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DeeJay Ten

Sembra quasi una maledizione. Sarà il destino. Ma per l'ennesima volta non sono riuscito a correre la DeeJay Ten al pieno delle mie possibilità. Anzi questa volta ho deciso di prendermi gioco io della sfortuna a mio favore e per la prima volta ho provato a correre per qualcun altro, invece che per me stesso. E devo dire che la soddisfazione non è da meno. Concentrato sulla tua corsa, ma con un occhio al cronometro e una al tuo fianco per carpire le sensazioni e agire di conseguenza. Un passo dopo l'altro controllato, dosato, calcolato come se le gambe fossero le lancette di un orologio. Orecchie tese per ascoltare il respiro affannato di chi ti segue, per percepire ogni minimo segnale e reagire di conseguenza. La fatica che comunque ti sale dalle gambe, il sudore che ti bagna il viso e il continuo incitare per dare quella spinta in più, a costo d'essere troppo insistente. E poi la gioia di correre insieme, fianco a fianco, di raggiungere quell'obbiettivo che ti può far dire "ce l'abbiamo fatta!".

Milàn l'è semper un gran Milàn, soprattutto quando si corre in centro. E lo sanno bene i dodicimila che ieri mattina hanno deciso di riempire le vie attorno al Castello Sforzesco fin dal primo mattino. Quasi impossibile trovare un parcheggio vicino ed agevole. Ma è allo stesso tempo meraviglioso osservare una marea-rossa di maglie fosforescenti che si muove quasi all'unisono per radunarsi attorno al gonfiabile della partenza. Io amo correre a Milano. Un po' perchè è la mia città. Un po' perchè Milano-di-corsa ha tutto un altro sapore. Un po' perchè Milano è veloce, non solo quando si tratta di vita&lavoro. Diversamente dalle ultime gare, e soprattutto perchè arriviamo in gabbia a pochi minuti dal via, rimaniamo un po' attardati dalla linea di partenza, esattamente nel mezzo del gruppone dei milleseicento competitivi. Non mi piace partire troppo indietro perchè si perde troppo tempo nei primi chilometri a superare chi, pur essendo più lento, vuole a tutti i costi essere davanti. Ma l'educazione e il rispetto si sa non sono per tutti. Marco, arrivato insieme a me e a Chiara, parte da molto più indietro, mentre Andrea e Daniela sono in attesa nel massiccio gruppo non-competitivo. Riesco anche a salutare Mauro in pole-non-competitiva, ma con tempi da atleta vero. Come se avessi previsto il futuro, alla partenza è il solito slalom per superare ad occupare i primi chilometri. Dico a Chiara di non distanziarsi troppo e di seguirmi. Cerco di destreggiarmi a destra e a sinistra dove avvisto qualche buco libero per il passaggio attento a non dare accelerazioni troppo forti al nostro passo. Provo ad appropriarmi del passo giusto stabilito prima di partire sui 4' 20". E non sono male gli intermedi che facciamo, sempre nell'intorno del tempo prefissato. Riesco a correre abbastanza bene, senza affaticarmi. L'infortunio che da quasi due mesi mi porto dietro sembra acqua passata. Solo un piccolo fastidio un po' più sopra ma non ci faccio troppo caso. Così porto tutta l'attenzione sulla mia compagna. La vedo ben concentrata e decisa, come sempre. Ogni tanto la perdo di vista prendendole qualche metro di troppo e allora rallento quei pochi secondi che ci servono per riunirci. Il percorso di quest'anno è totalmente diverso sia da quello originale attorno a San Siro, sia da quello dello scorso anno, sempre in centro. Ma non è nuovo, per noi. Ripercorre, soprattutto nella seconda parte, il tratto finale sia della Maratona di Milano che della Stramilano. Chilometri ormai ripercorsi più volte e viali che sono ben stampati nella mia mente. Come nella maggior parte delle corse, la vera gara inizia dopo la metà. E soprattutto i chilometri di crisi arrivano verso i tre quarti di gara, che per noi sono al 7-8 Km. Chiara è più runner da lunghe distanze, non per niente è campionessa italiana di ultratrail. Dal quinto chilometro in poi cerco di spronarla a non mollare insistendo più d'una volta che la gara è praticamente finita. D'altronde per una che è abituata a correre 60-70 Km, gli ulltimi cinque dovrebbero essere solo una formalità. E lei non si fa certo pregare. Rimane concentrata sul passo, seria in viso, retta e veloce, a tratti al mio fianco, a tratti leggermente più dietro. Quando passiamo in Buonarroti ho un flash improvviso dei crampi che mi hanno colto sei mesi fa al 37 Km della maratona. Altri tempi ormai, in tutti i sensi. L'umidità e il fresco del mattino lasciano il posto al caldo e al sole man mano che il tempo passa. Fastidioso sole che in alcuni tratti quasi acceca. Riesco a parlare abbastanza facilmente senza andare in affanno ed è cosa buona per entrambi. Per me, perchè vuol dire che nonostante tutte le settimane di stop sto bene. Per lei, perchè la posso tirare fino all'arrivo senza dovermi preoccupare della mia condizione. Comincio a fare qualche calcolo sul tempo di arrivo, anche se in alcuni intermedi i conti non mi tornano. Secondo me la segnalazione dei chilometri era un po' sballata. Gli ultimi due chilometri non smetto praticamente di parlare. Chiara quasi si infastidisce, ma almeno la distraggo dalla fatica. So sempre esattamente dove siamo. Sfiliamo e superiamo un buon numero di runners nel finale scorrendo tutto corso Sempione per poi portarci sul viale che porta all'Arena. In molti si fanno ingannare dal gonfiabile bianco della cinque chilometri non competitiva che vedono in lontananza, non sapendo che manca ancora più di un chilometro all'arrivo. Sulla strada lungo le transenne il pubblico si fa un po' più presente. Aumenta il tifo, soprattutto dei figli che aspettano papà e mamme in gara. Il clima è di festa e me lo godo guardandomi attorno. Chiara rimane concentrata. Vorrei e provo ad aumentare un po' il passo per lo sprint finale, ma non so quanto ne abbia ancora lei. Vorremmo chiudere i 10 Km sotto i 43' ma il cronometro, che ho solo io al polso, mi dice che siamo appena sopra. Aumentiamo leggermente il ritmo, ma non è sufficiente per soli pochi secondi. Gli ultimi metri li corriamo mano nella mano fin sotto al traguardo, dove il tempo si ferma a 43' 08". Avessimo perso meno tempo in partenza, forse... Ma va bene così. Era un test per entrambi, un allenamento per vedere le condizioni e stabilire i prossimi obiettivi, un modo per stare insieme e goderci una domenica autunnale di sole. I tempi arriveranno più in là. Ancora una volta abbiamo avuto la conferma che Milano è una città da correre. Non importa per quanti chilometri e per quanto tempo. Milano potrebbe essere la regina delle corse d'Italia. E non sono io a dirlo, ma i numeri che parlano. Peccato che ad accorgersene siano stai quelli che corrono solo per piacere e per stare insieme e non quelli che lo fanno un po' più sul serio. Ma forse è proprio questo che la rende così speciale.

Nel pomeriggio poi l'annuale festa del Mulino Vecchio GPA con la premiazione dello scorso campionato sociale. Campionato che per altro ero riuscito ad aggiudicarmi per la prima volta dopo quattro anni. Ma la cosa più bella è stata rivedere i vecchi compagni di squadra che non incontravo ormai da giugno, prima che il campionato venisse sospeso per la pausa estiva e prima degli infortuni. Un po' come tornare in famiglia quando se ne sta lontani per tanto tempo. Non vedo l'ora di ritornare alle tapasciate domenicali tra i prati della Martesana. E questa volta non da solo.