni tratti e sapendo orientarmi un po'. Il successivo step è al Colle dei Roccoli, vicino alla Trattoria all'Alpino, una delle strade che corre verso le mura. Peccato che il cartello sia posizionato subito dopo un bivio e non si riesca a capire quale strada prendere. Noi chiaramente quella sbagliata. Scendiamo di uno chilometro ma poi mi accorgo dell'errore e allora ci tocca ritornare indietro in salita. E non sarà l'ultima. E' Pier a vedere il cartello. Foto e poi via verso l'ultimo prima del ritorno al Campo Base. Comincia a calare la sera, ma latemperatura rimane più che accettabile. Con l'aria presa in bici ci siamo anche asciugati completamente. Silvia è visibilmente provata. Pier le sta attaccato per aiutarla quando possibile. Io faccio strada ma ancora una volta non vedo il cartello del check-point (6a) successivo purtroppo messo in discesa e facciamo ancora parecchie centinaia di metri verso il basso prima di accorgerci di averlo passato e dover ritornare indietro. Il problema vero è che pur passandoci davanti tre o quattro volte non lo vediamo essendo posizionato troppo in alto rispetto a noi. Ma chi la dura la vince ed alla fine riusciamo a trovarlo. Guardo sulla mappa la strada più veloce per avvicinarci alla Fara e prendiamo per la Marianna, sfilando poi sulle mira a nord della città. Lasciamo bici e caschi al Campo Base e riprendiamo la corsa a piedi. Sono passate 6h 47'. Alla chiusura del cancello manca ancora un'ora e un quarto. In realtà avremmo dovuto fare la foto al cartello del check-point 7a prima di far ritorno al campo, ma ormai quel che è fatto è fatto. Andiamo verso Porta San Giacomo dove ci aspetta il check-point 1-nero, del nuovo tratto da percorrere a piedi. Incontriamo per strada Luca, l'uomo-scopa, che però ha già tolto l'ultimo cartello del check-bike. Ci abbuona la foto e ci manda avanti. In realtà in molti, distrutti dalla fatica del percorso, al contrario nostro si sono fermati al campo abbandonando la terza parte di gara preferendo il riposo e prendendosi le penalità. In effetti i minuti di penalità rispetto al tempo che ci si impiegherebbe tra un check-point e l'altro non sono tantissimi. Metterci più di venti minuti di corsa non vale la pena. Ci fermiamo allora un attimo a studiare la mappa per capire cosa ci convenga fare. E anche per vedere la situazione fisica di tutto il Team 3. Silvia è a pezzi. Io e Pier stanchi ma ancora in corsa. Decidiamo di tralasciare le tappe 3 e 4 troppo lontane ed in cima al Parco dei Colli e di concentrarci sulle tre rimanenti in Città Alta. Da Porta San Giacomo saliamo alla Marianna e prendiamo la strada verso Castagneta per il check-point 2-nero. Poi ridiscendiamo ancora alla Marianna e risaliamo verso San Vigilio, una delle salite più dure della città. Quante volte l'ho percorsa in altre gare. Ci prendiamo anche il check-point 3 nero e ridiscendiamo verso il centro passando per Porta Sant'Alessandro per finire in Piazza Vecchia. Il supplizio di tutto il giro è molteplice. Passiamo da tratti di asfalto al ciottolato, da salite a discese. Intanto ormai è calata la sera. I locali sono pieni di gente a cena ed i profumi delle cucine sono uno strazio per i nostri stomaci. Lungo il Corso di Città Alta c'è pieno di gente che sgrana gli occhi vedendoci passare in divise tutte uguali, la maggior parte incosciente di quello che stiamo facendo. Dopo l'ultimo check-point prendiamo la discesa verso la teleferica e poi a sinistra verso la Fara. Le gambe ormai quasi vanno da sole. La schiena è a pezzi. Silvia anche in discesa si deve fermare per rifiatare e ne approfittiamo anche io e Pier. La vista del Campo Base è un sollievo. Tagliamo il prato passando in mezzo alle tende allestite in mattinata e passiamo insieme sotto il gonfiabile per fermare il cronometro: 7h 32' di gara. Resta poi agli organizzatori togliere bonus ed aggiungere penalità. La classifica dice undicesimi. Nonostante l'ora, nonostante l'intera giornata passata tra sole e pioggia siamo ancora sudati fradici. Non andiamo nemmeno in tenda ma subito a ritirare il nostro piatto di pasta. Credo di non farmene versare meno di due etti e mezzo dalla fame che ho. Pasta, formaggio, pane, frutta e cioccolato finiscono in un attimo e per fortuna la fame si placa. Sono le dieci di sera passate quando ci buttiamo in doccia. Elena, dell'organizzazione, ci invita a bere una birra rinfrescante sulle mura facendo due passi prima di dormire. Una bella birra ghiacciata che rilassa muscoli e mente. Aggiorno gli amici via internet sulla situazione e poi ci buttiamo in tenda ognuno nel suo sacco a pelo. C'è solo un piccolo materassino alto sette millimetri che mi separa dal prato della Fara eppure mi sembra il letto più comodo che abbia mai avuto. Chiudo gli occhi per il check-point più atteso... (continua...)