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Cortina-Dobbiaco Run

Sono ancora a Dobbiaco. Questa volta ce la siamo presa con tutta calma, sia all’andata che al ritorno. La Cortina Dobbiaco Run è sempre una certezza. Sotto tutti i punti di vista. E non ho ancora sentito qualcuno che vi abbia partecipato e che non ne sia rimasto entusiasta. Il percorso è immerso in un’oasi paradisiaca. Si respira libertà, calma, natura. Le difficoltà sono minime, nulle, nonostante si corra in montagna. L’organizzazione è impeccabile. Fulvio Massini e Gianni Poli sono una garanzia di buona riuscita. Ma soprattutto di vera corsa. Corsa sotto i punti di vista, dal piacere di correre allo star bene correndo, dall’agonismo della gara all’amicizia dello stare insieme dei grandi eventi. La Cortina Dobbiaco Run è tutto insieme, un mix che non può far altro che farti innamorare.

Purtroppo non tutto è andato come previsto. A poche ora dalla partenza mamma e papà danno forfait. Lei che avrebbe dovuto correre insieme a noi, lui che avrebbe dovuto cavalcare le Alpi in sella alla sua bici. Il gruppo è comunque folto con Zio, Carmen, Iacopo, Antonella, Renzo, Antonio e gli altri del gruppo. Ma per me non è la stessa cosa. Rassicurati che la situazione sia tranquilla ci incamminiamo verso Dobbiaco sabato in mattinata. Qualche ora di macchina seguiti da un tempo incerto che ci accompagna per tutto il week-end. Il sabato è dedicato esclusivamente al ritiro pacco gara ed a qualche giro in paese. Strade, alberghi, appartamenti, parcheggi sono pieni all’inverosimile per un’invasione pacifica che solo chi ha seguito i grandi eventi sportivi ha imparato a conoscere. Ovunque si vedono persone di tutte le età in tuta, divisi per colori sociali, con le loro borse e i loro discorsi tutti uguali. Si parla di corsa, di tempi, di tempo. Abbiamo scelto con cura la nostra location, a poca distanza dall’arrivo e dalla partenza delle navette per Cortina.

Alle 6 suona la sveglia. Dalla finestra una lunga fila tra auto e gente a piedi si allunga verso la piazza di partenza delle navette. Sembra non finire mai. Il cielo sembra promettere bene. Le nuvole basse caratteristiche della sera si dissolvono piano piano man mano che il sole si alza. Il cielo sembra aprirsi. Arriviamo verso le 7 all’appuntamento con i bus, ma sbagliamo di qualche minuto e rimaniamo in attesa del ritorno delle prime navette per quasi mezz’ora. Ma il sole inizia già a baciarci. Buon segno. Stretti come sardine ci infiliamo sul pullman che ci porta trenta chilometri più su, fino al villaggio di Cortina. Quando scendiamo piove come se qualcuno stesse innaffiando dall’alto. Non c’è uno spiraglio di luce, ma almeno la temperatura è accettabile. Ci cambiamo veloci sotto al tendone che ci accoglie in attesa di spostarci verso la partenza. Appunto il pettorale sulla maglia, cerotti ai capezzoli, controllo le scarpe quando qualcuno mi chiama alle spalle. Con sorpresa scopro che uno dei lettori di Corroergosum mi ha riconosciuto tra i tanti (merito della maglietta suppongo) ed è venuto a salutarmi. Purtroppo non ricordo il nome, ma spero che si presenterà qui sotto da solo. La giornata prende una piega diversa. E’ bastato poco. Dopotutto anche con Iacopo ci siamo conosciuti prima sul blog che dal vivo. Col sorriso mi sposto alla partenza insieme a mio Zio. Avvantaggiati dall’aver già partecipato alla corsa siamo tra i primi partenti, in terza gabbia. Davanti poco più di trecento persone. Avvolti nei cellophan aspettiamo per quasi mezz’ora sotto la pioggia battente. Con la mente ritorno aFirenze. Ma con sorpresa e come pre-detto dagli organizzatori a pochi minuti dal via l’acqua smette. Allo sparo di pistola di Ganni Poli (ma non doveva correre?) parte la nostra 30 Km. L’obiettivo primario (come sempre) è migliorare la vecchia prestazione e qualche calcolo veloce sull’andatura possibile mi porta a pensare di potercela fare tra le 2h 10’ e le 2h 15’. Ad un personale, poi, non si dice mai di no. Il percorso si snoda prima tra su una lunga salita e poi lungo una discesa fino all’arrivo. Dallo scorso anno ho imparato che nella prima parte l’importante è non forzare per non rischiare di arrivare cotti in fondo. Cerco di stabilizzarmi su un passo attorno ai 4’ 30” per tutta la lunghezza della salita. Controllo i primi passaggi e poi mi godo il paesaggio senza pensare troppo al cronometro. Uno dei miei pregi è sicuramente quello di essere naturalmente costante e mi accorgo che anche la maggior parte di quelli attorno a me mantengono un buon passo. Riconosco subito quelli che pagheranno una partenza troppo veloce, soprattutto dal respiro affannato già ai primi chilometri. Lasciate le strade di Cortina tramite una piccola salitella prendiamo il sentiero lungo il quale correva il vecchio trenino che univa Cortina e Dobbiaco. Il terreno, nonostante sia sterrato, è regolare, in alcuni tratti completamente sassoso, in altri suddiviso in due binari divisi da una striscia d’erba. Il cielo rimane plumbeo, con nuvole grigie e basse. L’umidità mi appanna gli occhiali (messi sulla fiducia) quando l’aria diminuisce appena. Cerco di concentrarmi sul paesaggio dimenticando il tempo, lasciando le gambe girare regolari. Uno dei tratti caratteristici della corsa arriva poco prima del 7 Km. Si entra nella prima galleria: tre metri di larghezza per sei di altezza, terreno appena battuto, pareti scavate ma non lavorate con roccia a vista, piccole lampade appesa al soffitto che danno una luce appena sufficiente a vedere dove si mettono i piedi, una piccola nuvola di polvere che si alza dalla metà in poi. Uno spettacolo difficile da raccontare. C’è silenzio, rotto solo dal rumore dei passi. Fuoriusciamo e poco dopo il rumore cambia: come sottofondo l’eco del torrente che passa sotto di noi e poi il tamburellare frenetico dei passi sul legno del ponte che attraversa l’orrido. A strapiombo per duecento metri. Tutto intorno le pareti delle montagne e nient’altro. Quasi commovente. Per finire ci buttiamo nella seconda galleria, completamente diversa dalla prima, con la classica cornice arcuata di mattoni all’esterno e le pareti lisce e lavorate all’interno. Il terreno è irregolare e quasi tutto in ombra. Era uno dei passaggi che già lo scorso anno mi era piaciuto tantissimo e questa volta, più pronto, me lo sono goduto ancora di più. Intorno al passaggio del 10 Km nuovo quadro da sogno. Percorso pianeggiante tra l’erba e il bosco di altissimi pini alpini. Al fianco del sentiero su cui passiamo scorre parallelo e placido un piccolo torrentello. Acqua limpida e calma. Il cielo si apre proprio in quel frangente proiettando caldo e luce tra i rami. Sembra di essere in un sogno. Intorno nemmeno una parola se non del rado pubblico che accosta lungo la strada e ci incita. Al 12 Km inizia una prima discesa lunga due chilometri. So di non dover forzare, ma la maggior parte di quelli attorno a me aumenta il ritmo. Mi passano in molti approfittando del dislivello a favore. La mia esperienza e i suggerimenti degli organizzatori mi dicono di non cambiare passo. Manca ancora più di metà gara e poco dopo ci sarà nuovamente salita. Mi trattengo fin dopo il passaggio al passo di Cima Banche. Anche qui uno spettacolo. La pineta si apre in un largo prato verde e veniamo accolti dal boato del tantissimo pubblico presente. Inizia la discesa finale. Mi trattengo per i primi chilometri fino al 19 Km. Dopo il primo gel di scorta parto e aumento leggermente il passo, che complice anche la discesa, diminuisce di una quindicina di secondi. La discesa non è regolare e chi ha dato troppo prima cominci a pagare i continui saliscendi nei ciottolati dei letti dei fiumi asciutti ed i continui scollinamenti tra una pianoro e l’altro. Il paesaggio cambia tra piccoli prati e boschetti. La fatica comincia a farsi sentire ma cerco di mantenere il ritmo fino al 25 Km per la parte finale. I pochi passaggi controllati lungo la gara mi danno conforto: 46’ al 10 Km (+1’), 1h 32’ al 20 Km (+2’), 1h 52’ 30” al 25 Km (0’). Praticamente qui comincia la mia gara verso il personale. Aumento gradatamente il ritmo riprendendo tutti quanti mi avevano superato alla prima discesa. Li riconosco tutti, affaticati, scomposti, lenti. La soddisfazione per me è grande perché vuol dire che ancora una volta la tattica ha funzionato. I chilometri passano più veloci e sento di stare bene e di poter mantenere il ritmo fino alla fine, nonostante le gambe comincino a sentire la fatica. Quando entriamo a Dobbiaco controllo il cronometro che segna 2h 08’ all’altezza dell’ultimo chilometro. Mi lancio in una volata controllata, ma vedo di avere un passo diverso da tutti quelli che supero. Le transenne contengono tutto il grandissimo pubblico che aspetta il proprio-eroe che ci accompagna fino alla linea del traguardo. Svoltando verso il Grand Hotel so che è finita e do tutto quello che ho. Sento le grida senza percepire le parole. I bambini alzano la mano per avere “un cinque” di passaggio, ma sono troppo concentrato ad arrivare. Allargo le braccia davanti al tabellone cronometrico e tagliata la linea del traguardo guardo il tempo finale: 2h 11’ 26”, che vuol dire tempo migliorato di dodici minuti, nuovo personale, ultimo chilometro chiuso sotto i quattro minuti e 258° posizione (su 4000 iscritti). Lascio che le hostess mi incoronino con la mia medaglia e poi mi riprendo. Aspetto gli altri mentre mangio una mela e mi disseto. La sorpresa più grande è ritrovare, poco dopo il mio arrivo, anche Simone mio compagno di corsa alla Strongman. Non ci siamo visti in gara ma almeno ci siamo potuti salutare alla fine. Poi arrivano Zio, Iacopo, Carmen e via via tutti gli altri. Il tempo regge con anche qualche spiraglio di sole. Non posso dire che sia stata la gara perfetta perché quel minuto in più avrei potuto toglierlo, ma se prima della partenza mi avessero detto un tempo simile avrei firmato subito. La Cortina Dobbiaco Run ti ammalia e anche se l’ho finita solo da qualche ora aspetto solo di poterci riessere ancora il prossimo anno. Ma questa volta anche con Sara, mamma e papà.