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L'anno della maratona

Quarantadue. Ventuno. Dieci. Numeri che ri-corrono. Che si rin-corrono ogni anno. E questo è stato il compleanno per eccellenza, quello della Maratona (42). E per festeggiare nel modo migliore, non ho trovato scusa più appropriata che uscire per una Mezza (21) improvvisata. Esattamente nei giorni in cui anche Corro Ergo Sum compirà i suoi primi Dieci (10). Eppiberdei!

E' stata una delle settimane più faticose della preparazione estiva e come regalo ho deciso di concluderla incoronandola con un lungo che dovrei definire di scarico, ma che con la temperatura tornata sopra i trenta gradi è diventata un'odissea. Ma il fatto di stare festeggiando ha reso tutto più sopportabile. Un (auto) regalo non può essere qualcosa di brutto, faticoso e pesante. Per cui mi sono vissuto l'uscita come si dovrebbe sempre fare, pensando solo al bello di esserci. Intanto ho anche provato a contare i centonovantacinque giorni che mi separerebbero dal weekend perfetto per una maratona nel mio anno clou. Il risultato, se il sole non ha mandato in tilt il cervello durante la corsa, sarebbe il primo fine settimana di marzo. Che potrei considerare per qualche lungo in vista della maratona primaverile a Milano, ma non sicuramente per una gara completa.

Per festeggiare ho deciso di allungare leggermente (solo un chilometro abbondante) l'allenamento previsto dalle tabelle del prof. Massini. Ho verificato i percorsi fatti attorno a Monfalcone ed ho improvvisato un giro più lungo verso il mare. Ed ho scoperto una zona interessante e a me sconosciuta che diventerà terra di allenamento quando mi serviranno chilometri da mettere nelle gambe. Visti gli allenamenti pesanti dei giorni precedenti (sia venerdì che sabato ripetute brevi, prima in piano e poi in salita, ma ne parlerò accuratamente nel prossimo articolo) mi sono adagiato al passo da scarico, attorno ai 4' 30". Adagiato per modo di dire, visto che ho trovato le gambe decisamente (e ovviamente) stanche. Ho controllato il ritmo per i primi chilometri per verificare la tenuta, ma poi ho deciso di correre solamente a sensazione e godermi il lungo viaggio.

Ho mantenuto praticamente i primi cinque o sei chilometri come riscaldamento per i successivi, anche se, visto il clima decisamente estivo della mattinata, di riscaldamento non ce ne sarebbe proprio stato bisogno. Fortunatamente ho deciso di partire col cappellino della Wings for Life World Run in testa, perchè per lunghi tratti di ombra non ne ho trovata. E il sole marino non perdona sulle teste rasate. Conoscevo bene la prima e l'ulitma parte di allenamento, percorsa in molte altre sedute, quindi con i riferimenti giusti per sapere quando, quanto e come spingere. Totalmente improvvisata invece la parte centrale non appena arrivato sulla pista pedonale di Marina Julia. Ho preso la direzione lungo il mare, slalomando tra qualche pedone e qualche turista già steso al sole. Ma la parte più difficile è iniziata una volta superate le case di villeggiatura.

Poco più avanti si estende la parte di parco naturale alla foce dell'Isonzo e per arrivarci è stata fatta una lunga ciclabile che costeggia la riva del mare verso il parco dell'Isola della Cona. Una piccoa striscia di asfalto immersa tra gli arbusti e gli alberi della laguna. Una striscia di asfalto che stona col verde che la circonda, ma che è l'unico modo per poterla attraversare facilmente. Mi sono ritrovato solo, immerso nel caldo asfissiante della vigilia di ferragosto, col sole sopra la testa e i cinguettii continui degli uccelli nascosti tra le fronde nelle orecchie. Il Garmin Forerunner 630 ha continuato a segnare i chilometri come se tutto fosse normale. Ho provato ad immaginare la mappa di Google dove avevo studiato velocemente la zona, cercando di immaginarmi come un puntino intermittente mentre mi spostatvo lentamente verso la fine della strada. Ad ogni curva ho aspettato che arrivasse il momento dell'incrocio con la strada che mi avrebbe riportato verso l'interno, verso casa. Ed alla fine è arrivata. 

Ma quello che avrebbe dovuto darmi un attimo di sollievo è invece diventato l'ennesimo peregrinare verso la tappa successiva. Pur sapendo intuitivamente dove mi trovassi, non sono stato in grado di indovinare a priori quanta fosse la distanza dei successivi tratti, continuando quasi a tentoni. Fortunatemtne i chilometri a cielo aperto si sono alternati ritmicamente a quelli con l'ombra degli alberi, ma la sete non è tardata ad arrivare. Prima solo come un tarlo che scava piano nella testa, via via aumentando e diventando un bisogno quasi primario. In realtà è stata tutta suggestione dovuta alla giornata calda e un po' afosa, ma avere almeno un punto di ristoro a metà strada, o appena oltre, non sarebbe stato male. Per tornare alla civiltà ho dovuto aspettare ancora qualche chilometro, percorendo i vialoni alberati che svoltano poco prima dell'Isonzo. Strade deserte, sperdute tra i campi. Tanto belle da vedere, quanto dure da correre col caldo.

Non ho più guardato il cronometro, limitandomi a trascinarmi tra i falsopiani che movimentano le pianure, sperando di non aver rallentato troppo il passo. In realtà per i primi sedici chilometri problemi grossi non ce ne sono stati, dal punto di vista del ritmo. Il peggio, com'è normale che sia in una mezza maratona, arriva sempre nei cinque finali. E, pur non essendo gara, così è stato. Nonostante la spasmodica ricerca di un fresco ristoro, il ritmo è leggermente calato, esattamente nel momento in cui di riparo all'ombra non ne ho più avuto. Ho cercato di ricordare dove potessi trovare un rifornimento più vicino possibile e, come i runners più esperti sanno, gli unici posti sempre aperti e ben forniti sono i cimiteri. Non sono mancati molti chilometri prima di incontrarne uno, anche se quasi a fine corsa. Ma è bastato per soffrire un po' meno nell'ultima parte. E' quasi comico che un cimitero possa essere l'unica via di scampo in certe occasioni. E' sempre bene però tenere in mente dove sono dislocati o programmare dei passaggi appositi in caso di emergenza.

Riornato tra le case di Staranzano è bastato un semplice countdown per sapere che la fine sarebbe arrivata. Il chilometraggio è stato un po' più abbondante del dovuto (21,8 Km) e il tempo un po' più lungo di quanto previsto (1h 40' 45"). Ma non sarebbe stato lo stesso festeggiare senza godersi anche gli acciacchi e la fatica dell'età che avanza. Sono solo quarantadue. Per l'ultra c'è ancora tanto tempo.