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Pacer alla Stramilano

Doveva essere ed stato. Missione compiuta. Non la mia. Io dovevo solo fare andare le gambe vicino al ritmo maratona. Chi doveva ab-battere il muro era qualcun altro. Ed è andata oltre. Ritmo perfetto, qualche secondo sotto quello prestabilito. Ma sapevo che sarebbe andata così. Perchè gli allenamenti pagano. L'impegno premia. La sofferenza regala. Quando sei lì in prima linea proprio dietro ai top e senti le gambe calde nonostante il freddo e la pioggia, sai già dove potrai arrivare. E' bastato lo sparo e siamo arrivati.

Si ringraziano Roberto Mandelli, podisti.net e stramilano.it per la gentile concessione sull'utilizzo delle fotografie.

Déjà vu. Milano. Pioggia. Maratona. Mi sembrava di essere ritornato ad un anno fa. Un cellophan trasparente per ripararsi dall'acqua. E un punto in comune davvero c'era, il Castello Sforzesco. Dove quella gara era finita, questa è cominciata. Conosco ormai la Stramilano alla perfezione. Percorso, organizzazione, logistica. So cosa aspettarmi, come muovermi, cosa fare. Per quello partiamo in anticipo. Parcheggio comodo, ristoro pre-gara al caldo, consegna borse, riscaldamento, griglia di partenza. E' tutto come sempre. Non mi aspetto nulla di più nulla di meno. Solo meno pubblico all'arrivo data la giornata autunnale. Quello che conta sono le gambe, le nostre. Sono passati cinque mesi da quando avevo accompagnato mio Zio a Crema. Stesso obiettivo, stare sotto l'ora e trenta. Io so già in partenza che ce la faremo. Nei minuti che precedono il via siamo in tre, io Chiara e Franco. Ricordiamo Pietro Mennea con un minuto di silenzio. Per un attimo i brividi di freddo lasciano spazio a quelli per la commozione. Poi lo sparo. L'ordine, per Chiara, è quello di seguirmi come un'ombra. Soprattutto all'inizio, quando la confusione è tanta, la strada sempre troppo stretta, la tentazione di spingere più forte. Imposto la velocità a 4' 13" e chiaramente siamo più veloci. Ma va bene lo stesso. Qualche secondo di sicurezza è sempre meglio averlo. Dopo neanche un chilometro incontriamo una vecchia amica: la pozzanghera di Viale Elvezia. Durante la Maratona di Milano ci aveva inzuppato le scarpe per tutta la seconda parte di gara, questa volta fin da subito. Sfiliamo lungo il Parco Sempione, strada che faremo tre volte tra andata, ritorno e parte finale. So che la parte più confusionaria sono i primi cinque chilometri, prima di svoltare verso i bastioni. In Corso Sempione vediamo sfilare in direzione opposta alla nostra i top, già in solitaria dopo solo quattro chilometri. Controllo il ritmo, guardo Chiara per capirne le sensazioni. So che soffre la velocità troppo alta all'inizio e non vorrei sfiancarla. Primo check tutto bene. Nonostante la pioggia recupero comunque una bottiglia d'acqua al primo ristoro. Meglio bagnarsi comunque la bocca, sentire un po' di fresco, allontanare la soffrenza, soprattutto psicologica. Quando svoltiamo verso i bastioni inizia la gara vera. Il riscaldamento è andato, la zona d'arrivo e partenza è alle spalle. Ci aspetta Milano. Attorno al 6 Km ho il mio primo inconveniente. Primo di una serie non prevista. Mi si slaccia la scarpa destra. Non mi era ancora capitato con le nuove scarpe, ma ho notato che succede quasi sempre quando piove. Probabilmente la pesantezza dovuta all'inzuppamento con l'acqua. Lascio sola Chiara per qualche decina di metri e mi fermo per allacciarla. Il recupero non è un problema, con una rapida ripetuta. Sbuchiamo in Viale Tunisia in direzione Corso Buenos Aires. Il vento tra i palazzi comincia a soffiare in direzione opposta o laterale. E comincia a fare freddo. Ma non cediamo di un secondo. La media è perfetta, come ci ricordano i rilevamenti ufficiali. Come da suggerimenti del prof. Massini, ho staccato il riconoscimento chilometrico del gps e lo faccio io manualmente ad ogni chilometro, in modo da avere l'esatta percorrenza da cartello a cartello. Cosa che dà anche sollievo dal continuo bippare dell'orologio. Chiara sta bene. Concentrata. Sembra un trattore. Cerco di dirle più volte di starmi dietro, riparata dall'aria, invece di continuare a prenderla provando a starmi di fianco. Le mie gambe sono a posto. Il ritmo maratona dovrebbe essere un po' più veloce, ma non dovrebbe essere un grosso problema. Siamo quasi a metà, uando svoltiamo a Porta Venezia verso la Circonvallazione interna. Un lungo viale  ci porterà fino dopo i Navigli. Palazzi signorili da una parte e dall'altra della strada, asfalto, lastroni e cemento che si alternano sul percorso. C'è da dire che la Milano-rognosa, ormai storia epica di ogni corsa nella città meneghina, non è più protagonista come si racconta. Certo, qualche lamentela di chi vorrebbe attraversare il lungo serpentone dei seimila podisti, ma nessun ingorgo e nessun problema durante la corsa. Arriviamo al 10 Km in circa 42'. Dovrebbe esserci parte del nostro pubblico che però in realtà non si vede. Colpa del servizio metropolitano, latitante durante i giorni festivi. Chiara sta bene. Non sento affanno nel respiro. Spacchiamo il cronometro come meglio non si possa fare, qualche secondo in più o in meno dovuto ai leggeri sali-scendi. Poco prima di sfiorare i Navigli saluto Pierpaolo che ci sorpassa, ma poi rimane solo qualche decina di metri poco più avanti di noi per il restante tratto di gara. Appena superata la Darsena ho il mio secondo intoppo, scarpa sinistra. Mi fermo ancora una volta a riallacciarla e poi recupero Chiara. Questa volta faccio un po' più di fatica vista la leggera salita che porta fino alla svolta in zona penitenziario. Si stringe la carreggiata entrando in Via Foppa e si sgomita un pochino per mantenere il proprio passo. Dopo neanche un chilometro mi devo rifermare ancora per riallacciare la scarpa. Non mi è mai successa una cosa del genere. Le mani fanno anche fatica a muoversi velocemente, leggermente paralizzate dal freddo. La pioggia non smette, a tratti aumenta. I muscoli delle gambe per fortuna non soffrono, ma le mani non sono al meglio. Chiara è invece un treno in corsa. In alcuni tratti la devo rallentare per non farle dare tutto prima del previsto. Lei non sa a quanto stiamo andando, non sa il vantaggio che ormai abbiamo acquisito. Ma manca il punto critico della mezza, tra il sedicesimo e il diciassettesimo. Esattamente quando sento ancora la scarpa riallargarsi e le stringhe battere contro la gamba. Mi fermo per l'ennesiam volta, qquesta volta l'ultima. A fatica provo un doppio nodo che alla fine mi riesce. Il vantaggio che Chiara ha preso questa volta è più lungo. Il ritmo è aumentato e un po' la fatica la comincio a sentire anche io. Mi prodigo in un'ultima veloce ripetuta e la riprendo poco prima di abbandonare la Fiera City e svoltare verso Corso Sempione. La trattengo ancora per qualche centinaio di metri fino a quando non siamo sul lungo rettilineo che ci porta verso l'Arco della Pace. E' un po' preoccupata per il ritmo pensando di essere troppo lenta, ma non le vselo il segreto. Dal diciottesimo al ventesimo chilometro è un'escalation: 4' 01", 4' 06", 4' 09", 4' 00". La vedo tesa e quando passiamo sotto il gofiabile dell'ultimo chilometro lascio che sia lei a fare il passo e che dia quanto le rimane. Mezzo chilometro in discesa verso l'Arena e poi non rimane che entrare nel vialetto che la costeggia. Qualche problema all'imbuto del cancello e sul terriccio scivoloso. Ma poi le urla del pubblico sono tutte per lei. I benefici di essere donna. Aumentiamo il ritmo e una volta entratio in Arena in pista è una volata verso l'arrivo duecento metri più avanti. Il pubblico urla e applaude, Franco ci aspetta dietro alle transenne e incita. Io aumento il passo affiancandola fino pochi metri prima del traguardo e poi la lascio attraversare sola. Si ferma, col fiatone, si gira. Vedo gli occhi grandi e increduli brillare leggendo il tempo finale, 1h 28' 24". Ci abbracciamo e sento che la stanchezza non è ancora arrivata, scacciata dall'adrenalina del momento. Piove e non smetterà per molto, ma è come se fossero coriandoli che ci stanno festeggiando. Anche oggi abbiamo vinto.

E come previsto, il post-gara non è certo all'altezza dei risultati di giornata. Ma sapevo anche quello. Già in serata in rete si leggono le prime lamentele per le pecche organizzative. Freddo e chilometri non si possono accantonare su un tavolo con quattro bottiglie di sali ancora impacchettate. Non basta una bottiglietta d'acqua. Come non sono sufficienti i tendoni-spogliatoio. Tanta gente si cambia su prati inzuppati di fango sotto la pioggia, mentre c'è un inutile gonfiabile predisposto per un pranzo che quasi nessuno utilizzerà. Pecche organizzative che con il sole e il bel tempo vengono nascoste, ma che ci sono sempre state. Ci vorrebbe solo un po' più rispetto e magari un po' meno guadagno. Ma noi abbiamo previsto anche questo e la nostra giornata finisce in trattoria. Abbiamo un personal best da festeggiare, pioggia, freddo, disorganizzazione e lamentele li lasciamo agli altri. A noi piace correre.