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Parma Marathon... tanta fatica, ma quanto è bello correre?

A questo ho pensato mentre le gambe ormai si rifiutavano di spingere ancora gli ultimi (32) chilometri della Parma Marathon: quanto è bello correre? Avere un pettorale puntato sulla canotta, vedere la strada libera davanti a sé, rinchiuso tra i propri pensieri e la voglia di arrivare in contrasto con la fatica pronta a rallentarti ad ogni passo. Esserci, alla fine, è l'unica cosa che conta. I risultati prima o poi arriveranno.

Parma Marathon... tanta fatica, ma quanto è bello correre?

Non è andata come avrei voluto, ma è andata. Sono riuscito ad arrivare alla partenza, cosa non scontata nelle ultime settimane caratterizzate da continui rilanci influenzali, e sono riuscito a tagliare il traguardo sorridendo, cosa ancora meno scontata vista la fatica fatta in gara. E alla fine mi sono portato a casa anche il terzo lungo (quarto considerando il doppio fatto la scorsa settimana alla DeeJay Ten) in un mese. Il peggiore andando a vedere il risultato, ma non importa. La forma dovrà esserci tra un mese e mezzo, non ora. 

Come alla Cariparma di inizio settembre, mi ero prefissato una gara in progressione. Ed esattamente come trenta giorni fa ho fatto il contrario. Fortunatamente trattenendo meglio l'iniziale istinto suicida, ma non come avrei voluto. Il percorso della Parma Marathon l'ho conosciuto bene nella sua prima edizione dove avevo particolarmente sofferto (a posteriori) la parte iniziale in costante ascesa, per questo avevo deciso di correre a ritmo controllato almeno fino al decimo chilometro (il ventesimo di un anno fa), provando poi a spingere nella seconda parte con la discesa a favore. Ma sono bastati i primi chilometri, un po' di insana voglia di correre e l'incontro con Matteo (Lucchisani) per cambiare tutte le regole del gioco.

Primi minuti passati incoscientemente salutando i tanti amici incrociati lungo la strada, qualcuno partito più forte, qualcuno più piano. Fino a quando non è stato Matteo a raggiungermi. Stessa corsa, stesso obiettivo: Firenze Marathon. Con la sola differenza che per lui sarà la prima esperienza, per me lo sperato ritorno ai quarantadue chilometri. Affiancati e parlando degli ultimi mesi, abbiamo via via preso sempre più confidenza con il ritmo e la strada in leggera salita diventando sempre più costanti, senza accorgerci che alle nostre spalle si era involontariamente formato un piccolo gruppetto di seguaci. E da pacers improvvisati abbiamo continuato la nostra strada da apripista. 

Le mie sensazioni sono state buone. Ritmo (a 4' 10" circa) facile per le gambe, ma in spinta costante (dovuto alla salita), che mi ha fatto capire da subito che non sarei riuscito ad arrivare a fine gara senza soffrire. Ma non me ne sono troppo preoccupato, decidendo di affrontare i problemi quando si sarebbero presentati. Prima di partire avrei voluto fare almeno la prima parte di percorso a ritmo lento (sui 4' 30") per poi spingere nella seconda parte sui 4' 00" al chilometro (come in realtà vorrei anche fare a New York). Con l'inizio delle prime discese le gambe hanno girato meglio, ma soffrendo le piccole risalite tra le campagne prima di arrivare agli ultimi inediti (per me) dodici chilometri dopo Basilicanova.

Correre in gruppo è stato decisamente motivante. Correre in coppia è stato piacevole. Sopratutto quando è tutto improvvisato e non studiato a tavolino. Si crea quella sorta di complicità che ti aiuta a non mollare. Fino a quando poi non è il momento di pensare per sé. Poco dopo il ristoro del quindicesimo chilometro Matteo ha leggermente allungato il passo (come in realtà anche io avrei voluto fare), mentre io non me la sono sentita e sono rimasto a ritmo più controllato e costante, insieme al nostro piccolo gruppetto di seguaci. L'ho visto allontanarsi piano piano ed ho stretto i denti fino all'arrivo della passata edizione

Poco alla volta il gruppo si è sfaldato. Li ho controllati alle spalle, mentre mi sono sempre più adagiato al volere delle gambe, forse ancora affaticate dalle ripetute (8x1000) di venerdì. Poi, come per magia, dopo il ristoro del venticinquesimo chilometro, mi sono ritrovato nuovamente compagno di Matteo che a sua volta ha diminuito il ritmo nel finale di gara. E come per i primi chilometri, abbiamo corso fianco a fianco fino all'arrivo, adagiando il nostro ritmo al volere di gambe (mie) e piedi (suoi). Distrazione mentale che ci ha fatto godere degli ultimi viali immersi tra siepi ed alberi prima di ritornare tra le vie di Parma, quasi senza accorgerci della strada lasciata alle spalle. Ritmo decisamente calato nel finale (tarato sui 4' 30" che avrei voluto invece seguire nella prima parte) ma arrivo più che mai piacevole.

Parco della Cittadella che non può essere luogo migliore per partire ed arrivare dopo quarantadue (o trentadue, nel nostro caso) chilometri di fatica. Abbiamo (naturalmente) accelerato il passo nell'ultimo mille, richiamati dall'adrenalina pre-finish-line, salutando e applaudendo i tantissimi affacciati alle transenne davanti alla porta che si apre sulla mura. Un arrivo senza fatica (2h 18' 00"), sorridenti e contenti di quanto fatto, insieme, in attesa di stringere i denti quando sarà davvero il momento di farlo. Un lungo che non è stato una passeggiata, non è andato come previsto, ma che mi ha rifatto capire (come se ce ne fosse bisogno) quanto sia bello anche solo esserci. 

Ringraziamenti e complimenti poi agli amici di Parma Marathon, che in un anno hanno decisamente portato la manifestazione ad un livello superiore, imparando dagli (inevitabili) errori della prima edizione. Come già detto location straordinaria stretta tra le mura della Cittadella, disegnata quasi appositamente per diventare il piccolo mondo del running. Un villaggio expo pre-gara decisamente migliorato, con l'interessante e intelligente affiancamento degli sponsor truck-food tipici del parmigiano. Organizzazione invece praticamente perfetta per la logistica di gara, con lo slittamento delle navette dei trentadue chilometri all'andata invece che al ritorno e un percorso pressoché senza difetti (compreso il posizionamento dei cartelli chilometrici, precisi al metro).

Piccola dis-avventura invece per Chiara che al termine del suo lungo è stata sorteggiata per un secondo, quello all'antidoping. Nulla di allarmante, ma solo la noia di dover seguire un iter fin troppo lungo. Spero non capiti mai a me, perché, a differenza sua, sarebbe davvero lunga dover aspettare che ci sia tutto fino all'ultima goccia.