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Maratonina Città di Treviglio (Treviglio)

L'ultima era stata Crema, tre mesi fa. Mi ero appena ripreso dall'infortunio e sembrava che non ci fossero grossi problemi di recupero. Invece... Non è la stessa cosa correre 21 Km respirando l'aria di una competitiva o di una tapasciata. C'è l'adrenalina che sale prima della partenza, la scia che ti trascina nei primi chilometri come se potessi correre all'infinito senza fermarti mai, il controllo frenetico del ritmo per non sbagliare di neanche un secondo, la piccola crisi che arriva inevitabile prima dell'arrivo. E quello sprint finale verso il traguardo con lo sguardo alto e gli amici e i compagni di squadra che urlano il tuo nome dietro le transenne. Non sarà stato un personal best, ma quel traguardo, finalmente, l'ho tagliato ancora.

Si ringraziano Podisti.net e Arturo Barbieri per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.

Quello che non ci saremmo aspettati era sicuramente una giornata così. Neve a fiotti. Fiocchi prima bagnati e pesanti, fastidiosi, poi ghiacciati, pungenti e per finire grossi, fiabeschi. Fiocchi che hanno racchiuso la mattinata dentro ad un freddo rigido e tagliente, pressante. Difficile trovare l'abbigliamento giusto. E se poi ho freddo alle gambe? E le mani? Meglio coprirsi e inzupparsi o rimanere leggeri ma rischiare l'assideramento? Forse sbaglio, ma già dal riscaldamento mi presento in pantaloni lunghi (leggeri) e senza nè guanti nè cappello. Valuto la giusta dose di riscaldamento con il calore delle mani. Quando entrano in temperatura so che posso cominciare gli allunghi. Non c'è il solito via-vai sul viale della partenza. La maggior parte dei seicento partenti (ottocento gli iscritti) preferisce rimanere racchiuso al dolce caldo della palestra fino all'ultimo. Noi no. Noi siamo già in clima agonistico. Saluto Chiara poco prima della partenza. So che farà bene, deve solo crederci di più. Parto nelle prima file anche se so che il mio passo non sarà quello dei primi. Come a Cernusco c'è Franco vicino. Avrei dovuto correre con Paola, che però preventivamente visti i sessanta della prossima settimana, ha prefeito giustamente non rischiare. Allo sparo, come sempre, vengo risucchiato dal ritmo. Cerco di non esagerare e mi accodo a Franco. Si corre bene fin da subito. L'asfalto è bagnato come se piovesse e di neve a terra nemmeno l'ombra. Solo piccoli fiocchi ghiacciati negli occhi. Al primo chilometro suona subito il primo allarme, 3' 44". Troppo. Rallento il passo guardando il piccolo gruppetto di Franco allontanarsi piano piano. Vorrei rimanere agganciato a loro, ma non voglio rischiare di crollare a metà gara. Se ne avrò aumenterò, se cederanno loro li riprenderò. Sono questi i pensieri che mi passano in testa i primi chilometri. Mi sento bene, ma non voglio rischiare. Giriamo intorno alla zona nord di Treviglio fino ad imboccare la strada che ci porta verso Badalasco. I primi sei chilometri sembrano una passeggiata, in scioltezza tra i 3' 53" e i 3' 58". C'è anche un po' di discesa e la strada è pulita. Le mani fanno però fatica a scaldarsi. Le gambe si inzuppano con l'acqua alzata dalle scarpe. La testa va già all'arrivo pensando a tempi che sarebbero un gran risultato. Ma so che intorno al decimo chilometro non starò più così. Incominciamo il falso piano che continuerà fino quasi al quindicesimo chilometro e infatti il ritmo cala di qualche secondo, attorno ai 4'. Finita la campagna ed entrando nelle vie di Fara Gera d'Adda, in vista del ristoro decido di prendere subito il gel. Sento che le gambe stanno diventando pesanti e non voglio entrare in crisi in zona Pontirolo. Supero i primi 10 Km sotto i quaranta dopo tanto tempo, 39' 23". Ormai il gruppetto con il quale corro è definito. Guardo avanti e li riconosco da scarpe e maglia che mi affiancano alternati. Nessuno parla. Riconosco l'affanno del respiro a seconda di chi mi si avvicini di più. Io tengo il mio passo, costante come sempre. L'ultimo strappetto che porta a Pontirolo è come sempre il più faticoso. Non ho ancora capito perchè ci sia sempre vento contrario in quel chilometro. Il passo scende attorno ai 4' 09". Troppo. Comincio anche ad avere freddo, soprattutto alle mani. Provo ad aprire e chiudere le dita ma la circolazione non migliora. Fuoriuscito dal paese riprendo un buon ritmo sui 3' 56", ma solo fino alle prime salitelle in mezzo alle curve. Al ristoro del sedicesimo chilometro quando provo a prendere in mano il bicchiere dell'acqua al ristoro non riesco a muovere più le dita della mano sinistra, bianche e senza circolazione. Mi fanno male. La neve cade con fiocchi asciutti e giganti. Maglia e pantaloni sono ricoperti di chiazze bianche che non si sciolgono. L'asfalto è bagnato, ma ben corribile, ma i campi sono un'unica distesa bianca e silenziosa. Cerco di mantenere il ritmo sapendo che ormai l'arrivo è vicino. Quando però vedo che all'altezza di Castel Cerreto il percorso prende una nuova direzione, per me inaspettata, vado un attimo in panico. La distanza rimane la stessa, ma perdo per un attimo i miei riferimenti. Guardo avanti per vedere la direzione presa da quelli che mi precedono, ma la visibilità è estremamente limitata. Mentalmente penso alle possibili strade che potremmo prendere valutanto pregi e difetti. Ho paura del sottopassaggio svoltando a sinistra, non so che direzione potremmo invece prendere girando a destra. I pensieri si cancellano in un attimo quando il dolore alla mano sinistra aumenta. Copro le dita con la manica della maglia termica e decido di non guardare più il cronometro fino all'ultimo chilometro. Il freddo comincia a prendere il sopravvento su tutto il corpo aiutato dalla stanchezza di fine gara. Dopo il lungo rettilineo fuori dal paese, intravedo sagome che svoltano a sinistra. Il cartello del chilometraggio segna però già diciannove, che vuol dire un solo chilometro di sofferenza e poi lo sprint finale. Mi sforzo per mantenere il passo il più costante possibile anche se la strada secondaria che percorriamo è un misto di acqua e neve di qualche centimetro. Svoltiamo a destra ancora verso la zona nord e intravedo il sottopassaggio che non volevo. In realtà è molto meno traumatico di quel che pensassi. Comincio a superare in discesa un po' di quanti mi precedono e le gambe riprendono vita aiutate dal ritmo involontario del dislivello. Manca solo un chilometro. Il cronometro segna 1h 21' e riprendo fiducia. In slancio recupero un po' di posizione di gente semicongelata che non riesce più ad alzare le gambe. Svolta a destra verso il gonfiabile della partenza. L'unico del mio gruppetto che mi è ancora attaccato aumenta il ritmo pensando che sia il traguardo, ma non sa che mancano ancora cento metri dopo la svolta a destra. Mi accodo e quando rallenta appena il passo lo supero in curva lanciandomi verso il finale. All'arrivo c'è pubblico nonostante la neve fitta, complici le votazioni che vengono fatte nella scuola accanto alla palestra. Vedo qualche compagno della Martesana Corse che grida e fotografa e qualche metro dopo il traguardo Arturo e Rivo con le loro immancabili macchine fotografiche. Fermo il cronometro ma non le gambe proseguendo la mia corsa verso il caldo della palestra. Avrei voluto aspettare Chiara, andarle incontro e accompagnarla negli ultimi metri, ma sono troppo congelato. Appena riaquisto l'utilizzo della mani controllo parziali e tempo finale, 1h 24' 23". 4 min/Km spaccati di media come da tabella. Sorrido, contento come se fossero stati i ventuno chilometri più veloci che avessi mai fatto, anche se sono in ritardo di quattro minuti rispetto ad un anno fa. Uno ad uno arrivano tutti i compagni della Martesana Corse per festeggiare insieme i diciotto anni della società, arriva Chiara, prima di categoria, e Mamma, vice-Campionessa Regionale. Nevica. Fa freddo. Ce ne torniamo a casa carichi di premi. Non è Natale, ma rimane comunque un giorno da festeggiare.