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Correre oggi per correre domani

Correre dopo coronavirus

Doveva essere la stagione del ritorno alla corsa. Invece, settimana dopo settimana, si è trasformato in un’ecatombe sportiva. Parlo dell’autunno del running. Una primavera di rinascita che non è mai arrivata, spazzata via da un vento freddo e incessante che non ha lasciato spazio alla speranza. 

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie. Mi è tornata subito in mente questa poesia di Ungaretti ripensando a quanto successo nelle ultime settimane. Venezia, Firenze, Torino, Verona, Treviso Padova, Ferrara, Parma. Solo parlando di maratone. Si sono salvate in poche, rimaste appese alla flebile speranza che tutto intorno continui ad andare per il meglio, ma anche con la certezza di vivere un’edizione diversa, strana, al di sotto di ogni aspettativa e che tutto possa cambiare in un attimo come cambia il vento.

Eppure tutto, solo poche settimane fa, sembrava proiettare un’immagine diversa sull’autunno podistico. Gare minori che poco a poco avevano ripreso a rinascere durante l’estate, organizzatori sempre più motivati nel riprovare a regalare nuove aspettative ai propri runner, normative sempre più aperte ad un possibile ritorno agli eventi di massa. Ma tutto, all’improvviso, si è fermato. Spento. Imploso.

Forse perché nessuno aveva fatto realmente i conti con la realtà. Con quella realtà che ogni giorno viviamo sulla nostra pelle. Chi ha provato a ritornare ad organizzare il proprio evento ha dovuto scontrarsi con una verità ben diversa da quella prospettata, con costi aumentati per rispettare tutte le nuove normative imposte, con im-previste perdite di sponsor, con un pubblico ridotto dalla paura e dalla non voglia di ritrovarsi in situazioni fuori controllo.
Anche chi è tornato a correre lo ha fatto in maniera del tutto diversa. Nella maggior parte senza un obiettivo agonistico, trasformando la sua voglia di traguardo nel solo piacere di correre. Non un male. Ma un danno verso tutto quel mercato che di running e agonismo vive. 

Nonostante il post-lockdown avesse riempito le strade di runner, novelli e già rodati, non è bastato per rilanciare un mondo andato al collasso. Si è rotto un equilibrio. Le uniche gare che hanno avuto seguito, successo e una parvenza di normalità sono stati gli eventi dell’atletica vera. Troppo poco per permettere la sopravvivenza di un mondo già bisognoso di un rilancio. Di regole. Che sono tardate ad arrivare e non hanno fatto altro che danneggiare un meccanismo già corrotto. 

Per ritornare a correre insieme non è sufficiente la voglia di farlo. Non basta decidere di programmare un evento, cercare fondi e aspettare che la linea di partenza si riempia. Una volta forse. Oggi il mondo è inevitabilmente cambiato. Per ripartire sono necessarie nuove regole, nuove dinamiche, nuove idee. Che non servano solo a riempire le strade di gente che corre, ma che possano rilanciare un movimento intero. Dalla pista all’ultramaratona. 

E intanto domenica a Londra si correrà la maratona più importante dell'anno. Quella sfida tra Kipchoge e Bekele che l'emergenza ci ha inesorabilmente allontanato. Non ci sarano runner normali. Non ci sarà la ressa del pre-gara. Non ci saranno sorrisi a svelare le fatiche di volti qualunque. Ci sarà solo un vincitore. Che questa volta non correrà solo per sé o per la gloria di un momento, ma per vincere contro il destino.